I preti ambrosiani pellegrini con l’Arcivescovo a contatto con la realtà di un conflitto che nel Paese ha provocato morti e profughi e che nel 2016 determinò il Pontefice a indire una colletta straordinaria a cui contribuì anche la Diocesi di Milano. Commoventi testimonianze dei frutti di quella solidarietà
di Davide
MILANI
La memoria di quell’iniziativa si era pressoché persa nella memoria dei preti ambrosiani pellegrini in Ucraina, nonostante proprio loro avessero prestato la propria voce per rilanciare l’accorato appello del Papa. Era il 3 aprile 2016, nel bel mezzo dell’Anno Santo della Misericordia, e Francesco lanciò una colletta «per chi patisce le conseguenze della violenza in Ucraina». Si riferiva al conflitto in atto nel Paese, specie nelle zone orientali, alle migliaia di morti e al milione di profughi interni. Anche la Diocesi di Milano rispose all’appello con una colletta, mediante Caritas Ambrosiana già attiva qui, che fruttò quasi 100 mila euro.
A ravvivarne il ricordo è stato l’incontro di martedì pomeriggio nel Centro Emmanuel, realtà caritativa, culturale ed educativa molto attiva in Ucraina e in Russia, promossa dai protestanti. È stato il Vescovo latino monsignor Edoardo Kaba, ausiliare di Leopoli e responsabile dell’azione del Papa in Ucraina, a dare il via a un commovente pomeriggio di racconto sul bene, la speranza, la solidarietà che quei soldi raccolti nelle parrocchie ambrosiane e in tutte le chiese cattoliche d’Europa hanno saputo generare. Stufe e legna per riscaldare case che per mesi sarebbero state a 10° sottozero, medicine per anziani abbandonati, cure e interventi per salvare giovani vite, iniziative di animazione… E gli aiuti concreti sono solo il primo seme di una messe di carità e fraternità che fruttificano bellezza e speranza laddove guerra e violenza sistematicamente distruggono e affamano.
Ha spiegato il vescovo Kaba: «2500 civili i morti negli scontri nel Donbass, un milione e 300 mila i profughi scappati da queste regioni, lungo un fronte di 450 km della nostra nazione c’è la guerra. L’azione di papa Francesco per l’Ucraina è una grande opportunità che i cattolici stanno dando non solo alla Chiesa locale ma a tutte le donne e gli uomini».
Una tragedia, quella del Donbass, dimenticata dal mondo. La Repubblica popolare di Doneck e la Repubblica Popolare di Lugansk si sono proclamate unilateralmente indipendenti dall’Ucraina nel maggio 2014, riconosciute da nessuno se non da loro stesse, e indirettamente appoggiate dalla Russia. «Il problema è ciò che non viene detto, le condizioni di vita della gente – ha spiegato il Nunzio apostolico monsignor Claudio Gugerotti -. Partiti i profughi, nelle zone in guerra sono rimasti anziani, bambini, le categorie più deboli. Mancano i prodotti essenziali, i bombardamenti sono costanti, mirati, mancano le medicine, gli abitanti sono in uno stato di prostrazione psicologica, in preda alla paura».
Come è nata la massiccia iniziativa di carità che sta aiutando 800 mila persone lo spiega ancora il Nunzio: «Di fronte a questa situazione, anche dopo l’incontro del Patriarca di Mosca con il Papa a Cuba (che per i cattolici ucraini è parso come un tradimento, visto l’appoggio del Patriarcato alla politica russa), qui è nata l’idea del programma del Papa per l’Ucraina, per fare sentire che i cattolici non abbandonavano questo popolo, nonostante il disinteresse dell’Europa». I 16 milioni di aiuti arrivati qui, il più grande aiuto dato dalla Santa Sede a un solo Paese, per volontà di Francesco dovevano beneficare tutti, senza distinzione alcuna.
Il Papa è regolarmente informato, qualche volta telefona o scrive per documentarsi direttamente. A dire il vero non ce ne sarebbe nemmeno bisogno, perché il modo con cui Emmanuel e altre associazioni raccontano gli aiuti è esemplare, per dare conto con la massima trasparenza di come sono impegnati i fondi, per invitare altri a donare o per testimoniare la possibilità di mettere un argine alla violenza con la solidarietà.
Uno stile di comunicazione diventato narrazione anche davanti agli occhi dell’Arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, e degli altri 100 giovani preti ambrosiani. Dal Donbass arriva una famiglia aiutata a rimettere in piedi la casa che racconta e ringrazia, una giovane nonna che ha potuto curarsi dal tumore, una circense cui hanno salvato la vita e che davanti ai preti ha eseguito un piccolo spettacolo di magia da lei stessa spiegato: «La vita a volte è come questa borsa vuota. Tu ci guardi dentro e non trovi nulla. Ma se la guardi come la vede Dio ecco che miracolosamente trovi tanti regali». E le sue abile manine hanno cavato dal nulla di un sacchetto tre stupendi pacchi-dono. Tra la commozione generale.