Al Memoriale della Shoah una giornata di studi organizzata dalla Cattolica e dalla Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea ha indagato questo rapporto nel periodo tra l’Unità d’Italia e le leggi razziali

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Un momento del convegno

Una giornata di studi promossa dall’Università Cattolica e dalla Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea, svoltasi martedì 23 maggio presso il Memoriale della Shoah di Milano, ha messo al centro l’editoria ebraica, di cui non si è parlato dall’Unità d’Italia fino al tempo delle leggi razziali. Dopo un inizio (tra il Cinquecento e il Seicento) in cui la differenza e la competizione tra editori ebrei e cristiani sono state forti, dalla fine dell’Ottocento gli editori sono stati semplicemente italiani che hanno contribuito all’Unità d’Italia, indipendentemente dalle loro origini cristiane o ebraiche, periodo che ha coinciso con la fioritura dell’editoria e della cultura libraria nel nostro Paese.

Dopo i saluti iniziali di Ricardo Franco Levi (Presidente dell’Aie), sono intervenuti alcuni tra i maggiori esperti di editoria e cultura ebraica, tra cui Edoardo Barbieri (Direttore del Creleb e del Master Professione Editoria dell’Università Cattolica di Milano), Gadi Luzzatto Voghera (Direttore della Fondazione CDEC) e Vittore Armanni (Responsabile del patrimonio archivistico e bibliografico della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli) – vedi qui i profili dei relatori.

La storia

«Il convegno ha puntato l’attenzione su un fenomeno cruciale poco esplorato – spiega Barbieri -. Si è trattato di indagare come il mondo ebraico abbia contribuito allo sviluppo dell’editoria italiana moderna. Nel periodo che si estende dall’Unità d’Italia, quando i ghetti vengono aboliti, e le leggi razziste del 1938 si può osservare un vero ecosistema. Si tratta di una rete di editori ebraici integrati nella realtà a loro contemporanea, aperto all’editoria libraria come a quella periodica, dedicato ai lettori adulti di entrambi i sessi, ma anche a bambini e ragazzi. Si tratta spesso di esperti del commercio del libro e librai d’antiquariato (frequentemente provenienti dall’estero) che lentamente iniziano a dedicarsi alla produzione del libro in Italia, diventando editori. Tipiche caratteristiche sono sia una grande innovatività, sia una forte apertura internazionale. Durante il Fascismo questi editori, come gli altri, trovarono vari modi per proseguire la loro produzione, cedendo talvolta a qualche compromesso. Nel 1938 però le leggi razziste misero fine a questa avventura, impedendo a editori e autori ebrei di continuare a pubblicare. Si tratta di una storia drammatica, ma insieme ricchissima di esperienze positive. Occuparsene ha un valore civile e culturale profondo, perché costringe a riflettere sul pluralismo dell’editoria come garanzia della democrazia. Non è un caso dunque che, assieme al Cdec, la giornata sia stata organizzata dai Master in Professione Editoria cartacea e digitale dell’Università Cattolica, che vuole essere assieme una grande scuola di professionalità e di cultura editoriale».

La realtà attuale

Oggi in Italia ci sono circa 5.000 case editrici; le radici di alcune di queste sono legate alla cultura ebraica (vedi qui una scheda). Il fermento culturale successivo all’Unità d’Italia ha permesso infatti di assistere a una sempre maggiore integrazione della popolazione ebraica, la cui borghesia, nei grandi centri culturali quali Milano, Firenze e Roma, ha rivestito incarichi di primo piano nel mondo editoriale e giocato un ruolo cardine nell’apertura dell’orizzonte culturale italiano verso l’estero.

Importanti case editrici sono fondate da personalità ebraiche, come Emilio Treves, fondatore della casa editrice F.lli Treves, Federigo Enriques, della casa editrice Zanichelli, Leo Samuel Olschki da cui l’omonima casa editrice e – anche qui la casa editrice ha il nome del suo fondatore – Angelo Fortunato Formíggini, protagonista della cultura italiana degli anni Venti e Trenta e primo suicida contro le leggi razziali e le persecuzioni del regime fascista. Molti gli autori che devono a questi editori la loro fama. Tra i tanti esempi, la scoperta da parte di Treves di D’Annunzio e Verga. Sempre Treves è stato anche il primo editore a pubblicare in Italia Tolstoj. Determinante anche il contributo nel campo della distribuzione: si deve infatti a Giulio Calabi la nascita del più grande distributore librario della penisola, Messaggerie Italiane.

Un apporto rilevante

«A 85 anni dalle Leggi razziali italiane – aggiunge Edoardo Barbieri –  si è voluto dar voce a una necessità storica impellente: tentare, attraverso la voce di molti esperti, di descrivere un ecosistema editoriale che vide per oltre mezzo secolo non solo la forte integrazione degli ebrei italiani nella vita culturale del paese, ma un loro specifico e rilevantissimo apporto: si pensi a figure come quella di Laura Orvieto per la letteratura infantile o di Angelo Fortunato Formíggini per la promozione editoriale».

«L’emancipazione degli ebrei in Italia – osserva Gadi Luzzatto Voghera – ha liberato risorse intellettuali che fino alla metà dell’Ottocento erano rimaste inespresse. Il binomio ebreo-scrittura, tradotto nella tradizione nel concetto di “popolo del libro”, ha trovato nell’esperienza dell’Italia postunitaria nuove strade, che il convegno ha tentato di esplorare».

Con una lettera allo stesso Luzzatto Voghera è stato comunicato il conferimento al convegno della Medaglia del Presidente della Repubblica. Gli atti saranno pubblicati da Ronzani Editore, casa editrice specializzata in narrativa, saggistica e poesia con una collana specificatamente dedicata alla pubblicazione di volumi sulla cultura tipografica ed editoriale.

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