Ultimi giorni per la grande mostra al Museo Diocesano di Milano: una storia del Bel Paese in 150 scatti dagli anni Trenta a oggi, da Cartier-Bresson a Erwitt, da Lessing a Scianna.
di Luca
FRIGERIO
Uno, nessuno, centomila. Qual è il vero volto dell’Italia? È quello degli agglomerati metropolitani o quello delle campagne solitarie? È quello sfavillante delle vie della moda o quello tetro delle periferie degradate? È più rappresentato dalle sue bellezze artistiche o dalle sue meraviglie naturalistiche? E le discariche a cielo aperto, gli abusi edilizi, i monumenti che crollano? Italiani santi, poeti e navigatori, o italiani mafiosi, spaghetti e mandolino? Difficile fare un ritratto veritiero, e soprattutto esaustivo, del Bel Paese…
E tuttavia dei fotografi di razza come quelli dell’Agenzia Magnum ci hanno provato. Girando in lungo e in largo per la Penisola, da nord a sud, dalle isole alle Alpi, e soprattutto tornandoci a più riprese, dal dopoguerra a oggi, cogliendo non soltanto il mutare dei paesaggi e degli orizzonti, ma soprattutto i cambiamenti sociali, economici ed epocali – nel senso letterale del termine – di una nazione e delle sue genti. Immagini spesso suggestive, a volte ironiche, talora sconcertanti, ma che raccontano sempre una storia. Anzi, mille storie diverse.
Una selezione di quegli scatti è esposta a Milano presso il Museo Diocesano “Carlo Maria Martini” (ingresso da piazza Sant’Eustorgio, 3), in una mostra che da alcuni mesi sta viaggiando per l’Italia, ideata per festeggiare i 70 anni della “Magnum”. La celebre agenzia fotogiornalistica nasceva infatti nel 1947 a New York, per volontà di cinque reporter che si erano già distinti per i loro servizi prima e durante la seconda guerra mondiale: Henri Cartier-Bresson, Robert Capa, David Seymour, George Rodger e William Vandivert. Con un progetto ben preciso: mostrare il mondo al mondo, senza filtri, senza censure, ma allo stesso tempo non con un asettico taglio documentaristico, ma piuttosto con l’occhio dell’artista-esploratore, calato negli abissi dell’umanità. E per questa missione, la terra italica appariva come il <laboratorio> perfetto.
Cartier-Bresson era stato nel nostro Paese già negli anni Trenta, quando gli italiani vestivano in orbace ed esercitavano l’autarchia, inquadrando con il suo obiettivo scorci in bianco e nero alla De Chirico, metafisici e un po’ alienanti. Capa vi era arrivato nel 1943, al seguito dei soldati americani, e aveva ripreso un’Italia devastata dalla guerra, ancora rurale dietro i miti fascisti della modernità, fatta di macerie, sciuscià e paisà: quella stessa che il neorealismo porterà sugli schermi con Rossellini e De Sica.
Seymour, fotografo mite ed empatico, ritrae gli sguardi e i sorrisi di un popolo finalmente libero dalle costrizioni del regime e dalla paura del conflitto, ma che in gran parte deve far quadrare il pranzo con la cena, mentre Roma e Firenze, con ancora i segni dei bombardamenti e degli scontri, tornano a essere mete turistiche ambite dai visitatori stranieri. Del resto la “dolce vita”, con la sua spensieratezza e la voglia di divertirsi, non è lontana, ed Elliott Erwitt ed Herbert List ne colgono i segni premonitori nella Città eterna, tra le contraddizioni della “grande bellezza” e i surreali set di Cinecittà, la “Hollywood sul Tevere”.
Milano compare nelle foto di René Burri, che per Magnum segue la mostra-evento di Picasso, nel 1953, quando la sua Guernica, uno dei simboli dell’arte impegnata del Ventesimo secolo, viene esposta a Palazzo Reale. Ma è un evento anche il trionfo sul ring di un giovanissimo Cassius Clay, che Thomas Hoepker immortala alle olimpiadi di Roma del 1960. Così come un evento, davvero popolare, è il funerale di Palmiro Togliatti, quattro anni più tardi, seguito da Bruno Barbery.
Gli anni Sessanta sono quelli del boom: economico, delle nascite, della fiducia. Erich Lessing perlustra le spiagge romagnole alla ricerca di tipici esemplari di latin lover, uno dei tanti stereotipi di italianità che hanno fortuna all’estero, e che gli italiani stessi sembrano alimentare compiaciuti. Gli anni Settanta vedono invece scontri e trasformazioni, crisi e confronti: un Paese in fermento che Leonard Freed e Raymond Depardon ritraggono con servizi “impegnati”, come quello sul referendum per il divorzio o quello sui manicomi e l’introduzione della legge Basaglia che ne decretava la chiusura.
Un viaggio per immagini che arriva fino ai nostri giorni, con i reportage sulla religiosità popolare (di Ferdinando Scianna, primo italiano ad avere l’onore di essere chiamato nell’Agenzia Magnum), sul turismo di massa (a opera di Martin Parr), sugli ambienti della camorra (di Patrick Zachmann), sulla veglia oceanica in morte di Giovanni Paolo II (firmato da Paolo Pellegrin). Con le ultime istantanee che mostrano profughi e migranti su zattere in mezzo il mare, a cercare di raggiungere l’Italia: per loro, più che mai, sogno e speranza di un futuro diverso.
Fino al 22 luglio 2018, al Museo Diocesano Carlo Maria Martini (ingresso da piazza Sant’Eustorgio, 3). Info: 02.899420019.