Dopo oltre 20 anni di chiusura, il pubblico potrà nuovamente visitare lo straordinario laboratorio del grande e poliedrico artista lombardo (1857-1950), autore della porta centrale del Duomo di Milano. La villa, donata negli anni trenta all'Ambrosiana, ospita raccolte d'arte antica e moderna di tutto il mondo: statue romane e rinascimentali, sarcofagi egizi, vasi greci ed etruschi, capitelli medievali, oggetti orientali, tappeti asiatici... Le visite da sabato 10 maggio.

di Luca FRIGERIO

Pogliaghi

Dopo oltre vent’anni, riapre finalmente al pubblico la Casa Museo Lodovico Pogliaghi al Sacro Monte di Varese, uno degli spazi museali lombardi forse meno noti, eppure tra i più straordinari.

Una vicenda lunga e travagliata, quella del restauro della dimora varesina del grande artista che operò a cavallo tra Otto e Novecento. Ma che oggi, per volontà della Veneranda Biblioteca Ambrosiana e grazie al finanziamento della Regione Lombardia, si conclude con la riconsegna alla collettività di un patrimonio sorprendente, per qualità e varietà, costituito com’è non soltanto da importanti testimonianze della lunghissima carriera di Pogliaghi, ma anche da oggetti antichi e da rari reperti raccolti in ogni parte del mondo, con raffinato quanto eclettico gusto collezionistico.

Un “tempio dei sogni e delle follie”, come fu definito. Ma anche il “rifugio” delle più alte esperienze artigianali dell’Italia post-unitaria. Dove la sensibilità classica si fonde con la passione per l’esotico, il pezzo archeologico è accostato all’elemento liberty, il tema sacro convive senza fratture con quello profano. Così che la villa-atelier di Lodovico Pogliaghi, da lui curata e amata come organismo vivo, diventa ancora una volta un’esperienza unica per il visitatore che sale fra le cappelle sacromontane, svelandosi in un contesto ambientale di suggestiva bellezza.

Come unico, del resto, fu il Pogliaghi stesso. Scultore, innanzitutto, per quella facilità di modellato che lo rese celebre fra i contemporanei già in giovane età. Eppure anche efficace pittore, ad olio e ad affresco. E poi orafo, illustratore, scenografo, architetto… Artista completo e a tutto tondo, insomma, che pagò tuttavia tanto talentuoso eclettismo con una sorta di “incomprensione” da parte degli ambienti artistici “ufficiali”, dai quali lui stesso, soprattutto negli anni della maturità, si tenne via via sempre più in disparte, preferendo la laboriosa solitudine del “suo” Sacro Monte.

Ma era nato a Milano, Lodovico, nel 1857. Formatosi in quell’Accademia di Brera dove poco più che trentenne aveva già una cattedra. Sentendosi, in qualche modo, protagonista di un nuovo rinascimento, che rivitalizzava in un’espressività tutt’altro che accademica, ma forte, intensa, vibrante. E che presto si precisò meglio in un senso d’appartenenza a quella straordinaria stagione ambrosiana che fu il gotico internazionale, inserendosi in una tradizione che aveva nel Duomo milanese la sua massima espressione. Così che non sorprese nessuno, forse nemmeno i suoi “avversari”, che proprio Pogliaghi, nel 1895, a neppure quarant’anni, arrivasse ad aggiudicarsi il concorso per la monumentale porta bronzea della Cattedrale: il suo capolavoro assoluto.

I modelli in gesso di questi battenti, a grandezza naturale, troneggiano proprio nella sala principale della casa-museo al Sacro Monte. Insieme a una serie di altri lavori realizzati da Pogliaghi stesso in oltre settant’anni di attività (morì nel 1950 a 93 anni), “mischiati” a una moltitudine impressionante di opere di svariata e diversissima provenienza: sarcofagi dell’antico Egitto, vasi greci ed etruschi, statue romane, capitelli medievali, sculture rinascimentali, dipinti del Sei e del Settecento. Ma anche bronzi dell’Estremo Oriente, figure lignee indonesiane, e un’eccezionale collezione di tessuti e di tappeti antichi, europei ed asiatici… Oltre duemila pezzi, insomma, allestiti come in una sorta di Wunderkammer, una grandiosa “camera delle meraviglie” che oggi restituisce, il più fedelmente possibile, i percorsi e le atmosfere ideati dallo stesso Pogliaghi.

Fu proprio l’artista milanese, del resto, che volle affidare questo suo magnifico laboratorio varesino, con tutto il suo prezioso contenuto, all’allora prefetto dell’Ambrosiana, monsignor Achille Ratti, al quale lo legavano sentimenti di stima e di amicizia. Divenuto papa, Pio XI trasferì il lascito, con il pieno assenso del donatore, alla Veneranda Biblioteca milanese, che ancor gestisce la casa-museo coadiuvata dalla Fondazione Lodovico Pogliaghi. Una realtà che dunque rinasce, riunendo bellezza a bellezza sulle pendici del Sacro Monte di Varese.

La Casa Museo Lodovico Pogliaghi verrà inaugurata domani, alla presenza del Presidente della Congregazione della Veneranda Biblioteca Ambrosiana, mons. Gianni Zappa, il Presidente di Regione Lombardia, Roberto Maroni, e il Presidente della Fondazione Pogliaghi, Giuseppe Battaini.

Da sabato 10 maggio è prevista l’apertura al pubblico: sabato e festivi, dalle ore 9 alle 18, con possibilità di visite guidate (biglietto 4 euro; 5 euro cumulativo con il Museo Baroffio del Sacro Monte). Per gruppi sono possibili visite in altri giorni, su prenotazione.

 

Per info, tel. 328.8377206, info@casamuseopogliaghi.it 

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