Il più giovane Vescovo ausiliare ambrosiano: «Un fulmine a ciel sereno. Dall’iniziale senso di inadeguatezza alla serenità per affrontare la grande responsabilità»

di Annamaria BRACCINI

Monsignor Luca Raimondi
Monsignor Luca Raimondi

Un «fulmine a ciel sereno». Così definisce la sua nomina a vescovo ausiliare di Milano, monsignor Luca Raimondi, vicario episcopale per la Zona pastorale IV – Rho. «È stato proprio così. Non trovo un’altra immagine che quella del fulmine a ciel sereno assolutamente inaspettato», dice, infatti, il neovescovo, il più giovane – con i suoi 54 anni, non ancora compiuti – della nostra Diocesi. 

Qual è stata la sua prima reazione?
L’emozione del momento è stata innanzitutto un senso di incredulità. Avendo ricevuto la comunicazione del Nunzio che il Papa mi faceva vescovo e vescovo ausiliare di Milano, la prima reazione, in maniera un poco inconsapevole e che lo ha fatto sorridere, è stata quella di rispondere: “Guardi che ha sbagliato!”. Questa frase, penso, già da sola dica tutto rispetto a come ho preso, a “botta calda”, questa nuova situazione.

Poi, come è maturata la consapevolezza della nuova chiamata?
Nei giorni successivi, ho sentito in me un forte senso di vergogna, che chiamerei positiva. Vergogna per le mie mancanze e per le mie debolezze accompagnata da un sentimento di distanza grande tra ciò che mi è stato offerto e la mia povertà e inadeguatezza. Ripeto un senso di vergogna che, però, ho scoperto mi fa star bene con me stesso rendendomi sereno, anche di fronte alla grande responsabilità».

Manterrà l’incarico di vicario episcopale, come il suo «gemello» neovescovo Vegezzi? Rimarrà nella Zona pastorale IV (Rho)?
Sì, continuerò a essere vicario di una zona bellissima, popolata da bravi preti, da gente non solo laboriosa, ma intellettualmente e culturalmente preparata e convinta, una zona ricca di un mondo e di un popolo cristiano attenti e partecipi alla vita della Chiesa e della comunità. Proseguirò nel mio incarico con l’aggiunta, tuttavia, della partecipazione alla Conferenza episcopale italiana e alla Conferenza episcopale lombarda. Vivrò questa nuova strada che si è aperta nel mio ministero come una scuola di vita.

In che senso?
Imparerò nuove cose, di cui cercherò di fare tesoro, per riportarle nel mio ruolo, accanto all’Arcivescovo e ai confratelli, di vicario episcopale e di vescovo ausiliare. Ringrazio, anche per questa opportunità, il Signore e chi mi ha voluto dimostrare una così grande fiducia. In primis il Papa e l’Arcivescovo che, non a caso, ci ha ricordato, nel suo messaggio di annuncio delle nomine, la riconoscenza sua personale, a nome dell’intera Diocesi, al Papa, appunto, «per la sua attenzione e la sua sollecitudine per la nostra Chiesa».

Da vicario parrocchiale a responsabile di una Comunità pastorale quando era a Bernareggio; da vicario episcopale di Zona a vescovo ausiliare… Tutte queste esperienze possono confluire in uno sguardo più allargato sulla realtà ecclesiale?
Ne sono convinto assolutamente, perché, almeno per quanto attiene a ciò che ho sperimentato finora, si cresce ovunque e ciò che si vive rende più feconda l’esistenza personale, comunitaria e sacerdotale. Entrare a far parte della Cel e dell’insieme dei vescovi del nostro Paese, ritengo che mi permetterà di fruire di un’occasione importantissima e unica. Guarderò alla mia Zona IV ampliando la visuale rispetto ai problemi ecclesiali e non solo. Sarà uno sguardo a 360° non unicamente sulla Zona – che dopo Milano è, comunque, la più popolosa della Diocesi -, ma anche sulla grande Chiesa ambrosiana con le sue tante, articolate e complesse sfaccettature».

Insomma, ad multos annos, come si dice…
Raccolgo volentieri gli auguri, ringrazio e chiedo a tutti di pregare. Quando passerete sotto la Madonnina, o vicino a qualsiasi immagine di Maria abbiate in casa, dite un’Ave Maria per me.

 

 

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