I preziosi drappi, conservati al Museo del Duomo di Milano, sono oggi protagonisti di una mostra, insieme ai disegni che nel Settecento ne illustravano l'intero ciclo. Una storia che si "intreccia" fra Mantova, Roma e Milano, con intenti politici, gesti di generosità e drammatiche perdite.

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di Luca Frigerio

Una storia che si intreccia – è proprio il caso di dirlo – tra Bruxelles, Mantova, Roma e Milano. E che si dipana fra glorie dinastiche, giochi diplomatici e gesti di grande generosità (ma anche momenti drammatici). Protagonista di questa vicenda, che inizia a metà del Cinquecento per arrivare ai nostri giorni, è una serie di preziosi arazzi custodita nel Museo del Duomo di Milano. Che oggi è al centro di una nuova mostra, ricca di notizie curiose e con opere d’arte tutte da riscoprire.

Si tratta di manufatti monumentali e di gran pregio, realizzati per il ducato di Mantova, sotto i Gonzaga. Fu infatti il cardinal Ercole, tutore del nipote Guglielmo, a commissionare questi arazzi attorno al 1550 a uno dei maggiori esperti del settore: il fiammingo Nicolas Karcher che, insieme alla sua bottega, per soddisfare le continue richieste dei principi nostrani, si era trasferito in Italia da Bruxelles, di volta in volta attivo presso le corti di Ferrara, Firenze e Mantova, appunto.

Karcher, naturalmente, si occupò della tessitura. Il disegno delle scene degli arazzi, invece, come di consueto, venne affidato a un rinomato artista, che in questo caso fu Giovan Battista Bertani, allievo di Giulio Romano e all’epoca sovrintende dei cantieri gonzagheschi. La serie era composta in origine da sei arazzi e illustrava le storie di Mosè: un ciclo biblico che ai temi religiosi univa allegorie politiche e significati simbolici.

Nel 1563 questi arazzi vennero donati a Carlo Borromeo, che lo zio Papa, Pio IV, aveva nominato arcivescovo di Milano. Si trattava, come si può ben immaginare, di un gesto particolarmente munifico da parte dei Gonzaga, che volevano esprimere sentimenti di amicizia e di vicinanza verso uno dei membri più influenti della curia vaticana, nonostante la giovane età. Lo stesso cardinal Ercole, del resto, era stato a un passo dall’essere eletto al soglio di Pietro e in quei mesi presiedeva il Concilio di Trento, da poco riaperto. Senza contare che la sorella di Carlo, Camilla Borromeo, aveva sposato un Gonzaga, Cesare di Guastalla, sancendo così una vera e propria alleanza tra le due nobili famiglie.

Quando il cardinal Borromeo venne a Milano per guidare la Diocesi che gli era stata affidata, portò con sé i grandi arazzi mantovani, a riprova di quanto gli fossero cari. Già nel 1566, tuttavia, li offrì alla Veneranda Fabbrica del Duomo, in cambio di lavori di manutenzione alle case dei canonici della Cattedrale. San Carlo, del resto, fu solito agire così, durante tutto il suo episcopato: cedeva beni personali (quadri, mobili, oggetti preziosi…) per raccogliere offerte da destinare ai poveri, a istituti religiosi bisognosi, a enti di assistenza, alla costruzione di nuovi edifici di culto e, in generale, a opere di carità; arricchendo, allo stesso tempo, chiese e santuari dei territori ambrosiani.

Anche la Veneranda Fabbrica, ben conoscendo il valore di questi capolavori tessili, pensò di venderli per ricavare fondi per il proseguimento dei lavori del Duomo. Per questo scopo, a metà del Settecento venne incaricato l’artista Gaetano Le Poer di predisporre una sorta di “catalogo” con le incisioni fedeli e dettagliate degli arazzi dei Gonzaga: vendita, tuttavia, che non andò mai in porto.

Anche quei disegni, con le relative matrici in rame, tutti restaurati, sono ora esposti nella rassegna al Museo del Duomo e sono quanto mai importanti perché ci danno testimonianza di opere andate perdute. Tre arazzi della serie di Mosè, infatti, furono purtroppo completamente distrutti nell’incendio che il 3 agosto 1906 devastò il padiglione della Veneranda Fabbrica all’Esposizione universale di Milano, dove bruciarono anche molti altri tesori della Cattedrale.

Restano i tre bellissimi arazzi che rappresentano il «Passaggio del Mar Rosso», «Mosè riceve le Tavole della Legge» e «Il serpente di bronzo», insieme a un quarto drappo con ghirlande di fiori e frutti, putti e le insegne dei Gonzaga. Una composizione così «esuberante» da aver fatto pensare, in passato, al contributo dell’Arcimboldo, che da giovane fu effettivamente attivo nel cantiere del Duomo di Milano.

La mostra «Intrecci di seta, rame, inchiostro. La storia degli arazzi Gonzaga», allestita in collaborazione con il Politecnico di Milano, è visitabile presso il Museo del Duomo di Milano (piazza del Duomo, 12) fino al prossimo 2 maggio. Ingresso con il biglietto di visita del complesso della Cattedrale. Per informazioni: tel. 02.72023375, www.duomomilano.it .

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