Omaggio ai due noti artisti brianzoli in occasione dei 40 anni del Circolo Culturale Don Bernasconi.
di Alberto
MOIOLI
Per i quarant’anni di attività del Circolo Culturale Don Ennio Bernasconi di Lissone, a Palazzo Terragni si racconta la storia dell’associazione attraverso una sessantina di immagini fotografiche particolarmente significative. Come da tradizione, questo appuntamento annuale ha un importante momento dedicato alla mostra d’arte che, per la straordinaria occasione, presenta il lavoro di due grandi artisti vicini all’associazione, Alberto Ceppi e Giorgio Galletti.
Due artisti, due scultori, due anime differenti unite dalla stessa passione per la manipolazione della materia e per la costante ricerca della bellezza interiore. Per entrambi è arduo presentarne i profili senza dover necessariamente tralasciare qualcosa del loro lungo e affascinante percorso artistico, proprio per questo motivo l’organizzazione del Circolo Don Bernasconi ha deciso di riservare a loro un momento in cui si presenteranno e racconteranno la loro arte confrontandosi con il pubblico.
Alberto Ceppi, personaggio straordinario alla costante ricerca di un linguaggio particolarmente profondo, ricco di simboli e significati che esaltano il valore stesso di ogni sua creazione. Nel 1989 Mons. Gianfranco Ravasi , Prefetto della Biblioteca Ambrosiana, apriva la sua presentazione dedicata ad Alberto Ceppi citando il celebre Joan Mirò: «Per me un quadro deve far scintille. Deve abbagliare come la bellezza di una donna o di una poesia. Deve emettere raggi come le selci che i pastori dei Pirenei usano per accendere le loro pipe». Mons. Ravasi faceva riferimento alla contemplazione necessaria nell’atto d’assimilazione della bellezza di un’opera d’arte, il momento in cui il fruitore riesce a farsi coinvolgere dal manufatto fino ad entrare in simbiosi con i codici del linguaggio artistico utilizzato dall’autore.
Alberto Ceppi riesce così a coinvolgere e ad emozionare attraverso un’indagine espressiva che appartiene all’intimo sentire di un uomo sensibile e particolarmente riflessivo. L’esperienza all’Accademia di Brera, prima come allievo poi come insegnante, fanno parte di un cammino lungo e affascinante, durante il quale, Ceppi ha saputo raccoglierne i frutti e a trasmettere un impronta forte e decisa nel mondo dell’arte contemporanea. È così che sono nate opere immortali come “Kosmos”, primo monumento al mondo dedicato ai caduti dell’Onu, il “Cristo morto” in bronzo esposto alla Basilica S. Giuseppe di Seregno e la splendida “Racconti” oggi esposta al Parco delle Sculture di Villa Mariani a Casatenovo, ma anche le vetrate, i portali e molto altro per una storia ancora tutta da raccontare.
Alberto Ceppi come Giorgio Galletti ha disseminato opere in tutto il mondo, piazze, chiese, musei e collezioni private. Giorgio Galletti è un autentico fiume in piena, difficilmente riesce a contenere il suo entusiasmo, le sue emozioni ma soprattutto la sua passione per l’arte e la scultura. Il Papa, l’ultima cena, la moglie e le figlie tutto è rappresentato nelle sue opere dove celebra costantemente la bellezza della vita attraverso un senso straordinario di spiritualità.
Giorgio Galletti è un uomo buono la cui vitalità passa dal suo cuore, alle mani, mai ferme, fino ad animare la materia, lavora liberando dal gesso, angeli, madonne, santi e papi. Nel suo studio Papa Francesco sembra osservare silenziosamente Papa Benedetto XVI, sovrastati dalla gigantografia che ha immortalato per sempre l’attimo in cui Galletti consegna una sua opera nelle mani di Papa Giovanni Paolo II. Un momento determinante per l’artista che da quel momento ha seguito il consiglio che gli venne offerto dal Sommo Pontefice: “Ti auguro di poter vivere della tua arte”. E così è stato. La visita nello studio di Galletti termina sempre con la testa piena di informazioni, dati, racconti e il cuore colmo di emozioni.