Nel Discorso alla città l’Arcivescovo parla di comportamenti a rischio attraverso alcol, droga, gioco d’azzardo, ma anche di patologia quali anoressia e bulimia. Ne parla Laura Rancilio, responsabile Area bisogno della Caritas ambrosiana
di Luisa
BOVE
Nel Discorso alla città «Benvenuto, futuro!», l’arcivescovo di Milano Mario Delpini si sofferma molto sul valore educativo e sulla responsabilità del mondo adulto (famiglia, scuola, ambito sportivo, ecclesiale, sociale) nei confronti dei giovani, ma poi parla anche di tanti comportamenti trasgressivi che mettono a rischio i giovani stessi (droga, alcol, gioco d’azzardo, ecc). «Non si deve distogliere lo sguardo dai molti problemi drammatici – si legge nel testo – che talora rendono l’adolescenza e la giovinezza un tempo di rischi e di trasgressioni pericolose». Ma qual è oggi il rischio maggiore? «Per il mondo giovanile è quello di fermarsi alle emozioni e all’effimero – sostiene Laura Rancilio, responsabile Area bisogno della Caritas ambrosiana -. Siamo in una società che rischia di vendere emozioni come gli aspetti più importanti a cui fare riferimento».
E questo può danneggiare i giovani?
Questo secondo me è il motore che porta ad avere comportamenti trasgressivi, perché poi si va verso la ricerca del piacere, dello sballo, dell’emozione sempre più forte e coinvolgente. Fino ad arrivare a tutta la sfera affettivo-sessuale, molto importante per i giovani e gli adolescenti, con un uso discutibile di sé e delle relazioni. Da una parte non sono capaci di mettersi in gioco nella relazione con l’altro e, dall’altra, cercano di procurarsi emozioni forti con alcol, sostanze, gioco, velocità, rischio… Tutte situazioni attraverso cui cercano di andare al di là e di provare emozioni sempre più forti. Un altro aspetto sempre legato alle relazioni è quello di non sentirsi bene con se stessi e con il proprio corpo. Lo stesso Arcivescovo, nel suo Discorso, parla anche di bulimia e anoressia: entrambe riguardano il modo di rapportarsi al cibo, al volersi bene e al voler bene al proprio corpo, fino a diventare fonte di sofferenza e di patologia.
Dove vanno ricercate le cause?
Sono molto complesse e multiproblematiche. Dovremmo chiederci tutti, adulti e giovani, quali sono le relazioni e i contatti che realmente sperimentiamo, che effettivamente nella nostra vita ci danno sostanza e gioia. C’è da una parte la ricerca di un piacere effimero, emotivo; dall’altra ciò che ci sostanzia. Oggi forse siamo tutti un po’ scontenti di come stiamo vivendo. Essere sempre delusi o immaginare una vita splendida al di là di quella che concretamente viviamo, ci porta a essere sempre insoddisfatti, a lamentarci del presente e a non intravedere un futuro che può essere invece bello e gioioso. Capire davvero se la nostra vita è così disastrata o se è fonte di gioia e di piacere credo sia una delle questioni che anche il mondo adulto deve porsi.
E di tutto questo sono i giovani a subire le conseguenze…
I giovani respirano quello che accade nel contesto degli adulti, in primo luogo dai genitori, ma anche nei contesti di riferimento che trovano al di fuori dello stretto nucleo familiare: penso alla rete più ampia di parenti, amici, compagni di scuola, società sportive, agenzie educative. Quanto più le persone adulte sono soddisfatte e vivono bene, tanto più i giovani comprendono che ci può essere un presente e un futuro piacevole anche per loro.
Oggi forse mancano modelli positivi per loro, anche da parte del mondo adulto?
Sì. Purché si tratti di un modello incarnato. Non si tratta di farsi vedere o di raccontare che va tutto bene, ma di essere in grado di apprezzare la vita che stiamo vivendo. Io invece vedo nell’adulto un malcontento trasversale per quello che ha, per quello che è, per come appare (diventa vecchio, non è abbastanza elegante, non è sufficientemente ricco, non ha grande potere…). Alla fine, tutta questa insoddisfazione di fondo fa vivere ai giovani la necessità di vedersi sempre più competitivi, perché se non si è competitivi non si riesce a raggiungere gli standard di successo che vengono considerati indispensabili. E così si genera il fatto che uno si detesti, tratti male il proprio corpo, oppure vada a cercare ciò che gli fa dimenticare il suo modo di vivere inadeguato e non performante. Per questo si arriva a usare l’eroina come antidolorifico, la cocaina come sballo e l’alcol come oblio di quanto si sta vivendo.
Eppure certi comportamenti trasgressivi non sono più riservati solo ai giovani che vivono in contesti difficili, ma coinvolgono anche chi vive nel benessere…
Certo. Perché questo malessere di fondo non è solo economico, ma trasversale. Quindi i soldi c’entrano, ma non sono la questione determinante, molto dipende anche dal contesto in cui un giovane è inserito. I genitori sono importanti, ma poi le altre reti relazionali dei ragazzi, soprattutto nell’età dell’adolescenza e della prima giovinezza, diventano molto più importanti e influenti del contesto parentale e delle figure adulte della famiglia.
Il mondo adulto sta disertando il suo ruolo educativo o non è più in grado di assumerlo?
Domanda da un milione di dollari… Sicuramente sono prima di tutto gli adulti a faticare e a non trovarsi bene in questo contesto di vita; quindi, più che venir meno in loro il ruolo educativo, sono persone confuse. Essendo a loro volta confusi e vivendo male, sono soprattutto loro, gli adulti, a bere, a usare droghe, a giocare d’azzardo. In realtà gli adolescenti e i giovani possono solo avere un primo segnale di utilizzo scorretto delle relazioni, del corpo e delle sostanze, tutte le patologie e i disturbi in quanto tali infatti sono tipici degli adulti, non appartengono al mondo adolescenziale. Insomma, sono gli adulti per primi a dover fare i conti con questi comportamenti e relazioni distorte.