Firmato il protocollo fra Credito sportivo, Comune, Regione e Arcidiocesi per il riallestimento dei Chiostri di Sant’Eustorgio. Lo illustra monsignor Luca Bressan

museo diocesano nuovo

di Annamaria Braccini

«L’obiettivo è fare tesoro di questi 20 anni, della capacità che ha avuto il complesso dei Chiostri di Sant’Eustorgio di attrarre turisti e di affascinarli con la bellezza della testimonianza di una fede che salva trasfigurando l’umano. Si tratta, dunque, di potenziare il sito stesso aggiornandolo al linguaggio e alle prospettive turistiche di una Milano in continuo cambiamento, con una sua vocazione turistica esplosa con Expo e che, ora, dopo la pandemia, sta riprendendo a pieno». Monsignor Luca Bressan, vicario episcopale per la Cultura, la carità, la missione e l’azione sociale, delinea così il senso del grande e impegnativo restyling del Museo diocesano, intitolato al cardinale Carlo Maria Martini, che comprenderà nel percorso museale, appunto, anche la basilica di Sant’Eustorgio e gli interi Chiostri. Il protocollo di intesa tra l’Arcidiocesi, il Comune di Milano, Regione Lombardia e Istituto di Credito sportivo è stato firmato lunedì scorso dall’Arcivescovo e dai massimi rappresentanti delle realtà coinvolte, proprio al Museo diocesano, durante la conferenza stampa di presentazione del concept del nuovo polo, che si deve al designer di fama internazionale Davide Rampello (leggi qui).

È un segno questo Museo che vuole essere al passo con il Terzo millennio, pur affondando le radici in una storia millenaria pensando che ha sede nei luoghi dai quali, tradizionalmente, si considera sia iniziata la cristianizzazione della città?
È un segno di speranza perché vogliamo attingere dalla nostra tradizione e dall’identità che viene raccontata, per far vedere che queste radici producono ancora frutti inediti e anche poco immaginati come riuscire a parlare a un mondo secolarizzato che fatica a vedere la trascendenza. In questa grande ubriacatura digitale, intendiamo testimoniare che effettivamente c’è spazio per un aldilà che ci comunica il senso della vita e della bellezza.

Il Diocesano ha nel suo Dna lo scopo didattico: far conoscere la Chiesa di Milano attraverso l’arte e, quindi, la storia stessa della città. Continua in questa sua vocazione?
L’aspetto interessante è che tale intuizione – che è ecclesiale, interna alla Chiesa -, si sposa con un bisogno antropologico della città, che è quello di raccontare le proprie radici. Milano sta diventando una smart city: pensiamo a Mind, a CityLife, a piazza Gae Aulenti che raccontano bene come la metropoli si stia sviluppando in vista di un futuro che ha, tuttavia, solide radici nel passato. Sicuramente, un Museo che racconta la storia della fede dice tutto questo. Infatti, l’obiettivo è di ultimare il complesso monumentale rinnovato entro il 2026, per le Olimpiadi invernali Milano-Cortina.

Per questo Regione Lombardia e Comune sono partners dell’iniziativa?
Certo e anche il Ministero per i Beni e le attività culturali ci sosterrà in questo progetto, così come l’Istituto di Credito Sportivo, perché se ne intuisce il costo economico importante, ma soprattutto la valenza culturale che fa sì che si sia creata una significativa e bella alleanza con le istituzioni civili.

La Diocesi è una Chiesa dalle genti: questo è anche un modo per farsi conoscere e riconoscersi, pur magari con tradizioni diverse, nella fede?
Sì. Non a caso il punto di partenza sarà, ancora una volta, la figura di sant’Ambrogio con la sua capacità di plasmare, di creare un’anima e un’identità a una città molto variegata e dispersa. Su questo siamo fedeli a quello che il cardinale Montini disse nel Discorso di sant’Ambrogio del 1962, ossia che a inventare i milanesi fu proprio il santo Patrono.

Aprirà quindi anche il famoso quarto lato dei Chiostri?
Sì, verrà costruito.

Il percorso previsto inizia da piazza Sant’Eustorgio, comprendendo anche la Cappella Portinari e la sacrestia della basilica con la sua grande ricchezza storica di manufatti…
Noi non vogliamo esporre un passato che non c’è più, ma introdurre in una tradizione che vive: i visitatori nel rispetto, naturalmente, dei tempi della vita della parrocchia, capiranno che i cristiani ci sono e che anche oggi continuano a pregare come fanno da decine di secoli.

A conclusione dell’itinerario sono previsti spazi di aggregazione, perché?
L’idea è duplice: da una parte, sostenere i costi di gestione del Museo e, dall’altra, attrarre un pubblico diverso, creando uno snodo culturale con la Darsena perché i giovani, in uno dei luoghi più frequentati della movida, possano incontrarsi con domande grandi.

 

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