Due benemerite istituzioni culturali milanesi, la Fondazione Marco Fodella e la Libreria Pecorini di Foro Buonaparte, per un’interessante iniziativa congiunta, fra concerti e presentazioni letterarie.
di Giovanni GUZZI
Due benemerite istituzioni culturali milanesi, la Fondazione Marco Fodella e la Libreria Pecorini di Foro Buonaparte, per un’interessante iniziativa congiunta. Come ben sanno gli affezionati che ne affollano le iniziative, la prima, nel ricordo di Marco, giovane liutista e musicologo, è attiva nel promuovere le attività culturali, sociali e umanitarie che ne hanno caratterizzato l’intensa vita, in particolare la musica rinascimentale e barocca con pubblicazioni, borse di studio e concerti. Le finalità perseguite dalla seconda, nel suo facilmente intuibile ambito d’azione, sono invece sinteticamente descritte dall’ex libris d’autore che ne decora l’insegna: Apollo con la lira ai piedi (a simboleggiare la musica) trafigge con un dardo il serpente (incarnazione del male) che si impenna davanti a lui.
Come si è detto, Fondazione Fodella e Libreria Pecorini spesso collaborano, con serietà e fantasia, in un settore nel quale chi vuole proporre valide alternative alla dilagante logica mercantile del profitto fine a sé stesso – che, anche in ambito culturale, sembra ormai essere l’unico obiettivo da perseguire – incontra difficoltà che non è difficile intuire.
E così fra le edizioni musicali, letterarie, storico-filosofiche esposte sugli scaffali, ed accanto al clavicembalo elegantemente decorato, acquistato proprio per consentire ai musicisti di eseguirvi gli spartiti prima dell’acquisto, hanno avuto luogo gli appuntamenti conclusivi del XVIII ciclo di concerti della Fondazione Marco Fodella. Una stagione 2012 in cui i tradizionali concerti sono stati anche occasione per presentare opere letterarie, come Federico Borromeo e la musica: scritti e carteggi di Marco Bizzarini e Il Liuto di Davide Rebuffa, oppure dischi come il IV cd del cofanetto German Lute Music of the XVIII Century e Guerra di Baci autoprodotto dall’Ensemble Amoroso Foco che ha dato un saggio del suo contenuto nel concerto conclusivo della rassegna, alla vigilia del Natale. Un concerto che ha attratto un pubblico di musicisti e semplici appassionati tanto numeroso da mettere in seria difficoltà gli organizzatori, che pure hanno fatto l’impossibile per accoglierlo col dovuto riguardo fin nei corridoi prospicienti il magazzino!
Un pubblico, composto anche di tanti giovani, che, accalcato in piedi come ai concerti rock, ha seguito l’esibizione attento e partecipe incurante della difficoltà contingente. Del resto era impossibile non farsi coinvolgere dalle doti vocali ed espressive della soprano Marina Bartoli… fin dal suo elegante incedere facendosi largo fra gli spettatori per raggiungere in scena Michael Leopold (polistrumentista che alterna liuto, tiorba e chitarra barocca) sulle note di Dolce Amoroso Foco, brano di autore anonimo del Cinquecento e sorta di “sigla” del duo che ha preso nome dall’espressione usata dal Tasso nella favola pastorale Aminta. Ed anche il titolo del concerto e del cd ha ascendenze letterarie: la poesia Guerra di Baci del massimo poeta barocco italiano Giovan Battista Marino.
Indicazioni che immediatamente delineano il filo conduttore che orienta le scelte di repertorio dell’ensemble: il legame fra parola e musica nel descrivere la passione amorosa che pervade l’opera poetica e musicale rinascimentale e barocca, sia essa colta o di ambito popolare. Aspetto quest’ultimo, ci ha detto Marina Bartoli «che rende queste composizioni potenzialmente interessanti anche per un pubblico ben più ampio rispetto a quello dei cultori del genere e potrebbe conquistare anche chi segue la musica leggera». Ci viene da pensare che l’ascolto di un cd come questo potrebbe arricchire positivamente il vocabolario delle espressioni affettuose degli adolescenti: oggi limitate alla digitazione di poche frasi contratte in successioni di consonanti sulle tastiere dei telefoni cellulari!
Sotto il profilo più propriamente stilistico per una soprano come la Bartoli, che ha nelle proprie corde l’agilità pirotecnica del repertorio vivaldiano, cantare la musica antica non presenta difficoltà tecniche bensì espressive. Anche perché in questo caso la voce è “scoperta” in quanto non sostenuta dall’orchestra.
Il connubio fra voce e strumenti polifonici antichi tuttavia porta a una prassi esecutiva che suggerisce una sorta di “imitazione” vicendevole ed una maggiore cura per una continua variazione di timbri e dinamiche. Per arricchire le semplici linee melodiche la Bartoli aggiunge poi anche un appropriato uso di percussioni come gli zil (cimbalini da dita) turchi di ottone usati all’ingresso o il guiro latinoamericano utilizzato per evocare il verso della cicala nel brano che ad essa fa riferimento. Attenzione per la cura dei dettagli dimostrata, per chi ha la felice opportunità di assistere dal vivo ai concerti di Amoroso Foco, anche nei costumi di scena di Marina Bartoli, non ricostruzioni “filologiche” ma decisamente attinenti l’abbigliamento storico medioevale-rinascimentale al quale si ispira disegnandoli lei stessa ed acquistando le stoffe con cui li fa poi realizzare dalla costumista padovana Fabiana Turatto alla quale, in chiusura, non si può non riservare una meritata citazione!
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