Il cardinale Scola ha presieduto, in Duomo, il Pontificale nella Solennità dell’Epifania. Dall’Arcivescovo è venuto un forte richiamo ad affrontare il presente con quell’apertura universale che ci indica la manifestazione al mondo di Cristo. Durante la Celebrazione, annunciata anche la data della Pasqua 2017, che sarà il 16 aprile

di Annamaria BRACCINI

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Nel tempo che è un cambiamento di epoca, fatto della migrazione di centinaia di milioni di disperati e dell’intreccio di culture e di fedi, «l’apertura universale dell’Epifania, manifestazione al mondo di Cristo come Messia» si fa invito rivolto a tutti ad affrontare questo processo di portata storica senza cedere alla comprensibile paura e senza essere succubi di insidiose tentazioni intellettualistiche». 
Ben altro è quello che ci è chiesto: «agire in unità con tutta la famiglia umana e le sue diverse articolazioni, a partire dalla famiglia, operando secondo l’ideale dell’amore e di un’autentica amicizia civica». Anche perché «questo dobbiamo alle vittime degli episodi terroristici, ai non pochi martiri e alla grande massa degli esclusi, scartati da un sistema sociale dominante, non di rado, iniquo».
Le parole del cardinale Scola, scandite in Duomo nel Pontificale nella Solennità, appunto, dell’Epifania, segnano la coscienza e costringono a riflettere, definendo il senso di una convivenza civile che ha più che mai bisogno di tutti attraverso il «coinvolgimento personale e comunitario». Un giocarsi in prima persona sul modello dei Magi «uomini assettati di infinito, ma considerati dei folli», che «vanno in cerca del Re dell’Universo – Colui che dà senso al mondo, alla storia e alla famiglia umana –, camminando tra uomini stanchi, che hanno soffocato la loro attesa nella smania di conservare il potere o il loro sapere anche su Dio». Magi che, al contrario, «hanno la  posizione più ragionevole perché, senza un senso e un significato di cammino, la vita è follia». 
Se per i Re misteriosi, infatti, «che la tradizione ha tramandato con le fattezze di diverse etnie e culture, simbolo dell’uomo di ogni luogo è tempo», la stella che si ferma, «genera compimento per la ricerca ormai appagata», così è anche per ognuno di noi nella consapevolezza dell’amore indissolubile del Dio vicino. È, infatti, «un entusiasmante rapporto di amore fedele quello di Dio con noi. Ciò che ogni uomo, anche di oggi, sente come verità decisiva, al di là dei suoi comportamenti pratici». 
Amore diffuso, quello del Dio Bambino, che include: «Cade con la Solennità di oggi – sottolinea il Cardinale –, la barriera del particolarismo e si afferma l’universalità della salvezza che è offerta a tutti, senza escludere nessuno, perché Dio si coinvolge con ogni uomo e donna», chiamati, tuttavia, alla testimonianza con una risposta agli eventi celebrati nel tempo di Natale.

Vivere con sobrietà, giustizia e pietà

Il riferimento è alla Lettera paolina a Tito e “all’educarsi a vivere con sobrietà, con giustizia e con pietà”. «Questo lavoro sulla propria persona delinea un’impresa personale e comunitaria. Siamo sempre più provocati dall’affascinante, ma tragico cambiamento d’epoca che ci è dato di vivere. Dobbiamo portare questo stile di vita nell’agone della società civile, laica, libera e plurale, che non può non tendere alla vita buona e all’amicizia civica se vuole veramente la pace.  L’immigrazione, lo scambio tra culture e società, con l’incremento dei rapporti interculturali e interreligiosi hanno, di fatto, messo in moto un processo inevitabile e di lunga durata che ci vede e ci vedrà coinvolti. L’apertura universale dell’Epifania è un invito rivolto a noi tutti ad affrontare questo processo di portata storica senza cedere alla comprensibile paura e senza essere succubi dell’insidiosa tentazione intellettualistica che si appaga di scaltre analisi. Né bastano i pur necessari provvedimenti legislativi e di sicurezza. Ci è chiesto di agire in unità con tutta la famiglia umana e le sue diverse articolazioni, a partire dalla famiglia, agendo secondo l’ideale dell’amore e di un’autentica amicizia civica. Dobbiamo questo alle vittime degli efferati episodi terroristici e ai loro cari. Ce lo chiedono i non pochi martiri e la grande massa degli esclusi, scartati da un sistema sociale dominante, non di rado, iniquo. 

L’auspicio è che «la nuova stella entri nella nostra esistenza: Gesù Bambino, Colui che giudica i popoli secondo giustizia e i poveri secondo il diritto. Egli è con noi per vincere ogni solitudine». 
E alla fine, il pensiero torna alla sobrietà e alla giustizia, come stile di vita evocato da san Paolo. «Un invito da accogliere nel tempo di Natale che vince la tenebra delle grandi prove».

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