80 anni fa, il 10 febbraio 1939, moriva Achille Ratti, il "Pontefice della pace" che traghettò la Chiesa nel tempo moderno, alla vigilia di anni tremendi, opponendosi alle dittature e ai totalitarismi. Il suo impegno di studioso, la sua passione per la montagna, il legame mai interrotto con Milano e la sua terra brianzola.

pioXI
Pio XI

di Luca FRIGERIO

Sentiva avvicinarsi la fine, Pio XI. In quei giorni il suo sguardo si posava insistente sull’immagine di Andrea Avellino che teneva sopra il letto, e la figura agonizzante del santo ai piedi dell’altare era per lui motivo di consolazione, ma anche presagio della morte ormai imminente. Cristianamente, umanamente, non era certo la dipartita terrena a preoccuparlo. Ma papa Ratti, con una volontà che cercava in tutti i modi di contrastare la debolezza del fisico, desiderava ardentemente arrivare sino all’11 febbraio 1939, data nella quale contava di radunare a Roma tutto l’episcopato italiano in occasione del decennale del Concordato. Il “papa della Conciliazione”, sussurravano i suoi più stretti collaboratori, voleva lanciare ai cattolici d’Italia e al mondo il suo ammonimento a non lasciarsi travolgere dall’insana euforia della guerra, né dalle tragiche lusinghe delle dittature. Il suo, si diceva, sarebbe stato un intervento di grande forza morale, profetico persino, per mettere in guardia dal totalitarismo razzista e, quindi anticristiano, di matrice nazifascista.

Ma Pio XI non fece in tempo a pronunciare quelle parole. Spirò infatti nella notte tra il 9 e il 10 febbraio di ottanta anni fa. Da lì a pochi mesi il mondo intero precipiterà in un nuovo conflitto, con milioni e milioni di vittime e l’orrore dei campi di sterminio. Così che la scomparsa di quest’uomo forte e coraggioso, chiamato da più parti il “Pontefice della pace”, parve a molti, allora, come il segno emblematico dell’inizio di un tempo di sventure per l’umanità…

In questi decenni innumerevoli pagine sono state scritte sulla figura di Achille Ratti, sul suo operato e sul suo magistero pontificio, in anni difficili e rivoluzionari, dove tutto stava cambiando, in Europa come nel resto del mondo, riguardo alla vita sociale, al progresso tecnologico e alla Chiesa stessa. Eppure molto resta ancora da indagare e da capire, e soprattutto da divulgare al di là della ristretta cerchia degli studiosi, obiettivo anche delle mostre documentarie e dei puntuali convegni promossi, in particolar modo, dal Centro internazionale di studi e documentazione di Desio, sorto nella casa natale di Pio XI.

Perché la personalità di Achille Ratti è complessa e poliedrica. Appassionato alpinista, fu studioso illustre presso la Biblioteca Ambrosiana prima e quella Vaticana poi: un lavoro di ricerca, però, come il sacerdote tenne sempre a sottolineare, che non era concepito come qualcosa di astratto o di avulso dalla quotidianità, ma che, al contrario, gli aveva permesso di conoscere meglio le radici delle questioni storiche e sociali del suo tempo, fornendogli quelle doti di <praticità> che tutti gli riconoscevano.

Nel 1921, scegliendo proprio il nunzio Ratti quale nuovo vescovo per la diocesi di Milano, Benedetto XV restituiva alla terra ambrosiana un suo figlio colto e dal carattere saldo, patriottico ma equilibrato, profondo conoscitore della società lombarda nei suoi diversi volti. E creandolo al contempo cardinale, ne rendeva possibile la successione al soglio pontificio. Come infatti avvenne da lì a poco, appena cinque mesi più tardi, così che davvero il vescovo Achille passò velocemente sulla cattedra che fu di Ambrogio (Raptim transit, suonava l’arguto motto episcopale prescelto). Ma lasciò un segno duraturo.

Fiero delle sue origini brianzole e ambrosiane (che non mancherà mai di ricordare), in realtà Pio XI caratterizzò il suo pontificato per la dimensione universalistica, instancabile nell’impulso dato all’attività missionaria e alla promozione delle Chiese locali, nel rispetto delle più diverse culture. Con l’obiettivo, sempre, di un vasto rinnovamento religioso, capace di stare al passo con i tempi. Come rivelano le sue numerose encicliche, ben 28, veri monumenti di dottrina e di saggezza, offerti al mondo nella prospettiva degli insegnamenti di Gesù, declinati secondo le nuove esigenze della storia. Così, nello stesso spirito, papa Ratti promosse i tre Anni Santi e i Congressi eucaristici biennali. Ma volle anche inaugurare la Radio Vaticana, che per la prima volta portò al mondo intero la voce del vicario di Cristo.

L’aggravarsi della malattia costrinse Pio XI a diradare via via impegni pubblici e udienze, ma proprio durante quei periodi di riposo <forzato> il pontefice aveva maturato una chiara valutazione del momento storico, manifestata attraverso due encicliche promulgate nel marzo del 1937, pochi giorni l’una dall’altra: a denunciare il paganesimo razzista del nazismo la prima (Mit brennender Sorge), a condannare l’ideologia totalitaria e materialista del comunismo ateo la seconda (Divini Redemptoris).

In seguito alle leggi razziali emanate anche in Italia dal governo fascista, il pontefice aveva quindi affidato a padre John La Farge, un gesuita americano noto per la sua campagna contro la discriminazione razziale, il compito di predisporre una nuova enciclica sull’unità del genere umano, in risposta alle posizioni razziste e antisemite. Un testo che Pio XI avrebbe dovuto presentare ai vescovi italiani durante la cerimonia per l’anniversario dei Patti lateranensi, ma che rimase sulla sua scrivania, dove fu trovato dopo la sua morte.

Ti potrebbero interessare anche: