L’Arcivescovo ha presieduto la celebrazione della I Domenica dell’Avvento ambrosiano. Prima della Messa ha dialogato con i portatori di difficoltà uditive
di Annamaria
Braccini
La resistenza che può vincere l’impazienza, illuminare la storia, seminare speranza. La resistenza perseverante di chi non si lascia andare, vivendo le situazioni come occasioni di testimonianza.
«I discepoli vivono ogni situazione come adatta per eseguire la missione ricevuta: alzano il capo e si rallegrano perché la liberazione è vicina; affrontano la persecuzione senza lasciarsi terrorizzare perché sono miti e disponibili alla benevolenza anche verso chi fa soffrire, pronti alla solidarietà, anche mettendo a rischio la propria vita, testimoni di speranza anche quando sono circondati dal disprezzo e dallo scherno». Uomini e donne che «non dicono parole proprie, ma parole che vengono da Dio e che, perciò, benedicono e non maledicono».
In Duomo (partecipano, per l’occasione, anche i ragazzi della Cresima provenienti, con i loro genitori ed educatori dalla parrocchia “Sacra Famiglia” di Novate Milanese), si celebra l’inizio dell’Avvento ambrosiano e l’Arcivescovo che, prima della Messa dialoga con alcuni non udenti invitati speciali della I Domenica, entra nella “grande attesa”, parafrasando la pagine del Vangelo di Luca con la inquietante descrizione delle “cose ultime” e la venuta del Figlio dell’uomo.
Mentre sui grandi schermi, interni alla Cattedrale, passano non solo le immagini della Celebrazione, ma anche la traduzione simultanea e i gesti delle due interpreti del linguaggio dei segni (una per l’Arcivescovo e i lettori, l’altra per guidare la partecipazione dell’Assemblea), la sensazione è quella a cui dà voce lo stesso vescovo Mario che si rivolge direttamente ai fedeli sordi. «Questa è la vostra casa, benvenuti». D’altra parte, si è cercato di fare tutto il possibile, anche istallando, per l’occasione, un sistema di induzione magnetica che permette ai portatori di protesi e di impianti cocleari di sentire meglio. Sono presenti sordi segnanti (che si esprimono con il linguaggio dei segni), oralisti e bilingue (che usano entrambe le modalità di comunicazione), appartenenti a diverse Associazioni di sordi, di genitori e di familiari.
Dopo questo primo momento, la Messa con la riflessione sulla I domenica di Avvento. «Il tempo tribolato non passa mai, dura in modo esagerato. Chi non riesce a dormire di notte, guarda l’orologio che sembra fermo, tanto sono lenti i minuti. Chi aspetta un conforto o un sollievo, tiene d’occhio la porta che non si apre mai. L’infierire della natura sembra accanirsi contro i deboli e gli sventurati e ha una durata esagerata. L’accanirsi del dolore, quando tormenta la carne e quando angoscia l’anima, sembra non stancarsi mai, crescere continuamente, senza pausa, senza pietà, senza speranza che sia presto finito. Nel tempo interminabile della tribolazione si alza la preghiera, che è supplica o ribellione, protesta o invocazione: “Fino a quando? Fino a quando Signore?”».
È lo spettacolo della desolazione «che si è stanchi di guardare, l’accumularsi delle disgrazie insopportabili», che contribuisce ad alimentare quell’impazienza tanto diffusa nei nostri giorni, come suggerisce l’Arcivescovo.
Impazienza che inquieta l’anima con il risentimento di chi cerca il colpevole della propria tribolazione – Dio, la vita o il destino – e che porta a sfogare la rabbia con i più vicini a noi. Per questo l’Avvento si apre con una parola di Dio «che visita il tempo della tribolazione e dice ai discepoli che non è subito la fine», ma che, piuttosto occorre «attrezzarsi per la resistenza e disporsi alla perseveranza, continuando a scrutare il tempo, il cielo e la terra per riconoscervi i segni dell’avvicinarsi del Figlio dell’uomo».
«I discepoli vivono ogni situazione come adatta per eseguire la missione ricevuta: alzano il capo e si rallegrano perché la liberazione è vicina; affrontano la persecuzione senza lasciarsi terrorizzare perché sono miti e disponibili alla benevolenza anche verso chi fa soffrire, sono pronti alla solidarietà anche mettendo a rischio la propria vita, sono testimoni di speranza anche quando sono circondati dal disprezzo e dallo scherno. Non dicono parole proprie, ma parole che vengono da Dio: perciò benedicono e non maledicono. Si è compiuta in loro quella trasfigurazione che Gesù ha operato, trasformando le tenebre nella luce».
L’incontro con i portatori di difficoltà uditive
E, da figli della luce, occorre, quindi, comportarsi, anche quando magari si hanno problemi e disabilità gravi, come alcuni dei non udenti che l’Arcivescovo accoglie in Duomo, presenti il vicario episcopale di Settore, don Mario Antonelli, il responsabile del Servizio per la Pastorale della Salute, don Paolo Fontana, l’incaricato della Pastorale diocesana per i fedeli sordi, don Luigi Poretti e il diacono Umberto Castelli, rappresentante dell’Arcivescovo presso il Pio Istituto dei Sordi di Milano.
C’è Franco, ad esempio, nato sordo e che ha imparato la lettura labiale e anche un poco a parlare e, accanto a lui, la moglie Daniela anch’ella non udente. Raccontano della loro vita, dei figli, dell’impegno. «Noi siamo cristiani, preghiamo in casa, ma non frequentiamo la Chiesa perché non capiamo, anche se partecipiamo alle Celebrazioni pensate per noi (una volta al mese, a turno in parrocchie diverse). «Come possiamo vivere meglio come famiglia cristiana?», chiedono.
«Sono molto contento di avere questa occasione per celebrare con voi l’inizio dell’Avvento. Vi ho invitati oggi per dare un messaggio a tutta la Diocesi perché desidero che coloro che hanno difficoltà ad udire possano vivere una vita cristiana accompagnati dalla Chiesa nelle loro comunità», scandisce monsignor Delpini. «Bisogna trovare strumenti utili come scrivere la predica, trovare interpreti, proiettare la Celebrazione con sottotitoli o parlare, lentamente e chiaro, in modo che si possa leggere le labbra. Ascoltare la Parola di Dio è, talvolta, difficile anche per chi non è sordo. Le età della vita, le malattie, i traumi possono rendere difficile sentire: per questo le nostre comunità devono trovare aiuti perché tutti possano ascoltare. Voi dovete diventare protagonisti di questa sensibilizzazione nelle vostre parrocchie e dire che il Vescovo desidera trovare un aiuto, per chi non sente, perché la Parola di Dio è consolazione necessaria per tutti». Paiono quasi una risposta immediata alle parole dell’Arcivescovo, alcuni interventi che si succedono.«Vorrei che qualcuno mi fosse vicino per spiegare e per farmi capire cosa dice il sacerdote durante la Messa. Ma non accade e, allora, mi vergogno e preferisco stare in fondo alla chiesa», nota un fedele a cui fa eco un’altra che ricorda l’affollato Convegno del 19 maggio scorso dei sordi con l’Arcivescovo. «È importante che ci siano interpreti nel linguaggio dei segni e mi piacerebbe che, pur nelle differenze, fossimo uniti. Ascoltare la Parola di Dio è una soddisfazione immensa».