A Monza, con la presenza dell’Arcivescovo e di sette sindaci portavoce del territorio, si è svolto l’incontro promosso dalla Commissione per l’animazione socio-culturale Zona Pastorale V, proposto anche on line

di Annamaria BRACCINI

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I mesi terribili che abbiamo alle spalle, la sensazione di impotenza e di solitudine, ma anche la solidarietà ritrovata, le buone pratiche messe in campo, magari in poche ore, il fare rete tra Istituzioni sul territorio, associazioni, volontari, parrocchie. E, poi, le domande sul domani da ricostruire, sulle nuove logiche di convivenza che la pandemia già ora, ma ancor più in futuro, costringerà a ripensare.
La mattinata di confronto che si svolge – con la presenza dell’Arcivescovo, di alcuni sindaci e autorità civili e militari presso l’Auditorium della Provincia di Monza e Brianza, Sala Verde “Ghezzi” a Monza, è tutto questo. Quasi un’istantanea, tra luci e ombre, di quanto (tanto), nella provincia Monza e Brianza, è stato fatto e di quanto resti da fare. Promosso – anche su piattaforma – dalla Commissione per l’animazione socio-culturale Zona Pastorale V-Monza come momento di spiritualità per la Quaresima e rivolto alle persone impegnate in ambito socio-politico, culturale-educativo, al mondo dell’impresa e del lavoro, l’incontro si articola tra le testimonianze dei 7 sindaci-portavoce dei colleghi alla guida dei Comuni presenti negli altrettanti Decanati della Zona e con l’intervento finale dell’Arcivescovo. Accanto a lui il vicario episcopale di Zona, monsignor Luciano Angaroni e don Walter Magnoni, responsabile del Servizio per la Pastorale Sociale e del Lavoro.
Sabino Illuzzi, facente parte della Commissione, ricorda i riferimenti al Discorso di Sant’Ambrogio 2020 e l’Enciclica “Fratelli Tutti” di papa Francesco, mentre il saluto di benvenuto è offerto dal Presidente della Provincia, Luca Santambrogio, anch’egli sindaco, che sottolinea il significato del ritrovarsi nella Sala “Ghezzi”, detta la Sala dei Comuni. La dove si celebra il premio intitolato al patrono, il beato don Luigi Talamoni, andato nei mesi scorsi proprio ai sindaci che sono rimasti al loro posto. «La forza di questo territorio è fare squadra come dimostra il progetto BrianzaReStart», patto bipartisan per fare ripartire il territorio.
Don Magnoni richiama il n.77 di “Fratelli Tutti” e nota- «Come dice il Papa, non dobbiamo aspettare tutto da coloro che ci governano. Godiamo di uno spazio di corresponsabilità; dobbiamo essere parte attiva nella riabilitazione e nel sostegno di una società ferita. Mi sono chiesto da dove ricominciare. Credo da un invito alla sussidiarietà. Sono certo che l’inerzia e la lamentela sterile sono atteggiamenti sbagliati che rischiano di peggiorare la situazione». Il secondo passo è definito da 3 verbi: includere, integrare, risollevare. «Includere è vincere la tentazione dell’indifferenza, integrare è un verbo che non sempre piace, ma il suo valore e fare spazio agli altri. Questo chiede di chinarci, di abbassarci verso chi è caduto per sollevare».

Le parole dell’Arcivescovo ai sindaci
Di «commozione, ammirazione, gratitudine e stima», parla l’Arcivescovo rivolgendosi ai sindaci. «Al centro di questo incontro non ci sono io, ma voi. Sappiate che siete veramente apprezzati da me e dal vostro territorio. Rappresentate la comunità civile. La solitudine è un’esperienza talvolta lacerante, ma fa parte di chi ha la responsabilità ultima di un’Istituzione. Certo, fa soffrire essere il bersaglio di critiche ingiuste o di pretese arroganti, ma non c’è solo questo. In particolare in questo tempo siete stati un punto di riferimento e ciò rivela la grandezza del vostro servizio al bene comune ed è un’esperienza grande. Ciò deve infondere fierezza e responsabilità proprio perché potete dire “tocca a me”», osserva il vescovo Mario che aggiunge. «Siete chiamati a un esercizio di sapienza, capacità di decisione e di distinguere». Da qui, l’emergere delle domande «su alcuni tratti spirituali specifici del ruolo del sindaco».
«A tale proposito, voglio raccomandare percorsi di cura di voi stessi come persone che hanno un cammino spirituale da compiere», attraverso alcuni punti che l’Arcivescovo specifica. In primis, ci si deve prendere cura non solo del bisogno, ma anche del sentire diffuso. «Di fronte al bisogno si è fatto molto, ma il clima è di paura e di incertezza. Come affrontare questo? Come si fa a curare il clima, a diffondere fiducia e speranza? Penso, ad esempio, al tempo pasquale nel quale, per i cristiani, il ripartire è risorgere», suggerisce monsignor Delpini.
«La tradizione cristiana dei nostri paesi fornisce dei segni, delle tradizioni, delle parole su cui insistere per questa cura. Credo che in questo momento un aiuto importante possa venire dalla comunicazione locale che non deve essere solo deprimente, ma dire quanto c’è di bene ».
Inoltre, si deve andare oltre l’oggi, guardando avanti e chiedendosi dove si sta andando.
«Ritengo che vi siano imprenditori illuminati che possono aiutare. Per questo guardare avanti è necessaria una visione che ha come sua componente fondamentale la stima di sé e anche la promozione di una necessaria visione della famiglia che oggi è malata».
Terzo, il tema dell’impotenza «che domanda più che qualche ricetta improbabile, una dimensione spirituale, perché non siamo solo chiamati a fare cose, ma a tessere rapporti. Non restiamo imprigionati nel senso dell’impotenza, ma pur con senso del limite, dobbiamo essere protagonisti con l’abilità di convocare altri e promuovere riflessioni su quale tipo di comunità vogliamo».

La testimonianza dei sindaci
Espressioni e indicazioni – quelle dell’Arcivescovo – che sono, appunto, una risposta agli interrogativi e alle esperienze ripercorse dai 7 Primi cittadini. Come Dario Allevi, sindaco di Monza e portavoce del Decanato omonimo. «Ci siamo trovati in questi mesi travolti, ma ci siamo riorganizzati mettendoci al servizio dei cittadini che cercavano punti di riferimento, confrontandoci e sperimentando il calore della solidarietà autentica con un esercito del bene. A volte, specie nei momenti più drammatici, però, ci siamo sentiti soli. Siamo consapevoli che ora ci attende una sfida altrettanto difficile, la ripartenza che significa ricostruire e immaginare nuovi modelli di sviluppo».
Per Marco Citterio di Giussano che prende la parola anche a nome dei 9 Sindaci del Decanato Carate, occorre ripartire dal tema della solitudine specie di anziani, adolescenti, famiglie e poveri. «In modo responsabile tutte le Associazioni si sono messe a disposizione con volontari, Gruppo alpini, Caritas, supermercati, Banco alimentare, Protezione civile Questo è l’aspetto positivo, ma abbiamo la consapevolezza di dover costruire alleanze. Lo abbiamo fatto con la nostra Commissione congiunta e aperta all’amministrazione, comunità cristiana, associazioni che vuole essere un tentativo di andare oltre le semplici risposte, per aiutare nella sfida educativa e nel rapporto intergenerazionale».
Così anche secondo Alessandra Pozzoli (Arosio) per il decanato Cantù, che sottolinea il ringraziamento per i sindaci che sono rimasti al loro posto. «In un contatto serrato con le parrocchie, nel momento della massima difficoltà, ci siamo riscoperti comunità: non ho mai sentito un “no” da nessuno», aggiunge la Sindaco ricordando la realizzazione di mascherine da parte di sarte con i tessuti forniti gratuitamente dalle aziende, l’organizzazione dei punti tampone o la consegna dei pensierini natalizi dei bimbi agli anziani. «Il Tavolo di lavoro nato nel Decanato, dove siedono sindaci e parroci, vuole, appunto, coltivare nella nostra comunità una nuova umanità, educando anche attraverso l’esempio».
Poi, Fabrizio Pagani, Nova Milanese per il Decanato Desio, che parte dal vissuto anche personale per raccontare il “tocca a noi” «di una comunità di cui sono orgoglioso»; Renato Meregalli, Vedano al Lambro per il Decanato di Lissone, evidenzia. «Dobbiamo pensare dove sta andando la nostra nave comune in cui prevale, nonostante tanta comunicazione e virtualità, la solitudine. Se sbagliamo oggi pagheremo le conseguenze tra 20 anni. Occorre promuovere luoghi di incontro in cui condividere percorsi di vita. Vogliamo essere uomini di quella speranza che non è una consolazione, ma una tenacia». Infine, è la volta di Alberto Rossi di Seregno per il Decanato che unisce questo grande centro a Seveso. «Cambieranno i tempi e i modi di vivere la città; questa è la sfida. Quando dico che siamo tutti responsabili di tutti, penso alle 1000 famiglie, su 20.000, che hanno richiesto il buono spesa. Fare rete diventa una necessità e bisogna avere l’umiltà di chiedere aiuto», spiega richiamando il Progetto di Casa della Carità della sua città in cui troveranno sede tutti i servizi di sostegno per chi è più povero e fragile. «Segno di un welfare nuovo che si lega anche al Terzo settore e all’impresa in un nuovo modo fare partenership tra pubblico e privato».
Mauro Capitanio, Concorezzo che, per il Decanato Vimercate, si fa portavoce di ben 18 colleghi conclude: «Dobbiamo fare in modo che le pratiche positive e il successo non rimangano un fatto isolato, ma un facciano davvero comunità».
Anche nelle vaccinazioni, in teoria, siamo partiti da li, ma poi è partita subito un’altra logica quella del potenze o delle categorie più forti. E il terzo verbo dice che dobbiamo fare questo tutti insieme, superando un nostro ego che talvolta impedisce una vera ricerca del bene comune. Solo chi mette il bene comune davanti al consenso. Occorre lavorare insieme e questo può allungare i tempi.. Lo scambio sia appassionato e franco, ma il dissidio non intacchi mai la stima per le persone.

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