Milano ritrova un ricco patrimonio di documenti, un tesoro nascosto da 900 anni. L’opera più preziosa è il messale dell’incoronazione di Gian Galeazzo Visconti a duca di Milano. La più curiosa, la ricetta della cotoletta
Da oggi un tesoro nascosto da più di 900 anni viene restituito a Milano. Grazie a un moderno allestimento, l’Archivio Capitolare della Basilica di Sant’Ambrogio apre al pubblico. I suoi antichi documenti, alcuni, risalenti a prima dell’anno Mille, diventano patrimonio di tutti. I lavori di ristrutturazione, realizzati grazie alle donazioni di alcuni fedeli, hanno permesso di rendere accessibile non solo agli studiosi, ma anche ai cittadini il tesoro nascosto della Basilica, senza comprometterne la conservazione, di cui prima i monaci e poi i canonici della Basilica sono attenti tutori da oltre 9 secoli.
«A pochi giorni dalla tradizionale festa patronale della città, giorno dell’investitura ufficiale di Ambrogio a vescovo di Milano – spiega monsignor Erminio De Scalzi, abate della Basilica – abbiamo voluto fare un dono a Milano, nella convinzione che la carità culturale sia oggi necessaria e urgente come la carità materiale».
Il progetto di restauro e di interior design è stato curato dagli architetti Michela Spinola e Giovanni Antonelli Dudan, che hanno creato uno spazio sobrio dallo stile moderno, in cui risalta l’antichità del patrimonio.
L’allestimento
L’Archivio, nato e rimasto nel corso dei secoli sempre a Milano, ha trovato sede in due sale, poste al primo piano sopra il porticato del Bramante; la prima, denominata Sala Parrocchiale, è la sala di ricevimento, direttamente collegata al matroneo della Basilica, destinata a conferenze, presentazioni di libri e incontri, alla quale si accede direttamente dalla scalinata principale. Questa sala, in cui trovano sede i testi più recenti, già utilizzata in passato come museo, è stata dedicata, con foto e immagini storiche, alla memoria del bombardamento del 1943, di cui quest’anno ricorre il Settantesimo anniversario. «Un doveroso ricordo – spiega l’architetto Giovanni Antonelli Dudan – a testimonianza che la Basilica oggi più che mai vuole essere il simbolo di una città capace di affrontare i momenti più difficili con speranza e volontà».
Il vero luogo di conservazione di tutto il tesoro nascosto è la Sala San Satiro. Piccolo luogo raccolto tra la Basilica e la residenza dell’Abate, questa sala, da biblioteca privata, diventa finalmente un punto di incontro tra passato e presente, tra storia e quotidianità, tra la Basilica e i suoi cittadini.
«Nel restaurare queste sale, l’obiettivo per noi fondamentale è stato quello di dar vita a un ambiente in cui poter vivere l’esperienza di un incontro con la storia, uno spazio a dimensione d’uomo in cui consultare l’intero patrimonio, lettera dopo lettera, pagina dopo pagina, come solo uno studioso finora aveva l’opportunità di fare – racconta l’architetto Michela Spinola che ha curato l’interior design del progetto -. Non c’è più distanza tra il visitatore e l’opera storica richiamata nei libri di scuola. Entrando nella sala, ci si trova di fronte a un ambiente inaspettato: un affresco restaurato, un tabernacolo e alcuni volumi esposti sono gli unici oggetti che la sala espone oltre alla postazione di consultazione ed alla libreria. Si è voluto restituire un ambiente sobrio ed elegante con l’intento di attirare l’attenzione su piccole ‘fessure’ che, come tagli nella libreria, lascino intravedere il prezioso contenuto. La modernità e linearità che appartengono al nostro tempo si contrappongono all’antichità dei manoscritti e dei codici medievali; ma è proprio l’uso di un linguaggio architettonico semplice che ci permette di avvicinarci a questo inestimabile patrimonio con emozione e serenità».
Il patrimonio
Nell’Archivio sono conservati un fondo antico di 55 volumi manoscritti in pergamena datati dal IX al XVIII secolo, alcuni manoscritti cartacei di contenuto liturgico dei secoli XVVII-XVIII e circa 1200 pergamene (dal IX al XVII secolo) che permettono di ricostruire giorno per giorno le complesse e affascinanti vicende della canonica cresciuta all’ombra della chiesa di S. Ambrogio.
Il libro più celebre che l’Archivio conserva è il Messale dell’Incoronazione di Gian Galeazzo Visconti, principesco omaggio del signore di Milano alla basilica, donato pochi anni dopo la solenne investitura a duca di Milano (5 settembre 1395).
Tra i tesori dell’Archivio si distingue anche il codice, vergato a Praga, probabilmente intorno al 1340, in scrittura gotica, che racconta la Vita di Agnese di Boemia, figlia del re Otocaro I di Boemia, nel quale soprattutto, sono raccolte le quattro lettere che intorno al 1230-1240 la stessa Chiara scrisse ad Agnese per confortarla nella sua scelta coraggiosa, avendo la nobildonna preferito seguire la via di povertà assoluta piuttosto che i fasti di un matrimonio imperiale.
Accanto a preziosi codici di tale levatura, numerosi documenti in pergamena tra cui eleganti lettere papali, verbali di processi, donazioni e più modeste compravendite rimangono eloquenti testimoni della vita della basilica nel Medioevo e della devozione milanese al suo patrono.
Nella ricchissima documentazione sono presenti anche alcune curiosità sugli usi e costumi degli abitanti del capoluogo lombardo. Una pergamena datata 1148, descrivendo un pranzo offerto ai canonici dall’abate di Sant’Ambrogio, riporta anche la più antica menzione del Lumbolos cum panicio, probabilmente la cotoletta o costoletta alla milanese.
L’archivio, affidato al professor Marco Petoletti, docente di Letteratura latina medievale e umanistica all’Università Cattolica, è dunque una fonte inesauribile di storie, ma anche di piccoli aneddoti, sul rapporto della Basilica con Milano e i suoi abitanti.