Un'antica iconografia mariana, presente anche in molti santuari della diocesi di Milano, che ebbe il suo momento di maggiore diffusione fra Tre e Quattrocento e che fu invece "accantonata" dopo il Concilio di Trento. Un itinerario fra alcune delle più significative immagini del genere in terra ambrosiana.

di Luca FRIGERIO

Una madre che allatta al seno la propria creatura è l’immagine stessa della tenerezza. In ogni epoca, in ogni civiltà, ad ogni latitudine. A maggior ragione nel mondo cristiano, che basa il suo credo su una verità straordinaria e sconvolgente, quella di un Dio che si è fatto uomo per amore.

Se ci si pensa un attimo, ciascuno di noi, probabilmente, ricorderà una qualche raffigurazione di Maria col Bambin Gesù sulle ginocchia che si nutre al suo petto, scorta magari in una chiesa di campagna o in una cappella alpestre. “Madonne del latte”, così le chiamano. Immagini di struggente, popolana bellezza, capaci di tradurre in un linguaggio immediato e universale l’impenetrabilità del dogma. Testimonianze figurate di un miracolo quotidiano e condiviso, quello della nascita e della crescita, emozionante e stupendo, eppur non esente da rischi e pericoli. Quanti sguardi di madri, riconoscenti o supplichevoli, si saranno levati nei secoli verso queste Madonne dipinte? Quante mani tremanti avranno sollevato al loro cospetto pargoli in fasce, implorando la divina protezione?

Il tema è quanto mai affascinante, sia che lo si consideri sotto la prospettiva religiosa e devozionale, o quella artistica e iconografica, o ancora quella tradizionale e popolare. Come ci si può ben rendere conto “scandagliando”, borgo dopo borgo, frazione dopo frazione, territori come quelli della Brianza, del lecchese e del Triangolo lariano, sulle tracce, appunto, del culto alla Virgo lactans. Proprio in queste zone, infatti, si possono individuare oltre cinquanta raffigurazioni relative alla Madonna del latte, databili tra il XII e il XIX secolo, ma concentrate per lo più fra il Quattro e il Cinquecento, senza dubbio il periodo di maggior diffusione di questa singolare iconografia mariana, favorita certamente da una forte ripresa della devozione alla Vergine ad opera soprattutto degli ordini mendicanti come i francescani e i domenicani.

Il dato brianzolo e lecchese è in qualche modo impressionante, ma in realtà quella della Madonna del latte è un’immagine che conosce una fortuna grandissima in gran parte della cristianità d’Occidente, dal meridione d’Italia alla Toscana, dalle regioni francesi alle Fiandre. Anche nella vicina terra bergamasca, ad esempio, la concentrazione di Vergini allattanti è davvero notevole e un loro “censimento” darebbe risultati, crediamo, sicuramente interessanti.

Colpisce, in particolare, la “trasversalità” di questo modello iconografico, rappresentato sia a livello popolare, sia a livello colto. Se infatti la maggior parte di queste Madonne che offrono il seno al Bambin Gesù appaiono realizzate da anonimi artigiani del pennello, dotati spesso più di buona volontà che di autentico talento artistico, non mancano i dipinti firmati da grandi maestri come Ambrogio Lorenzetti e Leonardo da Vinci, Raffaello e Lotto, Tiziano e Van Eyck… Segno di una devozione che si sviluppava inarrestabile e partecipata nelle piccole comunità, ma che trovava riscontro anche nelle corti e tra gli esponenti dell’alta società europea, confermata dal sentimento popolare quanto dai teologi più affermati.

Immagini, tuttavia, che oggi non sempre sono facilmente individuabili. E non soltanto per gli inevitabili guasti del tempo o per l’incuria dell’uomo. Molte di queste Madonne del latte, infatti, sono state “ritoccate” dall’epoca della Controriforma in poi, quando cioè non parve più conveniente che Maria mostrasse il seno, fosse anche per allattare il piccolo Gesù. Piuttosto che sull’umanità della Vergine, a un certo punto, infatti, si preferì porre l’accento sulla sua divina regalità. E quelle antiche Madonne furono intese spesso come inopportune e imbarazzanti. Da incoronare, magari, con nuovi diademi preziosi, ma anche da “nascondere” sotto prudenti strati di colore… 

FRA LARIO E BRIANZA, UN ITINERARIO
Davvero numerose sono le immagini della Madonna del latte presenti nei sacri edifici della diocesi di Milano.

Sabbioncello
Un nostro breve itinerario – soltanto un “assaggio” e circoscritto forzatamente a una ridotta aerea territoriale – può prendere il via, allora, dalla chiesa di Santa Maria Nascente presso il convento francescano di Sabbioncello, a Merate. Qui, infatti, lungo la parete destra della navata, si dipanano oltre una cinquantina di affreschi devozionali, databili per lo più alla prima metà del XVI secolo. Fra questi si segnalano ben cinque dipinti raffiguranti, appunto, la «Madonna del latte» nella sua iconografia più consueta: la Vergine siede su un alto trono, reggendo in grembo il piccolo Gesù che accosta le labbra al seno della Madre. Maria – che in alcuni casi accarezza teneramente i piedini del Bambinello, in altri stringe con la mano destra un libro di preghiere – è ritratta solitamente con sguardo malinconico e pensoso, a indicare la sofferenza che le si agitava nel cuore presagendo il destino del Figlio. Il Divino Infante, invece, è raffigurato ora nel gesto di benedire i fedeli, ora mentre si regge, realisticamente, al busto materno. In un caso, inoltre, in un tondo dipinto nel passaggio fra la sacrestia e il coro, Gesù trattiene con una mano un piccolo uccello, che non è il più consueto cardellino (quale allusione alla futura Passione), ma piuttosto una rondine, come probabile richiamo alla Resurrezione. Si tratta, per tutti, di veri e propri ex voto che recano i nomi dei dedicatari di tali affreschi.

Garbagnate Monastero
Poco oltre, a Garbagnate Monastero, l’antico oratorio dei Santi Nazaro e Celso conserva l’immagine di una Madonna che allatta particolarmente interessante, che reca il giorno preciso della sua esecuzione: 27 febbraio 1526. L’interesse di questo affresco risiede soprattutto nella resa, assai particolareggiata, dell’abito di Maria, rappresentativo della moda tardorinascimentale. Curiosa anche la raffigurazione della Vergine a capo scoperto, senza velo, con i lunghi e mossi capelli che scendono sulle spalle, così come di solito appare più di frequente nell’iconografia della Maddalena.

Cremeno
Spostandoci più a nord, a Cremeno, in Valsassina, troviamo un’altra pregevole Madonna del latte sulla pala d’altare della chiesetta di San Rocco, oggi destinata a Sacrario dei Caduti. L’opera fu realizzata probabilmente durante una delle ricorrenti pestilenze che si abbattevano a quel tempo sul territorio lombardo, come testimonia la presenza accanto alla Vergine col Bambino dei santi Rocco e Sebastiano, invocati appunto contro il contagio. Si tratta di un dipinto dall’efficace forza espressiva, dagli accenti quasi fiamminghi nella resa del paesaggio sull sfondo, e reca la firma del frate domenicano Stefano da Pianello e la data d’esecuzione del 21 aprile 1523. Nell’angolo in basso a destra si può notare il volto del committente, che osserva in preghiera.

Concesa
Una devozione ancora ben viva è quella che si sviluppa attorno al santuario della Divina Maternità di Concesa, nel territorio di Trezzo sull’Adda. Anche qui, infatti, troviamo un’antica immagine con Maria che porge il seno a Gesù in fasce: un’icona semplice, e che tuttavia agli occhi dei fedeli è sempre sembrata «opera più di un angelo che di un uomo, dipinta in Cielo più che in terra», come si legge nelle cronache dei secoli passati. I padri carmelitani, secondo quella loro particolare spiritualità che ha sempre esaltato la maternità della Vergine, accolgono ancor oggi i genitori che vogliono consacrare i loro figli alla Madonna, soprattutto in occasione di una particolare cerimonia che si celebra nei primi giorni dell’anno, in concomitanza con la festa liturgica del Battesimo di Gesù. La consacrazione, infatti, avviene proprio davanti all’altare della Madonna del latte, verso la quale i bambini vengono sollevati e simbolicamente “offerti”.

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