Una pala dipinta dal maestro del Caravaggio nel 1577 per il Seminario di Milano: conservata al Museo Diocesano, oggi è esposta alla bella mostra all'Accademia Carrara. In attesa di poterla ammirare dal vivo, la ricordiamo oggi nella solennità dell'Annunciazione del Signore.
di Luca
FRIGERIO
Il capolavoro è nei dettagli. Nei lineamenti affilati di Maria e nel suo sguardo umile e pensoso ad un tempo. O nei riccioli biondi di Gabriele, trucioli dorati che quasi senza volerlo rimandano a Giuseppe e al suo lavoro di falegname. O nel <passo> stesso dell’arcangelo, che plana sulla scena in abile equilibrio su una nuvola che pare una tavola da surf… La solennità che ci apprestiamo a celebrare, il 25 marzo, può diventare l’occasione per riscoprire questa splendida Annunciazione dipinta di Simone Peterzano (1535-1599): un’opera custodita dal Museo diocesano “Carlo Maria Martini” di Milano, ma che oggi è in trasferta a Bergamo, prestata alla bella mostra realizzata dall’Accademia Carrara proprio per “raccontare” l’arte e la figura del pittore che fu maestro del Caravaggio.
Certo, la situazione attuale non permette visite a mostre e musei, ma proprio questa sospensione forzata può forse trasformarsi in una nuova e diversa opportunità di studio e di osservazione: una “contemplazione” virtuale, grazie agli strumenti cartacei e digitali, in attesa di poter tornare ad ammirare tanta bellezza dal vivo.
La pala dell’Annunciazione viene dipinta da Peterzano nel 1577 per il Seminario Maggiore di Milano, che allora era ubicato presso la prepositura di San Giovanni Battista in Porta Orientale. Si tratta, dunque, di una commissione di grande importanza, se si considera che siamo nel pieno dell’episcopato di san Carlo, all’indomani della terribile pestilenza, con il Borromeo fortemente impegnato nella revisione della formazione del clero alla luce dei dettami del Concilio di Trento.
Se i collaboratori del santo arcivescovo, insomma, decidono di affidare proprio a Simone Peterzano la realizzazione di questa sacra immagine, destinata alla devozione di seminaristi e sacerdoti, significa che in quegli anni, a Milano, il pittore era considerato tra i più attenti interpreti dello spirito della Controriforma – o, meglio, della Riforma cattolica – in campo stilistico e iconografico: le immagini, cioè, dovevano apparire chiaramente leggibili, prive di fantasiose invenzioni e di inutili orpelli (ovvero ortodosse e decorose).
Peterzano, del resto, si era già fatto ben conoscere in quegli anni per una nutrita serie di interventi in diverse chiese milanesi, a cominciare da San Maurizio al Monastero Maggiore, oltre ad essere uno stimato ritrattista. Proprio il tema dell’Annunciazione, del resto, doveva essergli congeniale, e la sua interpretazione particolarmente apprezzata dai committenti, se si considera che il nostro pittore ne realizza almeno altre tre versioni (oltre a un probabile “prototipo”, oggi nel museo francese di La Fère, ma proveniente dalla collezione Archinto di Milano).
Secondo gli studiosi, questa pala del Seminario – che, per inciso, fu portata a Venegono nel 1930, segnalata dallo stesso cardinal Schuster per il costituendo Museo diocesano – segna un momento decisivo nella pittura di Peterzano, che pur ispirandosi ancora una volta a Tiziano (di cui vantava di essere stato «alumnus») mostra qui di saper fondere il tipico colorismo veneto con lo schietto naturalismo lombardo, dando vita così a un linguaggio assolutamente personale. Da vero “maestro”, insomma, quale era ormai riconosciuto.
Anche se il nome di Simone Peterzano oggi è noto per lo più soltanto agli appassionati dell’arte del XVI secolo (e quindi appare davvero meritoria questa mostra bergamasca), non sorprende dunque che Michelangelo Merisi, che sarà poi soprannominato “Caravaggio”, sia stato affidato proprio a lui come guida e mentore sull’ardua strada della pittura. Dai documenti giunti fino a noi, sappiamo che l’allievo tredicenne avrebbe iniziato il suo apprendistato milanese a partire dal 6 aprile 1584, per la durata di quattro anni: a firmare il contratto, con tanto di penale salatissima in caso di inadempienza, è la madre Lucia Aratori (il padre Fermo era morto durante la peste), che si impegna a versare al maestro ben ventiquattro scudi d’oro ogni anno (un vero capitale, ma anche un investimento sul talento del figlio).
Cosa abbia visto l’adolescente Merisi in quegli anni possiamo immaginarlo (come del resto aveva già cercato di fare un’altra interessante mostra, realizzata proprio al Museo diocesano di Milano nel 2011): dalle tele “notturne” di Antonio Campi alle pale nobilissime di Ambrogio Figino; dalle escursioni alle cappelle del Sacro Monte di Varallo alle incursioni nelle chiese dove campeggiano maestri bresciani come il Moretto; fino alle suggestioni del “facchino” Lomazzo, gran teorico dell’arte… Ma soprattutto l’apprendista Caravaggio, mischiando colori e preparando le tele, avrà avuto modo di studiare proprio i lavori del suo maestro Peterzano: quelli nuovi e quelli già realizzati alcuni anni prima, come questa Annunciazione o come la Deposizione di Cristo oggi a San Fedele, di cui si ricorderà per la sua, meravigliosa, quando dovrà dipingerla a Roma per gli oratoriani di san Filippo Neri.
Per informazioni sulla mostra su Peterzano a Bergamo: www.lacarrara.it (catalogo Skira). In attesa della riapertura, il Museo diocesano di Milano presenta le opere delle sue collezioni e quelle della mostra “Gauguin, Matisse, Chagall” con schede e filmati attraverso il sito www.chiostrisanteustorgio.it e i suoi account social.