Presentato alle Comunità educanti il Cammino dei 100 Giorni Cresimandi 2018. L’Arcivescovo, alle molte centinaia di catechisti giunti da ogni parte della Diocesi, ha raccomandato di tenere vivo nei ragazzi «lo sguardo rivolto verso l’alto»
di Annamaria
Braccini
Entra accolto dall’entusiasmo delle centinaia di catechiste e catechisti che affollano l’Auditorium “Don Bosco” per la presentazione del Cammino dei 100 Giorni Cresimandi, che condurrà al grande incontro di San Siro in programma il 26 maggio prossimo. È l’Arcivescovo che, così, per la prima volta incontra questi educatori e formatori dei ragazzi.E proprio da tre figure emblematiche parte la riflessione introduttiva di monsignor Delpini che racconta di un’immaginaria catechista che si chiama Luna e «che si sente impotente: vorrebbe scaldare, ma vede che coloro a cui si rivolge rimangono freddi e confusi. Lei, impotente appunto come la luna che non ha luce sua e che, pur non essendo impreparata, non incide».
Poi, c’è Siria che porta il nome di un Paese devastato e a cui sembra, incontrando dopo tre o quattro anni i ragazzi da lei preparati alla Cresima, di vedere solo rovine e l’inutilità». Insomma, un’educatrice «scoraggiata».
Infine Rosa, «che ha le sue spine e si erge dritta», un poco presuntuosa e orgogliosa, «come colei che è capace di fare».
«Queste tre figure rappresentano difetti estremizzati, certamente», spiega il vescovo Mario, ma, cominciando il Cammino dei 100 giorni, servono per ricordare la prima grande regola: l’educazione è opera di Dio, presenza che fa vivere la nuova Gerusalemme che scende dal cielo».
Da qui la raccomandazione alle donne e uomini impegnati nel prezioso servizio della Catechesi ai più giovani: «Alzate lo sguardo per riconoscere l’opera di Dio. I ragazzi sono un mistero, una libertà, una storia imprevedibile e noi siamo a servizio di questa storia. Tutto quello che facciamo, le tecniche che impariamo, devono essere non solo un attirare la loro attenzione ̶ che è il rischio dell’educazione catechistica ̶ , ma un alzare lo sguardo. La domanda vera è chiedersi se i ragazzi hanno imparato ad alzare lo sguardo».
Il riferimento di Delpini è alla Lettera ai Cresimandi, da lui stesso scritta con il titolo “Verso la città felice”, e alle sue immagini dello Spirito. «Quello Spirito che è il fuoco che arde perché lo Spirito santo scende come un fuoco che trasfigura tutto. La Cresima è un lasciarci incendiare: i ragazzi non sono vasi da riempire ma fuochi da accendere. Un fuoco che, se non contagia ciò che sta intorno, si affievolisce e muore».
Lo Spirito che è come il vento «amico che spinge a largo la vela se, con docilità, ci si lascia spingere». Che è la roccia «che rende salda la Chiesa e la città attraverso la preghiera che ci dà questo fondamento solido. È lo Spirito ci insegna a pregare»
E, infine, Spirito che è la colomba «capace di portare e mettere pace con la custodia della tenerezza del Signore».
E, allora, la consegna è chiara: «Se qualcuno di voi si sente come Luna, Siria o Rosa veda come lasciare spazio, nella propria opera, all’opera creativa di Dio. Il nostro è un servizio all’opera di Dio».
L’applauso scrosciante che saluta il «primo catechista della Diocesi e primo collaboratore della Fondazione degli Oratori Milanesi» come don Stefano Guidi, direttore della Fom, definisce monsignor Delpini, è l’emblema del cammino bello e di speranza, articolato in 8 tappe, che inizia, nelle parole di don Guidi di fronte all’Arcivescovo, con una promessa e una certezza.
«Consideriamo la sua Lettera come materiale di lavoro da approfondire. La sentiamo uno di casa nostra che aiuta ciascuno di noi a essere casa con il Vescovo. Questo è l’obiettivo del percorso dei 100 giorni: costruire la Chiesa come casa. Vogliamo pensare la Chiesa in grande, come ci indica anche il Sinodo minore».