Tra le periferie milanesi toccate in Quaresima dalla reliquia della corona posata sul capo di Cristo ci sarà anche quella del Decanato Forlanini, dove la parrocchia del Sacro Cuore, con la sua presenza e i suoi servizi, costituisce un punto di riferimento anche per fedeli di altre etnie e persone di religioni diverse. Ne parla il parroco don Alberto Bruzzolo

di Annamaria BRACCINI

Don Alberto Bruzzolo
Don Alberto Bruzzolo

Farà sosta anche nella zona di Pontelambro, nel Decanato Forlanini all’estremo lembo est di Milano, la Sacra Spina, la reliquia che in Quaresima verrà portata in alcuni Decanati della periferia milanese per altrettanti momenti di preghiera con l’Arcivescovo. Proprio dalla composizione della parrocchia Sacro Cuore in Pontelambro, sita tra la tangenziale Est e l’aeroporto di Linate, si avvia la riflessione del parroco, don Alberto Bruzzolo: «In questi anni è aumentato il numero di persone provenienti da altre parti del mondo. Mentre negli anni Ottanta-Novanta il mio predecessore scriveva una lettera per sottolineare la necessità di costruire fraternità con persone provenienti da altre regioni italiane, soprattutto dal Sud, oggi, se dovessi scrivere io, dovrei parlare della fraternità tra tante etnie diverse, sudamericani e filippini, gente che viene dallo Sri Lanka o dall’India».

La parrocchia è inserita nel tessuto del quartiere o c’è sostanziale estraneità con gli abitanti?
Sono stato anche in altre periferie, per esempio facendo il parroco per otto anni a Quarto Oggiaro, e nel tempo ho capito che, nei quartieri di periferia, la parrocchia, da sempre, è una sorta di presidio sociale che, quando non c’erano negozi o supermarket, viveva già in mezzo ai palazzoni dell’edilizia popolare. Così è successo anche a Pontelambro. Di fatto, che vengano o meno in parrocchia, che siano cristiani o musulmani, il Sacro Cuore rimane un punto di riferimento sicuro.

Qualche esempio?
Per accedere alla chiesa c’è un corridoio all’aperto dove si aprono i locali del Centro di ascolto in cui opera un’assistente sociale, che fa servizio per il Gruppo di volontariato vincenziano, e si trova il salone nel quale si distribuiscono i viveri. Perciò le persone che entrano in parrocchia fotografano, per così dire, una situazione in cui tutti sono ben accolti e vengono ascoltati. Sempre con i volontari vincenziani abbiamo anche un centro educativo con tre educatrici professioniste: la maggior parte dei ragazzi che vi partecipa sono nordafricani, anche musulmani. Soprattutto all’oratorio estivo registriamo una presenza molto forte di bambini appartenenti a famiglie arabe, con cui abbiamo instaurato un ottimo rapporto. Ricordo solo un episodio di pochi mesi fa quando, per la Novena di Natale, abbiamo portato un piccolo gazebo davanti alla scuola elementare del quartiere. Dopo il momento di preghiera, giorno per giorno distribuivamo figurine di cartone per costruire il presepe che anche molte mamme musulmane prendevano.

Quindi accoglierete l’Arcivescovo mostrando tanti colori: quelli della Chiesa dalle genti e quelli del dialogo interculturale e interreligioso
Sì e credo convintamente che questo sia uno dei vantaggi che può offrire la periferia.

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