In quello di Raimondi un richiamo alla lavanda dei piedi, quello di Vegezzi rimanda al suo nome

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Lo stemma di monsignor Raimondi e quello di monsignor Giuseppe Vegezzi

Nello stemma di monsignor Luca Raimondi il «campo» dello scudo è occupato prioritariamente da un’immagine che richiama la lavanda dei piedi (Gv 13): due mani, una che versa l’acqua da una brocca e l’altra che regge un asciugatoio e sotto un bacile. Nel «capo» dello scudo campeggiano tre fiamme dorate, le tre virtù teologali (la fede, la speranza e la carità) su cui si incentra la vita del credente e del vescovo chiamato a porre su questi tre pilastri del nostro credo il nuovo mandato pastorale da poco ricevuto. Per il proprio motto episcopale entrambi i vescovi ordinandi si sono ispirati alle parole, tratte dalla Lettera ai Filippesi, con le quali san Paolo esorta la gente di Filippi a rallegrarsi sempre nel Signore: «Gaudete in Domino semper» (Fil 4,4).

Lo stemma di monsignor Vegezzi è «parlante», cioè caratterizzato da simboli che rimandano al nome del vescovo, Giuseppe Natale. Infatti, nel «capo» dello scudo appare una stella cometa, simbolo palese del Natale, mentre nella campitura sottostante troviamo un ramo di gigli fioriti, il fiore che nella iconografia della Chiesa accompagna sempre l’immagine di san Giuseppe. La torre è qui simbolo mariano, la Turris eburnea delle Litanie Lauretane ed è simbolo di protezione. Essa è in argento, simbolo della trasparenza, quindi della purezza, la purezza della Nostra Madre Celeste. Sotto il motto episcopale dei due nuovi vescovi ausiliari di Milano: «Gaudete in Domino semper» (Fil 4,4).

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