È morto a 96 anni, dopo aver dedicato la vita alla Cattedrale con professionalità, impegno e umiltà. Artefice dei più importanti interventi di catalogazione e restauro, fu autore di studi e saggi scientifici e divulgativi

Brivio
L'architetto Brivio sui ponteggi accanto alla Madonnina

Il Duomo di Milano è stata la sua “casa” per quasi mezzo secolo. E ha lavorato perché fosse davvero la casa di tutti, milanesi e non solo. L’architetto Ernesto Brivio ci ha lasciato alla veneranda età di 96 anni, dopo aver dedicato tutta la sua esistenza, ogni sua energia e talento, a curare, tutelare, promuovere la Cattedrale ambrosiana. Che gli deve, per questo, un enorme debito di riconoscenza. Come tutti noi, del resto.

Nato a Milano nel 1927, dopo la laurea in architettura al Politecnico nel 1957 è stato assunto dalla Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano, dove ha svolto tutta la sua feconda carriera. Vice architetto della Fabbrica dal 1967, direttore dell’Archivio dal 1972, conservatore del Museo del Duomo, che poi ha diretto e completamente rinnovato, Brivio – che è andato in pensione nel 1994, rimanendo come consulente fino al 2001 – ha dato vita a innumerevoli progetti di studio e di restauro, di catalogazione e di recupero, che hanno riguardato l’immenso patrimonio artistico della Cattedrale, lavorando in particolare sul complesso delle vetrate. Ma anche al Sacro Monte di Varese e in molte altre realtà diocesane è rimasta la sua impronta.

Chi l’ha conosciuto, a partire dai suoi collaboratori, può testimoniare il suo tratto umano, amabile persino, accanto all’ineccepibile professionalità e competenza. L’architetto Brivio, infatti, è stato un autentico maestro per molti, un punto di riferimento nel panorama culturale ambrosiano, ma anche nazionale e internazionale.

La sua bibliografia è sterminata: decine di libri, centinaia di saggi e di articoli, scientifici, ma anche di taglio divulgativo. Così come lunghissimo è l’elenco delle attività da lui promosse e organizzate per e attorno il Duomo di Milano: mostre, convegni, restauri, presentazioni, conferenze. Coinvolgendo le scuole e gli studenti, in modo pionieristico e lungimirante.

Soprattutto a partire dal suo Museo, che per lui era specchio e chiave di comprensione del Duomo stesso: il luogo dove la Fabbrica svolgeva la sua azione di approfondimento culturale, studio e valorizzazione di quel «patrimonio di arte e fede» (sue parole ricorrenti), i due aspetti inscindibili della Cattedrale. E questo, in tema di arte sacra, in totale adesione con l’insegnamento del cardinal Montini che aveva avuto «l’onore di poter frequentare», come ricordava.

Ernesto Brivio, del resto, ha interpretato la sua molteplice attività al servizio della Fabbrica del Duomo non solo dal punto di vista professionale, ma come realizzazione della sua fede tramite il lavoro quotidiano.

Sentiva il compito di trasmettere l’eredità di cura (in senso ampissimo) della Cattedrale, che aveva ricevuto dalle decine di generazioni che lo avevano preceduto, sul cui solco si poneva con l’estrema umiltà di chi svolge un servizio per costruire qualcosa di più grande per chi verrà dopo e per la gloria di Colui per il quale la cattedrale fu edificata.

Tutto questo lo portava a una serenità e a un’assoluta assenza di protagonismo (nonostante abbia ricevuto molti riconoscimenti pubblici, che neppure voleva nominare, perché non era per questo che lavorava), insieme all’entusiasmo verso i giovani che incontrava nei diversi ambiti del suo lavoro. Uno dei tratti della personalità dell’architetto Brivio che ancor oggi è commovente ricordare. (L.F.)

Ti potrebbero interessare anche: