Un’intervista all’umanista francese sulla «Fratelli tutti» nella puntata in onda alle 24.25 su Rai1 e Raiplay

Edgar Morin
Edgar Morin

Come declinare, durante il millennio in corso e alla luce dei cambiamenti imposti dalla pandemia la “fraternità cristiana”? Edgar Morin, l’umanista planetario che ha compiuto l’8 luglio 100 anni di vita, rende omaggio a papa Francesco, il Papa delle Encicliche Laudato si’ e Fratelli tutti e, in un’intervista, a Rai Vaticano, per lo Speciale di «Viaggio nella Chiesa di Francesco – Nel segno della fraternità», il programma di Massimo Milone e Nicola Vicenti in onda domenica 18 luglio alle 24.25 su Rai 1 e Raiplay (in replica su Rai Storia il 19 luglio alle 12.15, e per l’estero sui canali di Rai Italia), dice: «Devo rendere omaggio a papa Francesco, perché, al momento è il solo ad avere una coscienza planetaria, l’unico che ha la coscienza di tutta l’umanità. Oggi, ci preoccupano situazioni particolari e, a causa della globalizzazione, soprattutto questioni di carattere economico; mentre bisognerebbe avere a mente la necessità di trovare una strada che permetta a tutti gli esseri umani e a tutte le nazioni di confederarsi, di comprendersi tra loro, che promuova la fraternità, la comprensione. Sono gli ingredienti intellettuali e spirituali necessari per una nuova politica, per un cambiamento di rotta».

Cento autori italiani, coordinati dal filosofo Mauro Ceruti, raccontano in un libro, i 100 anni del pensatore della “complessità” che chiede rigenerazione della politica, protezione del pianeta, umanizzazione della società. Nell’intervista a Rai Vaticano, raggiunto a Parigi, dice ancora Morin: «Io credo che nelle diverse Encicliche, Francesco ci ha abbia fatto vedere, quanto sia importante proteggere l’ambiente per la salvaguardia del pianeta e per quanto riguarda le catastrofi ci ha fatto notare l’importanza fondamentale della fraternità. Penso che le sue Encicliche dovrebbero incoraggiare una unione dei destini di tutta l’umanità per far fronte ai pericoli insieme».

Inoltre, nello Speciale, il viaggio di Filippo Di Giacomo nel Magistero della Chiesa con le immagini e il sonoro di Pio XII che, nel radiomessaggio del 24 agosto 1939, insegnava che «Nostro Signore Gesù Cristo ha voluto tutti gli uomini fratelli». Poi, la declinazione della fraternità in Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II.

Su come l’Enciclica di papa Francesco stia interrogando credenti e non credenti, parla il direttore de La Civiltà Cattolica, padre Antonio Spadaro: «Francesco usa l’espressione “viandanti fatti dalla stessa carne”. Allora se così è non ci sono limiti alla fraternità umana. Riconosciamo il mondo come una unità dobbiamo stare semmai più attenti a quei luoghi nei quali questa fraternità non è vissuta o messa in discussione, dove ci sono conflitti. Francesco è stato molto chiaro nella sua Enciclica descrivendo la situazione del mondo. Ricordiamo anche i discorsi fatti durante la pandemia, ha chiaramente detto che ci sono dei conflitti che vanno assolutamente conclusi. Il lavoro del Papa per la pace è molto importante». Per il presidente della Comunità di Sant’Egidio Marco Impagliazzo la parola chiave di questa Enciclica è «fraternità». Dice Impagliazzo: «La “Fratelli tutti” è molto avanti, perché come ha mostrato la pandemia, ci si salva solo insieme. Sarebbe folle immaginare dei percorsi di salvezza nazionali o per gruppi particolari. Questa pandemia ci ha mostrato esattamente il contrario. Siamo molto più uniti di quello che crediamo e dobbiamo procedere più uniti. Quello che dobbiamo promuovere è il dialogo dell’amore e dell’incontro tra le persone, non solo tra leader religiosi, ma anche tra popoli perché innanzitutto si conoscano. Viviamo nel tempo della globalizzazione e dobbiamo capire chi è l’altro, qual è la sua religione, qual è la sua cultura, qual è la sua provenienza. Il dialogo serve proprio a questo, non tanto a mischiarci ma a conoscerci e a capirci e a rispettarci». Stefania Falasca, vaticanista del quotidiano Avvenire: «Fratelli tutti rappresenta non solo il punto di convergenza di ampia parte del Magistero di Papa Francesco ma potrebbe considerarsi una sua ricapitolazione. Certamente una chiave di volta e certamente una provocazione considerato il contesto epocale che stiamo attraversando. Chiave di volta perché presuppone una nuova cultura, una rifondazione culturale che vede il dialogo come metodo e il cui fine è perseguire il bene comune. La Fratelli tutti è un sasso gettato nello stagno della società, della politica, della Chiesa. Recentemente nel viaggio in Iraq abbiamo assistito alla declinazione di questa Enciclica. Per noi cristiani, per i cattolici in particolare, è una provocazione perché la Chiesa non deve essere estranea al perseguimento di un bene comune per tutta l’umanità”.

Nello Speciale, infine, un giorno all’Università Lateranense, l’università dove si formano laici e religiosi cattolici. Un corso di laurea in Scienze della pace nella prospettiva “di una Chiesa più marcatamente in uscita e missionaria” è stato istituito per volontà di papa Francesco con la lettera “Desiderio di pace” del 12 novembre 2018. «Il documento di base del Pontificato, la Evangelii Gaudium – ci spiega il Rettore Vincenzo Buonomo – al numero 30 dice che bisogna superare una tentazione quello del si è sempre fatto così. Allora noi abbiamo cercato di mettere in attivazione questo invito del Papa attraverso un corso di studi che tiene insieme economia, diritto, sociologia, teologia, filosofia per dire che c’è un percorso non soltanto interdisciplinare ma transdisciplinare, con l’obiettivo di formare persone che siano in grado di costruire una architettura della pace. Oggi ci troviamo in un contesto geopolitico, anche in un contesto di rapporti umani in cui il conflitto è prevalente e nella prevalenza del conflitto, dobbiamo avere non semplicemente delle risposte, ma la capacità di governare i processi di pace. Questo ha bisogno di persone che siano in grado di dare non soltanto professionalità ma soprattutto uno spirito diverso».

Nello Speciale la storia di padre Antoine Mekhallale, un giovane sacerdote, scampato ai bombardamenti di Aleppo, che grazie a una borsa di studio sarà uno dei primi laureati in Scienze della pace. «A settembre – dice padre Antoine – discuterò la mia tesi intitolata “Fraternità e pace, due pilastri del pensiero sociale di Papa Francesco” in cui ho potuto scoprire il concetto della fraternità creaturale, che cioè tutti noi siamo stati generati, creati come fratelli, figli di un unico Dio. Forse noi come mediatori di pace abbiamo questo compito di trasmettere questo concetto e renderlo chiaro agli occhi di tutta la gente».

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