Il saluto dell’Arcivescovo al convegno sul rapporto tra papa Montini e gli artisti svoltosi al Museo diocesano. Dal 15 febbraio, sullo stesso tema, una mostra alla Galleria d’Arte Sacra dei Contemporanei di Villa Clerici
di Annamaria
BRACCINI
«Ritorniamo a essere amici?»: questa la domanda rivolta da papa Montini agli artisti, nel famoso incontro svoltosi nel 1964 nello splendido scenario della Cappella Sistina. E proprio “Torniamo amici. Paolo VI e gli artisti” si intitola la mostra che, dal 15 febbraio al 14 aprile, avrà luogo presso la Galleria d’Arte Sacra dei Contemporanei Villa Clerici. Per prepararsi all’evento, al Museo diocesano “Carlo Maria Martini” si è svolto un convegno di studi alla presenza dell’Arcivescovo, con gli interventi di molte voci qualificate.
«Auspico che questa linea di dialogo con gli artisti, che Paolo VI ha perseguito e che ha trovato in monsignor Pasquale Macchi, suo segretario, un alleato, possa interpretare, interrogare e provocare il presente», ha sottolineato il Vescovo aprendo i lavori, introdotti dalla direttrice del Museo Nadia Righi. Il confronto con il mondo dell’arte contemporanea si è, nel tempo, frastagliato in percorsi personali, in realizzazioni diverse, ma rimane un sentiero incompiuto, nota ancora monsignor Delpini, «perché il rapporto tra la categoria complessiva degli artisti, in quanto tale, e la Chiesa è ancora pieno di domande, più che di persuasioni convincenti. Sono qui per invitare a continuare in questo percorso, ma anche per dire la commozione e il senso di stupore di fronte alla figura di Paolo VI e dei santi Vescovi miei predecessori», ha aggiunto l’Arcivescovo, ricordando la data dell’1 febbraio, memoria liturgica del cardinale Andrea Carlo Ferrari, «che ha lasciato una traccia così profonda ed edificante nella Diocesi di Milano». Un ulteriore riferimento è «alla strada che portò Montini da Roma a Milano, dove il futuro Santo arriva come uomo esperto di diplomazia, di cultura, di politica vaticana, di accompagnamento dei giovani della Fuci. Ma è proprio a Milano che egli raccoglie la sfida del ministero pastorale. Diviene così capace, da uomo di ufficio, di entrare nei mondi diversificati della città, anche in quello dell’arte. Poi, il viaggio da Milano a Roma – dopo l’elezione al Soglio di Pietro – che ha reso possibile gettare semi che hanno dato molto frutto».
La parola che torna più volte nella riflessione dell’Arcivescovo è «amicizia», «quel rapporto che diventa conoscenza personale, reciproca stima e libero confronto. Uno spunto particolarmente prezioso – l’amicizia – per rilanciare percorsi culturali e artistici, prima della committenza pratica e del confronto ideologico. Amicizia come gratuità».
È, poi, la volta dell’assessore alla Cultura del Comune di Milano Filippo Del Corno, che definisce la mostra «un’occasione preziosa di riflessione»: «L’arte sacra abita un tempio che non è chiuso nei muri concreti, che non sta solo nei luoghi di culto, ma che porta l’arte dovunque vi sia rapporto con la trascendenza. La centralità della figura di Paolo VI è un perno su cui far ruotare non solo un discorso storiografico, ma anche l’interrogativo su come, oggi, si possa tematizzare l’arte legata al sacro, proiettando lo sguardo verso il futuro».
Antonella Ranaldi, Soprintendente all’Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Milano, parla della «sensibilità personale di Paolo VI verso l’arte come processo creativo visto come simile all’opera di Dio. Questa mostra vuole ribadire il messaggio, rivolto agli artisti contemporanei, per un avvicinamento sempre possibile: basti pensare alla partecipazione della Santa Sede alla Biennale di Venezia. Il lavoro della Soprintendenza, non a caso, si volge gomito a gomito alle parrocchie e agli spazi sacri, perché l’arte è lì. Non è solo nei luoghi fisici, ma dovunque si manifesti il trascendente».
Infine monsignor Carlo Azzimonti, vicario episcopale per la Città di Milano, evidenzia la convinzione montiniana «che l’educazione al bello fosse necessaria per un pieno recupero della persona», come è evidente considerando il legame tra la Galleria d’Arte Sacra dei Contemporanei e la Casa di Redenzione sociale di cui Montini stesso era grande sostenitore: «L’arte è uno degli strumenti privilegiati di evangelizzazione per chi non crede ed è strumento di catechesi per i credenti».
Tornano allora le espressioni del Papa nel magnifico Messaggio rivolto appunto agli artisti, l’8 dicembre 1965, a conclusione del Concilio: «Questo mondo nel quale viviamo ha bisogno di bellezza per non sprofondare nella disperazione. La bellezza, come la verità, è ciò che infonde gioia al cuore degli uomini, è quel frutto prezioso che resiste al logorio del tempo, che unisce le generazioni e le fa comunicare nell’ammirazione. E questo grazie alle vostre mani».