È stato uno dei massimi esperti della storia della Chiesa. Fondamentali i suoi studi sui Concili moderni, da Trento al Vaticano II. Ma per gli studiosi è stato un punto di riferimento anche per il metodo e per l'approccio all'insegnamento.

OMalley

Tra i maggiori storici della cultura religiosa d’epoca moderna, il gesuita John O’Malley è morto ieri, domenica 11 settembre 2022, a Whashington, dove era ancora impegnato nella Georgetown University. Aveva 95 anni.

Nato nel 1927 in una cittadina dell’Ohio da una famiglia di modeste condizioni, era entrato a 18 anni nella Compagnia di Gesù, mostrando subito le sue doti intellettuali, che gli permisero di conseguire il dottorato in Storia ad Harvard.

Si specializzò nella storia della Chiesa, e in particolare ha dedicato studi fondamentali ai Concili, da quello di Trento al Vaticano II, di cui era uno dei massimi esperti.

Solo poche settimane fa, Festo Mkenda, direttore accademico dell’Archivum Romanum Societatis Iesu, su Civiltà Cattolica ha dedicato a padre O’Malley, definito «uno dei più importanti storici del nostro tempo», un intenso omaggio, nel quale si legge:

«Dall’alto del curriculum di 12 monografie a sua firma, quattro delle quali di impatto rivoluzionario e molte altre pluripremiate, nella classifica degli studiosi O’Malley occupa un posto rilevante. Tuttavia, è pronto a ricordarci che “gli storici non sono spiriti disincarnati”. E forse sarà stato il timore di essere scambiato per un titano di stirpe divina che gli ha ispirato The Education of a Historian, come un testamento che rivolge a noi proprio allo scopo di attestare la sua profonda umanità. Questo libro racconta «la storia di come abbia fatto un giovane di modeste origini di una piccola città dell’Ohio a raggiungere credito internazionale come storico della cultura religiosa dell’Europa moderna»

«Nel corso degli anni la scrittura di O’Malley è stata guidata da un preciso principio: se avesse davvero capito un problema, avrebbe dovuto essere capace di spiegarlo a un vispo bambino di 10 anni. “Se non ne fossi stato in grado – egli scrive –, sarebbe stato segno che stavo girando intorno al problema, piuttosto che colpire nel segno”».

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