Molte le iniziative in tutta Italia nel centenario della nascita di questo protagonista dell'arte del Ventesimo secolo, di cui noi ricordiamo qui soprattutto il suo interesse per i temi religiosi, dalla figura di Cristo al Vaticano II

di Luca FRIGERIO

Sassu Colombo

 «Il tema della morte di Cristo è ricorrente nel mio lavoro, con un’insistenza ossessiva». Quasi una confessione, questa di Aligi Sassu, allora quarantacinquenne. La confessione di chi, giunto nel mezzo del proprio cammino umano ed artistico, considerava quanto di più significativo aveva fatto e avrebbe ancora potuto fare, eliminato ogni orpello intellettuale, depurata ogni scoria decorativa. «È questo un tema – continuava infatti l’artista, fieramente laico, irrinunciabilmente cristiano – attorno al quale la mia fantasia lavora, quasi un configurarsi dell’urgente, tragica condizione dell’uomo, dell’uomo della nostra epoca. Quel ponte che dalla nascita dell’uomo ci conduce passo passo alla morte è come una vena viva di sangue che si rivela in tutti i suoi elementi di sacro, di tragico, di grottesco, ma sempre lo specchio della nostra umanità, della nostra ansia del vero, del nostro essere uomini veri tra gli altri uomini veri…».

«Ansia del vero»: sì, alla fine è tutta qui la poetica, come la ricerca, di Aligi Sassu. E non è poca cosa. Né pare troppo tardi riconoscerlo oggi, nel centenario della sua nascita, mentre in tutta Italia si stanno svolgendo iniziative e celebrazioni per ricordare questo grande protagonista dell’arte del Ventesimo secolo. Come alla Casa natale Pio XI di Desio, ad esempio, dove il maestro ha lasciato opere potenti. O come la bella mostra in corso a Besana Brianza, aperta a Villa Filippini fino al 25 novembre (info: www.amicialigisassu.it). O, ancora, come l’interessante volume pubblicato dalla Fondazione Crocevia di Milano, che analizza, anniversario nell’anniversario, il rapporto di Sassu con l’evento del Concilio Vaticano II, a cinquant’anni dalla sua apertura.

Il colore pare, ed è davvero, il connotato più eclatante dell’arte poliedrica di Aligi (pittore, innanzitutto, ma anche scultore, disegnatore, scenografo, mosaicista e quant’altro). Un colore puro, nei toni accesi della felicità come nelle ombre cupe del dolore. Una cromia agitata nelle corse impetuose dei suoi cavalli, nel vento incessante che sembra animare anche i suoi paesaggi (agresti o urbani che siano), nelle forme flessuose delle sue figure. Come nei celebri , autentico “caposaldo” della pittura di Sassu, che sono l’essenza stessa della giovinezza, nella rappresentazione di una nudità primordiale, adamitica, di chi si affaccia al Creato con la purezza dell’alba, ma già imbevuto di quel «sangue che è vita e poi sarà morte».

Nudi, già, come è nudo il Cristo deposto dalla croce. Corpo straziato, umiliato, ucciso, in cui Aligi Sassu, che per il suo aperto antifascismo ha subito anni di carcere e di confino, più e più volte riassume nel tempo infame della guerra tutti gli strazi, tutte le umiliazioni, tutti i massacri inflitti a un’umanità innocente. La sua pennellata insolitamente densa, in quei mesi di tragedia, è il grido della Maddalena sul Golgota. Il suo segno fattosi duro, il pianto composto della Vergine. E più che agli uomini, Sassu, questo socialista senza partito, questo cristiano senza Chiesa, come lo aveva definito Ignazio Silone, sembra voler chiedere direttamente a Dio il perchè di tanto male, le ragioni di un odio così devastante…

Ma come l’amato Dante, della cui Commedia illustra splendide pagine (in mostra oggi proprio a Besana), l’artista milanese compie nella sua vita un vero e proprio cammino d’illuminazione. Dove la rabbia iniziale per quella Chiesa che sente distante e ipocrita, come un nuovo Sinedrio da ritrarre con feroce ironia, si stempera passo dopo passo in un desiderio di capire, e di essere accolto. E che culmina proprio nell’entusiasmo di quel Vaticano II di cui egli stesso diventa sincero cantore, finalmente riconciliato con una fede che ha trovato la sua casa. Dopo la Via Crucis, i colori di Sassu annunciano ora la Resurrezione universale, come nella chiesa San Pio X di Desio.

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