In un Duomo, dove si sono ritrovati in 2500, si è svolto l’incontro diocesano dei Ministri della Comunione Eucaristica. A tutti l’Arcivescovo ha indicato la necessità di vivere questo servizio come attenzione ai fratelli più deboli, anziani e malati
di Annamaria
Braccini
Per la seconda volta – la prima fu nel 2013 -, si riuniscono tutti in Duomo, provenendo da ogni parte della Diocesi, per il loro incontro diocesano. Sono i Ministri Straordinari della Comunione Eucaristica che ascoltano testimonianze, riflettono e pregano insieme all’Arcivescovo. È lui, che, in apertura, dice: «Grazie per la vostra dedizione esemplare, perché portate nelle case i segni della premurosa attenzione della Comunità cristiana ai malati». Espressioni, queste, già sottolineate nella Lettera Pastorale da monsignor Delpini che, subito dopo, nota. «So che aiutate volentieri i sacerdoti e i diaconi nella distribuzione della comunione durante la Messa, ma mi è ben chiaro che il cuore del vostro servizio è la comunione ai fratelli più deboli – i malati e gli anziani – portata casa per casa, nelle città e nei paesi, stanza per stanza, negli ospedali e nelle case di riposo». Come d’altra parte è detto espressamente negli Ordinamenti del Sinodo 47° (Can. 54f).
Don Mario Antonelli, vicario episcopale di Settore, esprime un «saluto pieno di cordialità, di ammirazione e di gratitudine, trovandomi qui con voi in uno dei miei primi atti pubblici come vicario episcopale». Ricorda, don Antonelli quando, sacerdote Fidei Donum, era nel nord del Brasile e, con un gruppo di ragazzi che avevano appena ricevuto la prima Comunione, portò l’Eucaristia nella povera casa di un’anziana donna, grata fino alle lacrime. «Il cuore del vostro Ministero è andare là dove il va Signore, onorando il privilegio che Dio riserva ai piccoli e ai poveri. Si va dove Lui va e si va perché Lui va»
Le testimonianze
Poi, le tre testimonianze, la prima affidata a don Paolo Ventura, vicario parrocchiale a Lecco che richiama quanto scrisse qualche tempo fa, l’allora vicario episcopale per l’Evangelizzazione e i Sacramenti, monsignor Pierantonio Tremolada, attuale vescovo di Brescia.
«Il Ministero straordinario della Comunione Eucaristica ha tre significati: teologico, perché il servizio è legato al mistero dell’Eucaristia; spirituale, perché occorre coltivare tale impegno con spiritualità intensa; pastorale, perché, attraverso questo stesso servizio, è la Chiesa che compie la sua opera di evangelizzazione».
«I Ministri sono collaboratori, purché ognuno indossi l’abito dell’umiltà nello spirito del servire. Nella Chiesa non si è in competizione, né ci sono battitori liberi. Come ricorda papa Francesco, bisogna servire e non servirsi della Chiesa e degli altri».
Come a dire, «i Ministeri non sono un’onorificenza, ma uno strumento di servizio da realizzare come segno di Cristo».
Paolo, da tre anni ministro nella parrocchia di Fara Gera d’Adda, racconta il suo impegno «assunto con timore e tremore».
Incarico la cui bellezza «è portare Cristo tra i fratelli, dando quel cibo spirituale che nutre il cuore, l’Eucaristia. Questo Ministero mi ha condotto a interrogarmi sul mio modo di essere cristiano e di rapportarmi con gli altri perché ogni volta che si distribuisce la Comunione si deve ripensare la relazione tra Dio e noi».
Non mancano, certo, i momenti di fatica, «ma vince sempre la gioia sulla stanchezza e sulle incomprensioni. Occorre solo la disponibilità di un cuore e di una mano capaci di donare il Signore», conclude il Ministro Straordinario, indicando l’importanza dell’accompagnamento spirituale e della formazione. Attualmente, per poter svolgere il compito, sono previsti Corsi che portano a ottenere, previo assenso esplicito del parroco o del cappellano, un tesserino valido 5 anni e rinnovabile. «Credo sia necessario un cammino comune dei Ministri nella parrocchia e nel Decanato, con ascolto, confronto e continuo approfondimento della Parola di Dio: allora vincerà la bellezza che salverà il mondo, la bellezza del servizio».
Infine, Maria Rosa da Figliaro che, fin dall’inizio degli anni ’80 del secolo scorso, ha iniziato il suo impegno. «Di colpo fui incaricata dal parroco di portare la Comunione. Mi sentii impaurita, ma hanno prevalso la fiducia, la dolcezza e la riconoscenza. Solo molti anni più tardi ho capito che il Signore mi aveva graziato».
Il ricordo è nitido: «Nel 2009 ha cominciato a portare l’Eucaristia in una Casa di riposo laica della mia zona. Un’esperienza dura, accanto a gente vicina alla morte che non aveva più voglia di vivere: mai la Chiesa mi era sembrata così lontana. Ma l’Eucaristia innesta nell’esperienza umana una felice resilienza. Nel mistero, la crescita umana subisce un’accelerazione e si allarga nella crescita spirituale».
L’intervento dell’Arcivescovo
Nel secondo momento dell’incontro, si ascolta la Parola di Dio con il Vangelo di Marco nella famosa pagina della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Ancora un sentito grazie ai presenti, apre la riflessione dell’Arcivescovo: «grazie per essere in questa chiesa che sentiamo tutti casa nostra e del vostro servizio che apprezziamo come occasione preziosa».
«In questa pagina del Vangelo si riconosce la povertà dei mezzi sempre sproporzionata ai bisogni. Il simbolo di questa sproporzione sono i 5 pani e 2 pesci che, pure, consegnati al Signore bastano e avanzano. Mi pare che potremmo riassumere in questi 5 pani, il senso del servizio che siete chiamati a rendere».
«Il primo pane è la cosa più importante: è il corpo di Cristo che portate ai fratelli malati e anziani. Non è un gesto di cortesia, ma pasquale, sacramentale. Bisogna stare attenti che non divenga un terzo o quarto significato del vostro Ministero, perché è il primo».
«Il secondo pane è la parola del Signore: siete incaricati di portarla, magari ripetendo ciò che è stato detto nel Vangelo domenicale o preparando voi stessi un brano del Vangelo da comunicare. Gli anziani e i malati hanno bisogno di anche essere ascoltati, di avere qualche notizia sulla comunità, ma guai se il servizio del Ministro Straordinario diventa un momento di chiacchiera inutile o di mormorazione».
Poi, il terzo pane, il rapporto con la comunità: «dite alla persona che visitate che interessa alla comunità e ne fa parte».
Il quarto pane è il tempo da dedicare a sofferenti e anziani; il quinto è quello della gioia. «Condividere la gioia della presenza di Gesù che rende più lieve la vita anche quando non è bella, giovane, forte e sana; magari quando è rinchiusa in 4 pareti, confinata in una condizione di dipendenza. Portate il sorriso, la contentezza di quell’incontro che rende luminosa la casa».
Infine, si celebrano i Vespri votivi del Santissimo Corpo e Sangue del Signore, avviati dal Rito della Luce e conclusi con la Benedizione eucaristica e l’adorazione.