«C'è sempre un risvolto positivo anche nelle sventure», afferma l'artista cieco dall'età di 14 anni, che oggi presenta una selezione delle sue opere presso la Sala Museo della chiesa di San Marco a Milano, fino al prossimo 19 ottobre.
di Giovanna CALDARA
Conoscere l’arte con un approccio tattile. Toccare volti, corpi, gesti, espressioni, scoprire volumi e prospettive attraverso le mani. Per avere tutti – non solo chi non può misurarsi con la luce e l’immagine – la percezione artistica attraverso suggestioni plurisensoriali extra visive. È quanto invita a fare Sesto senso, la mostra dello scultore non vedente Felice Tagliaferri, allestita fino al 19 ottobre nella Sala Museo della chiesa di San Marco a Milano (orario continuato dalle 10 alle 19).
Muscoli da sportivo, sorriso da buontempone, Felice è diventato cieco per un’atrofia del nervo ottico a 14 anni. «Il mondo che ho conosciuto mi è rimasto impresso nella memoria. Questo è un vantaggio per molti aspetti, ma mi porto dietro il peso di ciò che ho perduto. Forse senza questa incancellabile memoria, non avrei potuto fare lo scultore. C’è sempre un risvolto positivo anche nelle sventure. Adesso i miei occhi sono sulla punta delle dita e nel cervello. I miei polpastrelli hanno una sensibilità prodigiosa. Il mio cervello disegna immagini assorbendo parole, suoni, sensazioni», si legge in E li chiamano disabili. Storie di vite difficili, coraggiose, stupende (Rizzoli), dove il giornalista Candido Cannavò ha raccolto la storia dello scultore emiliano di origini pugliesi, che è anche tra i protagonisti del docufilm Per altri occhi di Silvio Soldini e Giorgio Garini, da pochi giorni nelle sale cinematografiche.
Felice è estroverso, gioca a baseball, è stato judoka e ha scoperto la scultura quasi per caso. Nel 1998 il maestro d’arte e scultore bolognese Nicola Zamboni tiene un corso per capire come un cieco possa riprodurre immagini reali. Felice vi partecipa e non solo dimostra come questo sia possibile, ma si rende conto che dare forma alla materia è quello che più desidera fare. Grazie alla sua forza d’animo e al suo talento, realizza un sogno: in una chiesa sconsacrata collocata all’interno della splendida cornice di Villa Terracini a Sala Bolognese (Bo) (www.chiesadellarte.it), fonda la “Chiesa dell’Arte”, la prima scuola d’arte plastica al mondo diretta da uno scultore non vedente.
Tagliaferri lavora il marmo, la pietra di Vicenza, la creta e il legno, e tiene corsi indirizzati a chiunque voglia avvicinarsi alla scultura (studenti, appassionati, anziani…). Per lui l’arte deve essere di tutti. Ed è proprio dalla negazione di questo suo principio fondamentale che nasce Il Cristo Rivelato, la sua opera più importante, che è anche al centro della mostra allestita nel cuore di Brera.
Nel 2008, durante una visita a Napoli, a Tagliaferri viene impedito di ammirare “a suo modo”, cioè con le mani, il Cristo Velato di Giuseppe Sanmartino esposto nella Cappella Sansevero. Felice decide così di realizzarne una sua versione: in un unico blocco di marmo di Carrara riproduce il Cristo a grandezza naturale appena deposto dalla croce. La fisicità del Cristo Rivelato (“velato per la seconda volta” o “svelato ai non vedenti”)è così reale (alla vista e al tatto) da sorprendere e lasciare esterrefatti. A oggi, quest’opera è stata vista da centinaia di migliaia di persone, è stata benedetta da Papa Ratzinger, dal cardinale Dionigi Tettamanzi e dall’Arcivescovo di Milano, cardinale Angelo Scola.
Il percorso espositivo in San Marco raccoglie circa 30 opere di Tagliaferri: busti dal sapore greco nella più autentica tradizione scultorea neoclassica e dal gusto settecentesco, nudi femminili plastici, un “Cane alato”, il ritratto del giornalista e amico Cannavò e alcune opere a carattere religioso come il Volto di Cristo, La Madonna e Karol. Sesto Senso mostra quanto avesse ragione il Piccolo Principe quando diceva che «non si vede che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi».