Fondazione Ambrosianeum e In Dialogo presentano in prima visione assoluta il docu-film di Simone Pizzi, realizzato nell’ambito del progetto “Migranti: religioni nella metropoli” con il contributo di Fondazione Cariplo e Fondazione Ambrosiana Attività Pastorali
L’immigrazione è solo emergenza? O esiste una dimensione “ordinaria” del fenomeno migratorio che parla la lingua del radicamento, dell’integrazione, della quotidianità, e in cui la dimensione religiosa gioca un ruolo fondamentale?
Il docu-film di Simone Pizzi (Habanero), Figli di Abramo, realizzato nell’ambito del progetto “Migranti: religioni nella metropoli” con il contributo di Fondazione Cariplo e Fondazione Ambrosiana Attività Pastorali, prova a rispondere a questi interrogativi raccontando le storie quotidiane di chi, arrivato da lontano, ha saputo mettere radici in Italia con l’aiuto della fede, qualunque essa sia.
Il percorso si snoda attraverso i racconti personali dei protagonisti, appartenenti a diverse comunità religiose di immigrati: i cattolici di origine filippina, gli ortodossi rumeni e i musulmani di area mediterranea.
La proiezione in prima visione assoluta avrà luogo a Milano presso la Fondazione Ambrosianeum (Via delle Ore, 3) sabato 14 ottobre alle ore 10.
Al termine si terrà una conversazione con interventi di mons. Luca Bressan, Vicario Cultura, carità, missione, azione sociale, Diocesi di Milano; Vincenzo Cesareo, Comitato Permanente Fondazione Ambrosianeum; Anna Scavuzzo, Vicesindaco di Milano, Assessore all’Educazione e Istruzione Comune di Milano; Sergio Urbani, Direttore Generale Fondazione Cariplo. Modera: Paolo Danuvola, Presidente cooperativa In Dialogo.
Saranno presenti gli autori e alcuni dei protagonisti del film. Il film sarà affiancato da alcune foto di scena realizzate da Giusy Tigano.
«I mass-media concentrano la loro attenzione sull’emergenza dell’immigrazione», spiega il regista Simone Pizzi. «Mi sono chiesto se il tema dei migranti si può circoscrivere alla contingenza di questi ultimi anni oppure se è necessario guardarlo anche da altri punti di vista. Così è nata l’idea di cercare delle realtà che avessero già affrontato le prime difficoltà come quella della lingua, della ricerca del lavoro e del ricongiungimento della famiglia così da indagare in che modo questi primi problemi sono stati superati dalle persone che hanno messo radici qui a Milano».