L'Anello del Pescatore scelto dal nuovo pontefice e realizzato in argento dorato, è stato ricavato da un modello ideato per papa Paolo VI, a lungo conservato dal suo segretario, monsignor Pasquale Macchi. Allievo di Messina e docente a Brera, Manfrini fu tra gli artisti italiani più significativi del secondo Novecento, animato da una profonda sensibilità religiosa.
Durante la messa solenne di inizio del suo pontificato, papa Francesco ha ricevuto anche l’Anello del Pescatore (o Piscatorio), che è uno degli antichi simboli della dignità del suo ministero petrino, documentato fin dal XIII secolo e utilizzato anche come sigillo per i documenti papali.
L’Anello, infatti, appositamente scelto da ogni nuovo romano pontefice in quanto successore del Principe degli Apostoli, deve il suo nome all’immagine di san Pietro che vi è raffigurato, a ricordare come egli fu chiamato da Gesù a diventare «pescatore di uomini». Utilizzato anche come sigillo per i documenti papali, l’Anello Pescatorio è documentato fin dal XIII secolo.
L’Anello del Pescatore che papa Francesco porterà all’anulare della mano destro non è d’oro, come di consuetudine, ma più semplicemente è d’argento dorato e rappresenta san Pietro con le chiavi. È stato ricavato da un modello plasmato da Enrico Manfrini, uno dei più significativi artisti italiani del nostro tempo, che lo aveva realizzato per papa Paolo VI (anche se non lo aveva mai portato, avendo egli sempre indossato l’anello fatto in occasione del Concilio ecumenico Vatico II). Il modello dell’Anello, infatti, è stato presentato a papa Francesco da monsignor Marini, maestro delle cerimonie liturgiche pontifice, che lo aveva ricevuto da un collaboratore del segretario di Montini, monsignor Pasquale Macchi.
Nato a Lugo di Romagna nel 1917, Enrico Manfrini ha studiato all’Accademia di Bologna e poi presso quella di Brera a Milano, allievo e assistente di Francesco Messina a cui poi subentrò nella cattedra per oltre un quarto di secolo, trascorrendo la sua vita nel capoluogo lombardo. Nel 1983 fu insignito del titolo di Commendatore della Repubblica Italiana e fu anche nominato Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine di San Gregorio Magno.
Autore di numerose opere monumentali, instancabile lavoratore, la sua opera spazia dal monumento ai caduti per la città di Busto Arsizio (1951) a quello a Papa Giovanni XXIII collocato nel Santuario della Madonna del bosco di Imbersago (1962). La sua presenza è ben visibile nella cappella privata di Papa Paolo VI di cui ha eseguito l’altare, il crocifisso e anche la porta bronzea. Fu definito lo "scultore dei Papi" perché nella sua lunga carriera ebbe occasione di ritrarre tutti i Papi succedutisi sul soglio pontificio da Pio XII (il cui busto è conservato nella Cattedrale di san Patrizio a New York) sino a Giovanni Paolo II. Condivise l’alta umanità di Papa Roncalli e di Papa Montini che posarono direttamente per lui e che ebbe modo di conoscere personalmente. L’impegno maggiore dell’artista è senz’altro da attribuirsi alle grandi porte e portali di Cattedrali e Chiese tra le quali, oltre alla porta del Duomo di Siena (1958), la porta bronzea della Chiesa dedicata a San Paolo a Damasco, la porta bronzea della Cattedrale di Troia (1971) la porta del Duomo di Cava dei Tirreni, un grande pannello per la facciata e le tre porte della Cattedrale di St. Mary a San Francisco, in California, realizzato unitamente ad altre opere esposte all’interno della chiesa nei primi anni ’70,le tre porte della Cattedrale di S. Nicolò a Lecco (1975) e, infine, la porta di San Paolo fuori le mura a Roma, inaugurata nel 2000 quando lo scultore aveva già 83 anni.
Per lungo tempo, e fino alla sua morte avvenuta il 16 giugno 2004, Manfrini ebbe il suo studio a Villa Clerici a Milano, dove fin dagli anni dell’episcopato di Montini ha sede la Galleria d’arte sacra dei contemporanei e dove si conservano molte delle sue opere.
«Uno scultore – lo ricordò l’amico don Giulio Madurini, anima di quella stessa Galleria – che modellava quanto egli percepiva nella bellezza, nella linearità sobria, nel vedere la realtà per quanto essa gli ha offerto di positivo. Nei corpi che rappresentava, egli vedeva la grazia soffusa da Dio nella Creazione. Per questo Enrico Manfrini ha potuto diventare scultore del sacro, e cioè colui che manifesta fin nelle veiscere più profonde quanto Iddio ci ha messo nell’essere». (L.F.)