Esposta nella chiesa di San Raffaele a Milano, centro eucaristico della città, l'opera dell'artista contemporaneo che interpreta la "discesa di Gesù agli Inferi". Una meditazione in questo tempo di Quaresima.

Mons. Domenico SGUAITAMATTI
Ufficio Beni Culturali Diocesi di Milano
Rettore Centro Eucaristico San Raffaele

Bianchetti san Raffaele Concluso

«Fu crocifisso, morì e fu sepolto; discese agli inferi; il terzo giorno risuscitò da morte». L’opera di Franco Bianchetti dà luce poetica e vibrazione cromatica a questa verità che noi professiamo nel simbolo detto degli “Apostoli”.

“Concluso”: drammatica eco della parole del Cristo morente “Tutto è compiuto”(Gv 19, 30 a). “Concluso”: lacerante icona di una ferita da cui “subito uscì sangue ed acqua” (Gv 19, 34). “Concluso”: testimone di un ultimo soffocante respiro dal sapore di morte, ma già primo inconfondibile vagito di una vita che è nuova “e chinato il capo donò lo spirito” (Gv 19, 30 b). “Concluso”: non come fine, ma “oltre” la fine, porta di luce e di vento che si apre improvvisa non su un inizio illusorio, ma sull’ “Inizio”.

“Concluso”:kérigma di trasparente, luminosa bellezza che annuncia la vittoria di Cristo sul male e la morte. “Concluso”: felice compendio tra diafane, leggere e trasparenti schegge di vetro e duri, pesanti, opachi lacerti di sassi e metallo: tutti frammenti di cose che anche oggi urlano: “Cristo è davvero risorto”.

E il Risorto appare “sotto altro aspetto” (Mc 16, 12). Si fa trasparente forza vitale, indelebilmente segnato dal rosso vivo della sua passione attraversato da lacerti di intenso e profondo blu di una umanità caparbiamente cercata, e precipita giù a rompere le nere e dure “porte degli inferi” che si spezzano, come fragile roccia, ai suoi piedi.

E’ la forza ancora della croce che liberata dalla sua inconfondibile forma di strumento di morte, si trasforma in un incrocio potente di linee di forza che si impiantano decise sul buio di un’umanità ormai violato, lacerato, aperto, vinto e adesso abitato di Luce e di Vita.

Si rompe, tutto attorno, quella gabbia di morte che pretendeva di inghiottire per sempre l’uomo e lo stesso Cristo: i pesanti tubi sembrano sciogliersi e salire su, come figure di uomini liberi, verso l’alto, verso il cielo nella direzione segnata dalle linee verticali bianche che ritmano il materico, grumoso e frastagliato pannello di fondo, metafora di ogni vita che però adesso sa che può intraprendere la via della Luce e della Vita, conosce il luogo esatto dell’appuntamento dove l’aspetta il “Concluso”, il Risorto per la gioia e lo stupore dell’incontro.

L’artista sostiene che la “verità transita nel visibile, ma non sta nel visibile”: questa è forza della cifra estetica di Franco Bianchetti, anche in questa sua opera esposta.

Di lui l’esperta d’arte Carmela Perrucchetti dice: “Questo è il registro linguistico, il codice segnico di Franco Bianchetti, che fa dell’espressione artistica un mezzo poetico, che punta alle profondità più recondite”. Cecilia De Carli, critico d’arte e insegnante all’Università Cattolica di Milano, riassume in questo modo il valore dell’arte di Bianchetti: “ … interpreta magistralmente sub specie lucis il paradosso cristiano che è quello di tenere insieme umano e divino, il confine dei quali è misterioso, ma la cui centralità è l’origine e il termine di tutto il significato”. Infine il grande giornalista e critico d’arte, da poco scomparso, Domenico Montalto, delle opere di Franco Bianchetti scriveva che esse sanno “unire la dimora terrena e quella celeste”.

È con questi occhi capaci di “Oltre” che dobbiamo contemplare “Concluso”.

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