Memoria di san Giuseppe lavoratore. Centri di formazione professionale, Milano, Duomo – 4 maggio 2023
- L’insopportabile noia del malumore
Appena finita la creazione, quando tutto era bello e Dio era contento perché ecco, era cosa molto buona, mentre Dio aveva cessato da ogni lavoro che egli aveva fatto creando, cominciò la storia dell’uomo e della donna.
Come cominciò la storia degli uomini? Io credo che sia cominciato con una protesta. Infatti il mattino del primo giorno l’uomo e la donna si presentarono alla presenza di Dio e di tutte gli angeli del cielo e cominciarono a lamentarsi. Si lamentavano soprattutto a proposito del tempo. “Ma, caro Dio, quello che hai fatto è sbagliato. Sette giorni sono troppo pochi. Abbiamo bisogno di più tempo, con tutto quello che c’è da fare. Abbiamo bisogno di più giorni per lavorare, per guadagnare, per divertirci. Sette giorni sono troppo pochi”.
Allora Dio si consultò con il Figlio e con lo Spirito Santo e infine si dissero: “Questi sono il primo uomo e la prima donna, sono un po’ ingenui, proviamo a fare qualche esperimento e vediamo come va”. Si mise mano al cielo, al sole e alla luna e così il tempo si organizzò in dieci giorni, invece che in sette.
Dopo qualche tempo però l’uomo e la donna si presentarono un’altra volta al Signore Iddio e ripresero a lamentarsi: “Ma, Signore Iddio, dieci giorni sono troppi, troppo lavoro, troppa fatica. Ci stanchiamo troppo”.
Ripresero le consultazioni e fu deciso per cinque giorni. Dopo qualche esperimento, ripresero i lamenti: “Ma no, Signore Iddio, cinque giorni sono pochi, non si fa tempo a cominciare che già si è finito. Forse avevi ragione tu: sette giorni è la misura giusta!”.
- L’Eterno entra nei giorni.
Ma il Signore Iddio aveva capito che non si tratta del numero dei giorni, ma della qualità della vita e di come si attribuisce valore al tempo. Perciò si consultò con il Figlio e con lo Spirito Santo.
L’esito della consultazione fu la missione del Figlio che divenne figlio dell’uomo per vivere i giorni e per trovare il modo di risolvere il malumore degli uomini.
Il Figlio di Dio entrò nel tempo visse tutti i giorni e le stagioni e gli anni dei figli degli uomini. E infine offrì la possibilità di vivere il tempo e di essere contenti, di vivere i giorni e di farne tesoro, di vivere da uomini e donne e imparare a essere figli di Dio.
Ma la gente del tempo di Gesù, forse come quella di tutti i tempi, avvertì la presenza di Gesù come un fastidio e una provocazione e lo accusarono di non rispettare il sabato, cioè di non lasciarsi dominare dal tempo, di non praticare la noia del ritmo che impone la ripetizione dei giorni. Gesù infatti era contento e faceva il bene il lunedì e anche il sabato. La gente del tempo di Gesù si arrabbiò a tal punto che decise di cacciar via Gesù, di eliminarlo. Lo crocifissero.
E Gesù, il figlio del falegname, vivo di una vita invincibile, lieto di una gioia incontenibile aprì nel tempo che scorre una porta per entrare nella festa di Dio. Gesù inventò l’ottavo giorno, la Pasqua, la festa che dà origine a tutte le feste. L’ottavo giorno più che un giorno è la luce che illumina tutti i giorni. Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona.
I discepoli di Gesù sono quelli dell’ottavo giorno, sono il popolo della Pasqua, il popolo dell’alleluia. Il popolo dell’ottavo giorno non vive il tempo come un ingranaggio che continua a girare sempre uguale, sempre uguale, un ingranaggio che imprigiona la libertà, ma vivono i giorni come occasione: ogni giorno è una occasione, irripetibile, occasione per decidere di fare il bene. Il popolo dell’ottavo giorno è il popolo della libertà.
Il popolo dell’ottavo giorno non aspetta il giorno di riposo per incontrare gli amici, ma vive ogni incontro come occasione per fare amicizia.
Il popolo dell’ottavo giorno non guarda ai giorni a venire come a un enigma pieno di domande inquietanti (troverò lavoro? troverò l’amore? mi ammalerò?), ma è certo che in ogni giorno è accompagnato dalla presenza amica di Gesù, che illumina ogni passo e salva ogni situazione. Non si sente mai solo e perciò non si lascia mai prendere dalla disperazione. È il popolo dell’ottavo giorno, il popolo dell’”Alleluia!”.