Inaugurazione dell’anno accademico con la Messa presieduta dall’Arcivescovo in Sant’Ambrogio e la cerimonia in Aula magna con la prolusione del cardinale Parolin sulla «diplomazia della pace»

di Annamaria BRACCINI

anno accademico

Camminare con una visione condivisa, una coralità gioiosa e responsabilità. È l’augurio che l’Arcivescovo, presidente dell’Istituto di Studi Superiori “Giuseppe Toniolo”, rivolge all’Università Cattolica, riunita in tutte le sue componenti nell’Aula magna, per l’inizio dell’anno accademico. Il 99esimo dell’ateneo, a cui l’Arcivescovo esprime la sua gratitudine: «Più conosco l’Università, frequentandola per tanti motivi e occasioni, più cresce in me la stima e l’apprezzamento per il servizio che offre». Poi propone tre termini per orientare il cammino presente e futuro.  

Il primo è «condividere»: «Condividere una visione, che non è soltanto confronto o un obiettivo da raggiungere, ma è il modo di condividere un esito. Sento spesso richiamare l’immagine della “persona al centro”, ma preferirei che al centro vi fosse una visione di fraternità universale». Poi «la coralità, che non è soltanto coordinamento sapiente o una buona educazione che sancisce percorsi paralleli e autoreferenziali, ma è un invito a essere membri di un coro: un essere insieme gioioso».

Infine la responsabilità, declinata a sua volta in tre ambiti: «Abbiamo una storia prestigiosa centenaria e, quindi, dobbiamo renderne conto». Da qui la responsabilità «verso gli studenti, che devono essere aiutati a diventare uomini e donne capaci di libertà e di pensiero. Non è sufficiente dare solo competenze, ma si deve offrire loro un incoraggiamento ad amare la vita e a essere generatori di vita». C’è anche la responsabilità di «dare contenuti alla ricerca – che ispirino anche l’aggettivo “cattolica” -, perché vi sia un pensiero, che condivide e rende attraente un certo modo di vivere e di concepire la società, l’economia, la ricerca stessa». Terzo, la responsabilità verso «la Chiesa italiana, con attenzione alla riflessione pastorale e alla verifica critica della sua presenza ecclesiale nel territorio».

La prolusione del cardinale Parolin

Subito dopo prende la parola il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato di Sua Santità, che nella sua prolusione «Una diplomazia al lavoro per la pace», sottolinea: «La diplomazia si esprime con una metodologia basata sulla conoscenza, la perseveranza e il discernimento». Questo serve nell’azione di diplomatici – come quelli vaticani – che siano «operatori di pace, con umiltà perché, senza umiltà non c’è pace e senza pace non c’è unità. La diplomazia pontificia, con il suo servizio, manifesta la sollecitudine che il Papa ha per le diverse regioni del mondo. Per la Santa sede è un impegno strutturato e vòlto a conoscere le situazioni interpretandole secondo i principi evangelici e le regole internazionali e dando sostegno e speranza alle popolazioni che soffrono». Citando più volte il magistero di papa Francesco (il cardinale Parolin è stato con lui nel viaggio apostolico in Estremo Oriente), nota ancora: «La diplomazia del Vaticano ricerca lo sviluppo integrale della persona, il rispetto dei diritti umani e la cura della casa comune e non solo la crescita economica»  

Il discorso del rettore Anelli

Del ruolo dell’Università come promotrice di pace parla anche il rettore Franco Anelli: «Disseminare coscienza critica, capacità di pensare e non di ripetere. E fare tutto ciò con l’idea di un sapere che non sia un patrimonio statico, ma storia dinamica, pronta a elaborare nuovi codici di comprensione». Insomma, una responsabilità di elaborazione del pensiero come testimonianza, peraltro secondo quanto ha chiesto il Papa, incontrando recentemente le Università cattoliche.

Attraverso questo filo rosso, Anelli delinea il suo Discorso inaugurale. Nel suo 99esimo anno e aprendosi al centenario, la sfida è questa: «Fare una nuova episteme, non di laboratorio, ma della vita e della ricerca, secondo la richiesta venuta anche dall’Arcivescovo nel suo ultimo Discorso alla Città. Un compito che appartiene precipuamente all’Università dei cattolici italiani».

Un Ateneo sempre in crescita, con il 16% in più di iscritti negli ultimi cinque anni: 43 mila gli studenti, di cui 14 mila nuovi iscritti.; 12 le Facoltà, 95 i Corsi di laurea, 48 le Scuole di Specializzazione, 20 i Corsi di dottorato, con insegnamenti affidati a 1200 docenti in organico. Tutti dati per cui, secondo il Graduate Employability Rankings, la Cattolica si conferma tra le prime in Italia e tra le prime 130 al mondo.

E poi l’attenzione agli studenti stranieri, la proiezione internazionale, le Borse di studio – solo nell’ultimo Anno accademico c’è stato un intervento straordinario di circa 2.400.000 euro -, per cui la parola d’ordine è quell’accogliere che il Rettore ripete più volte. Senza dimenticare le nuove iniziative: una per tutte, gli incessanti lavori di realizzazione della nuova sede presso la Caserma Garibaldi.

La Messa

Primo momento dell’inaugurazione, la celebrazione eucaristica presieduta nella Basilica di Sant’Ambrogio dall’Arcivescovo. Una ventina i concelebranti, tra cui i Cappellani della Cattolica, alcuni sacerdoti legati al mondo universitario, l’abate della Basilica, monsignor Carlo Faccendini, e l’assistente ecclesiastico generale dell’Ateneo, monsignor Claudio Giuliodori, che nel suo saluto ricorda l’impegno «per un rinnovamento come Università in uscita e missionaria, luogo privilegiato di crescita e formazione dei giovani».

In riferimento alla Parola di Dio, l’Arcivescovo definisce il senso di una guarigione dello sguardo, tanto spesso oggi, «deprimente, malizioso, invadente, indiscreto e possessivo». Chiaro, in questa condizione, il ruolo dell’ateneo: «L’Università porta nel suo nome una vocazione all’incontro e, dunque, occorre che contrasti quella specializzazione che crea separazioni, quelle rivalità che diventano spaccature, quella difesa della posizione che diventa impermeabilità, sapendo vedere la pertinenza di un impegno per il progetto comune… Lo sguardo guarisce quando si illumina di benevolenza e riconosce nella folla che percorre la terra, anche in quella che frequenta l’Università, una vocazione alla fraternità. La competitività, quella sana, non è una condanna alla contrapposizione e alla concorrenza, ma uno stimolo all’emulazione; la consapevolezza delle proprie doti non è un piedestallo per l’orgoglio, il narcisismo e l’esibizionismo, ma una responsabilità per servire».

Poi la guarigione della parola, che è malata «quando è usata come un’arma per ferire, per screditare, per rovinare una persona. La parola guarisce quando la testimonianza è limpida, modesta e franca, senza reticenze, senza timidezze, senza viltà, quando la conversazione è uno scambio di doni e non solo un passatempo». Così guarisce anche il cuore, la mente, le persone e la società nel suo insieme.

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