Nella II Domenica dell’Avvento ambrosiano, in Duomo, l’Arcivescovo ha presieduto la Celebrazione eucaristica alla quale sono stati invitati, in modo speciale, gli operatori del mondo della moda

di Annamaria Braccini

delpini avvento seconda domenica (D)

Forse poche città, come Milano e poche realtà produttive, come la moda, sono sinonimo, nel mondo, di creatività e di intraprendenza, ma anche di una velocità che, quasi sempre, diventa corsa affannosa e frenetica.

E, forse, anche per questo, le parole che l’Arcivescovo rivolge ai fedeli riuniti in Duomo nella Celebrazione della II Domenica dell’Avvento ambrosiano, si fanno riflessione sul modo di vivere il tempo quotidiano. Infatti, tra le navate, come invitati speciali, siedono un gran numero di rappresentanti, appunto, del mondo della moda. In prima fila ci sono il presidente della Camera Nazionale della Moda, Carlo Capasa e Claudio Marenzi, presidente Confindustria per lo stesso settore; presenti anche molti operatori, impegnati a diverso titolo nel comparto, che l’Arcivescovo saluta ala fine della Messa

«Forse ci sembra di essere condannati a vivere il tempo come un continuo inseguire le scadenze. Il tempo imprigiona la libertà con l’implacabile avvicinarsi delle scadenze: “Non ho tempo, perché domani devo consegnare, magari, un vestito per un cliente”», osserva il vescovo Mario, in avvio della sua omelia.

E, certamente, se pure si deve riconoscere che molto è anche il tempo che va perso, il modo di occupare i propri giorni dà il senso di un più complessiva visione della vita e delle relazioni.

«In un mondo che vuole essere produttivo, competitivo, in un ambiente che vuole raccogliere le sfide e rendersi protagonista in affari e in creatività, in un tempo abitato da concorrenze spietate, da invidie e rivalità inestinguibili, chi non è incalzato dalle scadenze? Perciò ci sentiamo segnati da una fretta che induce anche a trascurare i valori come dedicare attenzioni, che sarebbero doverose, alla famiglia, agli anziani, alla vita sociale, alle persone care»

È qui che si radicano fraintendimenti, paure e vere e proprie malattie del presente. «Il nostro contesto induce a corazzarsi con l’indifferenza di fronte ai bisogni degli altri, non per cattiveria, non per insensibilità, ma perché non è impossibile distrarsi delle scadenze che incombono per soccorrere che si trova nel bisogno. Perciò, forse, il contesto in cui viviamo si ammala di invidie, di concorrenza esasperata».

Insomma, le scadenze come una sorte di trappola che ci riduce a ingranaggi di un meccanismo più grande di noi da cui non riusciamo a uscire. Occorre avere un senso diverso delle cose: «Coloro che lavorano nel mondo della moda, in diversi ruoli, sentono questo incombere delle scadenze, con tutta l’ansia di prestazioni apprezzabili, ma il modo cristiano suggerisce di vivere il tempo non come la durata che logora le energie, le risorse, la bellezza, l’amore e neppure come le scadenze che riducono le persone a strumenti per conseguire risultati. La visione cristiana del tempo è fondata sulla persuasione che il tempo sia una condizione della libertà. Questa è la definizione che diamo noi cristiani: il tempo è occasione». Momento adatto «per incontrare il Salvatore, per la conversione che consente di accedere a Dio in piena fiducia e per collocare in mezzo ai popoli una testimonianza per il Signore».

«L’esaltazione della libertà che la visione cristiana della vita propone, considerando il tempo come occasione, non è una fantasia che ignora le scadenze e non mette nel conto il logorio delle forze, piuttosto, è una dichiarazione di fiducia nell’umanità, pur con tutti i limiti e i condizionamenti che possono complicare la vita e affaticare il passo. Ogni momento è il tempo per fare il bene. Nella concretezza della storia, nelle responsabilità che non si possono evitare, nelle scadenze che non consentono superficialità, in ogni situazione, i figli di Dio sono convinti di essere liberi, di vivere l’occasione in cui possono decidere di fare il bene o di fare il male».

Dunque, si può amare in ogni momento, pur lavorando e conducendo a buon fine i programmi che si devono realizzare.

«Questo momento che viviamo, proprio questo, è l’occasione propizia per questa pratica della vita buona, vincendo la tentazione dell’indifferenza, della rivalità, delle passioni, della avidità, del protagonismo esasperato».

Il richiamo è anche a chi immagina, disegna e realizza vestiti: «La grande tradizione della moda di alta qualità, che rende Milano famosa nel mondo, è esperta nell’interpretare le occasioni. Per ogni occasione ci vuole un abito adatto. È significativo e che il Vangelo di oggi (dall primo capitolo di Marco) dedichi attenzione a come vestiva Giovanni che battezzava nel deserto: era vestito di peli di cammello con una cintura di pelle attorno ai fianchi. Questo vestito non era improvvisato o casuale, diceva la sua missione».

«Si comunica anche da come ci si veste, perché l’abito rivela la gioia di partecipare a un’occasione», ma si può prestare «anche all’esibizionismo, allo sperpero, alla seduzione, alla ricerca della stranezza che può ridurre le persone a manichini. La moda di alta qualità è più intelligente e più costruttiva di degenerazioni che sempre insidiano questo mondo: interpreta la persona, l’avvolge di dignità, ne esalta la bellezza con la discrezione del buon gusto», scandisce l’Arcivescovo che esprime la sua «particolare attenzione per quello che, in modo generico, possiamo chiamare il mondo della moda, così importante per la città, per l’economia del Paese, per l’occupazione, per l’investimento di creatività e di operosità, e, nello stesso tempo, anche così esposto a molti pericoli e tentazioni».

Per questo, spiega, «ho desiderato rivolgervi un invito a partecipare a una Celebrazione eucaristica e spero di prendere parte ad altri incontri per un confronto che possa istruirmi su quali sono le dinamiche che si muovono in un mondo così significativo».

E conclude, il Vescovo che racconta di aver già realizzato alcuni dialoghi personali con figure del comparto (il grazie è per Matteo Ravanello, anche lui del settore e impegnato nel cammino del Diaconato permanente). «Desidero invocare la benedizione di Dio per tutti perché, nella concretezza degli impegni, delle responsabilità e nell’incalzare delle scadenze, vi siano sempre uomini e donne che esercitano la loro libertà nell’interpretare il tempo come occasione. Proprio questo momento, proprio questo impegno di lavoro, proprio questa situazione, sono l’occasione in cui posso scegliere di fare il bene, posso vivere il Vangelo, praticare il comandamento dell’amore, mettere la capacità di gestire e l’ intraprendenza al servizio di un bene che fa più belle le persone e la città e contribuisce a rendere più bello vivere insieme».

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