Il santuario della Madonna delle Lacrime è sorto là dove, il 28 febbraio 1522, un'immagine mariana fu vista piangere nell'imminenza della distruzione del borgo bergamasco da parte dei francesi. In segno di devozione, il maresciallo Lautrec depose il suo elmo e la sua spada ai piedi della miracolosa effigie, dove ancor oggi sono conservati.

di Luca FRIGERIO

treviglio Madonna Lacrime

«Più duro del diamante, più feroce di un leone», era detto dai contemporanei Odet de Foix, signore di Lautrec e comandante dell’esercito francese che in quei primi anni del XVI secolo contendeva agli imperiali spagnoli il controllo del ducato di Milano. Un uomo irascibile e vendicativo, al quale, insomma, non era consigliabile opporsi…

Eppure gli abitanti di Treviglio, stanchi ormai della guerra che bruciava le loro campagne, rassicurati forse dalle promesse di aiuto degli ufficiali sforzeschi, osarono rifiutare accoglienza e viveri proprio alle truppe del maresciallo di Francesco I, cacciandone in malo modo le avanguardie. Erano gli ultimi giorni di febbraio dell’anno di grazia 1522.

Il Lautrec promise allora una punizione esemplare: il borgo bergamasco sarebbe stato saccheggiato e distrutto; la popolazione dispersa, quale ammonimento per altri ed eventuali ribelli.

Avutane notizia, la gente di Treviglio precipitò nella disperazione. A nulla valsero le ambasciate, le scuse, le offerte. Così che i fanti e i cavalieri d’Oltralpe, all’alba del 28 febbraio, già si disponevano ad assaltare la città, in un silenzio irreale, rotto soltanto dai pianti delle donne e dalle preghiere che si alzavano ferventi in ogni chiesa.

Ma dal convento delle Agostiniane ecco un urlo improvviso: «Miracolo! Miracolo!». Un’antica immagine della Vergine Maria, dipinta sul muro esterno della cappella delle religiose, aveva infatti cominciato a lacrimare, improvvisamente, copiosamente.

La notizia del prodigio si sparse in un attimo per i rioni trevigliesi, fino alle orecchie dello stesso Odet de Foix, che, da soldato pratico qual era, volle verificare di persona l’accaduto. Ma quando fu davanti a quell’icona mariana, il condottiero francese, sconcertato e allibito, non potè far altro che gettarsi in ginocchio, e porgere alla Madonna piangente la sua stessa spada e il suo stesso elmo, in segno di pace e sottomissione. Armi che, a distanza di quasi cinque secoli, sono ancor oggi custodite ai piedi di quella miracolosa effigie.

Fu san Carlo Borromeo, sessant’anni più tardi, a riconoscere l’eccezionalità di quel segno divino qui manifestatosi, disponendo la costruzione in quel luogo di un nuovo santuario.

Il tempio, progettato secondo gli stilemi architettonici dell’età Borromaica (ma poi ampliato agli inizi del Novecento da Cesare Nava), nel 1619 accoglieva così la venerata immagine di Maria Santissima. Mentre pittori e scultori, lombardi e non, furono via via chiamati nei secoli ad abbellire e ornare la sacra dimora mariana, cuore della vita religiosa, ma anche sociale, della Treviglio di ieri, come di oggi.

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