Dopo la morte per Covid del vescovo Hamungole, al fidei donum ambrosiano affidata la responsabilità della Diocesi: «Un servizio grande che mi viene chiesto dalla Chiesa»
di Luisa
BOVE
Don Francesco Airoldi, fidei donum ambrosiano, stava già facendo le valigie per rientrare definitivamente in Italia, quando venerdì scorso è stato nominato amministratore apostolico della Diocesi di Monze (Zambia), il cui vescovo monsignor Moses Hamungole è morto in ospedale il 13 gennaio a seguito di complicanze legate al Covid. «Sono contento di rimanere in Zambia – dice il missionario -, ma capisco anche la responsabilità che mi è stata affidata: non è più solo una parrocchia, ma una Diocesi». Nel 2019 aveva lasciato la Diocesi di Lusaka, dove era rimasto 12 anni, e poi si è trasferito nella parrocchia Divine Mercy a Namalundu Gorge, arroccata tra le montagne, nella Diocesi di Monze. «Improvvisamente è arrivata questa notizia per me inaspettata – ammette don Francesco -, anche perché sto concludendo il mio mandato e sarei tornato in Italia dopo Pasqua. Avevo già preparato le valigie e portato via roba dal momento che mancavano solo due mesi».
E poi?
Ieri mattina sono andato in Nunziatura a prendere i decreti di nomina scattata venerdì 22 gennaio. Mi sono fatto spiegare qualcosa dal segretario e, da quello che ho capito, l’amministratore apostolico è una sorta di vescovo non ordinato che può amministrare la Diocesi come farebbe un vescovo, salvo quegli atti che sono propri dell’ordine episcopale. Di fatto agisco come un vescovo e assumo pieno incarico della Diocesi.
Da chi è venuta la nomina?
Mi è stato comunicato venerdì scorso dopo che avevano parlato con l’arcivescovo di Milano. La nomina viene dalla Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, firmata dal cardinale Tagle, perché le Chiese in Africa dipendono appunto dalla Congregazione. In caso di sede vacante deve provvedere a nominare un amministratore apostolico. Il Metropolita è colui che diventa responsabile delle Diocesi vacanti, in questo caso l’arcivescovo di Lusaka, che ha fatto il mio nome alla Nunziatura, la quale ha accettato il mio nome perché mi conoscono, quindi lo hanno proposto a Roma, dove è stato accettato.
Che idea si sta facendo di questo incarico?
Sono un po’ confuso, devo ancora capire cosa voglia dire. Capisco che è una responsabilità grande, un servizio grande che mi viene chiesto dalla Chiesa, avrò responsabilità nei confronti di tante persone, penso anzitutto ai preti della Diocesi, ma anche alla pastorale diocesana e a tutti i progetti in questa Chiesa di missione. Uno dei motivi che ha spinto le persone a fare il mio nome, è legato al progetto avviato il 21 dicembre scorso e che stava tanto a cuore al vescovo Hamungole: la costruzione della nuova cattedrale di Monze. Si tratta di un progetto che vale qualche milione di dollari e occorreva che ci fosse qualcuno che continuasse la realizzazione con onestà e trasparenza.
Anche l’Africa è segnata dall’emergenza sanitaria…
È un momento complesso, lo stesso vescovo di Monze è morto per complicanze a seguito del Coronavirus e la Diocesi, come tutto lo Zambia, ha problemi seri. In tutto il mondo vengono proclamate le precauzioni da avere, anche questa è una responsabilità. Nella mia parrocchia per esempio la chiesa è chiusa da due settimane e lo resterà fino al 7 febbraio. Avevamo casi di Covid-19 e io come parroco non mi sono sentito di lasciarla aperta perché la gente si infetta. Anche altri preti hanno chiuso le loro chiese.
Quante anime conta la Diocesi di Monze?
Ci sono 25 parrocchie e una sessantina di preti con 420 mila cattolici su un’area immensa che comprende tutta la provincia a sud dello Zambia, fino quasi a Livingston e Siavonga, si tratta di centinaia di chilometri di estensione. Le parrocchie sono molto grandi con tante chiese sussidiarie rispetto alla principale e su territori vastissimi. Non esistono grandi città e Monze stessa, dove c’è la sede episcopale, è relativamente piccola.
Ora cosa succede per lei?
Da oggi a venerdì partecipo alla Conferenza episcopale a distanza attraverso Zoom, in questo momento non si può fare in presenza. Poi dovrò avvicinarmi a Monze, al momento sono a 160 chilometri di distanza. Per ora la casa del vescovo rimane chiusa, come stabilito dal Metropolita, si dovrà fare l’inventario, ma non prima di una settimana. L’idea è di spostarmi a Mazabuca, dove c’è una parrocchia gestita da altri fidei donum di Milano, visto che è solo a 60 chilometri da Monze. La Diocesi un po’ la conosco perché ci sono sempre stati preti di Milano e poi sono decano dal 2011, quindi ho avuto occasione di incontrare spesso sia monsignor Patriarca sia monsignor Hamungole, conosco anche tante parrocchie, ma di fatto sono qui solo da un anno e mezzo, ed è un vantaggio perché sono libero da giudizi e pregiudizi. Coprirò questo incarico finché non sarà nominato il nuovo vescovo.