Un serrato libro-intervista su 50 anni di impegno del gesuita, frutto della conversazione con Aldo Maria Valli.

di Pino NARDI

Bartolomeo Sorge Oltre le Mura Paoline

«Duc in altum!» (prendi il largo) «in mare aperto». Un’espressione molto cara a padre Bartolomeo Sorge, che fa da filo conduttore ai 50 anni di impegno da gesuita, da sacerdote, da studioso dei fenomeni sociali e politici. Una voce libera che ha aiutato generazioni di cattolici, e non solo, a districarsi in tempi di grandi cambiamenti, anche drammatici. Lo fa, l’ex direttore de La Civiltà cattolica e di Aggiornamenti sociali, attraverso un serrato libro-intervista Oltre le mura del tempio. I cristiani tra obbedienza e profezia (Paoline, 176 pagine, 21 euro), frutto della conversazione con il vaticanista del Tg1, Aldo Maria Valli.

Un respiro ampio, a pieni polmoni, frutto della Chiesa del Concilio, che pervade le parole del padre gesuita, che in piena sintonia con il proprio confratello Carlo Maria Martini, «ama suddividere le persone non fra credenti e non credenti, ma tra pensanti e non pensanti, nella consapevolezza che “il Vangelo è stato scritto non solo per chi ha la fede, ma per ogni persona che vive in questo mondo” e che ogni pensante può recepirne l’insegnamento, anche se non aderisce alla visione di fede».

La Chiesa vive oggi una grande fase di cambiamento, anche di crisi, spesso acuta. La strada è tornare alla «purezza delle origini. È questa la mia tesi preferita: come già è avvenuto più volte nella sua storia bimillenaria, di quando in quando “tornano i tempi apostolici”, tempi di purificazione e di nuova evangelizzazione. Il travaglio presente, dunque, non è quello dell’agonia, ma è quello del parto (per usare l’immagine forte di san Paolo) di una nuova stagione cristiana».

Continua padre Sorge: «La catechesi certo è necessaria, ma più importante dell’informazione è la formazione: aiutare, cioè, i fedeli ad aprirsi  alla vita dello Spirito attraverso la preghiera personale e comunitaria, la partecipazione alla vita sacramentale (soprattutto all’eucaristia) e lalectio divina. La fede vive e cresce se si alimenta con il Pane vivo, con la Parola e con l’esperienza viva dell’amore di Dio e dei fratelli. Altrimenti il germe della fede – deposto nel cuore di ogni cristiano con il battesimo – avvizzisce e muore».

Una Chiesa di testimoni, insiste padre Sorge: «Non c’è bisogno di altre strutture, ma di altri testimoni che parlino di Dio non solo perché hanno studiato teologia o su sollecitazione di un organismo di Curia, ma perché hanno incontrato il Risorto nella propria vita e sono stati trasformati in lui dalla grazia. Sono questi gli apostoli dei nuovi tempi (e tutti i cristiani dovrebbero esserlo!), di cui ha bisogno la nuova evangelizzazione, pastori e fedeli laici, uomini e donne capaci di trasmettere Dio e di farlo incontrare anche a chi non crede, o non crede più, perché essi stessi lo hanno incontrato per primi, lo conoscoco di persona, vivono di lui e quindi lo irradiano attraverso la testimonianza della vita e dell’amore più che con le parole. Dunque, più che creare nuove strutture di Curia, è urgente ritornare al Concilio Vaticano II, che su questi aspetti ha tanto insistito».

Il gesuita propone ai lettori lo sguardo della speranza, dell’apertura, del dialogo. Di una Chiesa che annuncia, ma non arroccata in difesa “contro” gli altri. Anzi. «Occorre riprendere con coraggio il cammino aperto dal Concilio – sottolinea Sorge -. La Chiesa del Concilio non può temere il dialogo e il confronto, non può vivere come una cittadella assediata, non deve cercare l’appoggio del potente di turno per imporre per legge i “valori non negoziabili”, con interventi che rendono superflua o vana la missione propria dei fedeli laici; paralerà soprattutto alle coscienze, riconoscerà nei fatti (e non solo nei documenti) la missione insostituibile di un laicato maturo nella vita sociale e in quella ecclesiale; si preoccuperà di mostrare la bellezza del messaggio cristiano e di testimoniare la carica rivoluzionaria della carità. Anche questi sono aspetti della dolorosa purificazione di oggi, che prepara all’avvento di una Chiesa “povera e serva” – come amava sognare monsignor Helder Camara – più simile alla Chiesa delle origini».

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