II Domenica dopo l’Epifania - Visita pastorale (Barona- Giambellino). Comunità pastorale “San Giovanni XXIII”, Ss. Nazaro e Celso alla Barona – S. Bernadetta – S. Giovanni Bono, Milano -15 gennaio 2023

  1. La visita pastorale

La visita pastorale è l’occasione per il vescovo per incontrare ogni comunità e dire: “voi mi state a cuore, io sento responsabilità per voi”. Ma ora si compie nella semplicità di un incontro fraterno: voi mi siete cari. Normalmente la sollecitudine per le diverse comunità è espressa attraverso i preti, i diaconi, gli operatori che ricevono dal vescovo il mandato. Ma oggi sono venuto di persona per dirvi: voi mi state a cuore!

La visita pastorale è anche il momento per dire a ogni comunità parrocchiale e locale: “voi fate parte della Diocesi. La Chiesa non è realizzata nella singola parrocchia, ma nella comunità diocesana, nella sua articolazione decanale. Ogni parrocchia trae vantaggio dalla pastorale di insieme a livello decanale, in questo decanato che si è evoluto, che si è ampliato e che si dovrà articolare, che accoglie cristiani provenienti da altre parti del mondo e li sente fratelli e sorelle. Ogni parrocchia e decanato traggono vantaggio dal riferimento alla Diocesi, alle proposte, agli eventi, ai calendari diocesani per condividere lo slancio missionario, le priorità pastorali, la sollecitudine per tutte le Chiese. E la Diocesi ha bisogno di ogni parrocchia, si arricchisce di ogni esperienza e competenza locali. La presenza di istituti di vita consacrata nel decanato come affidatari di parrocchia e insieme come operatori di particolari ambiti di vita secondo il loro carisma è una ricchezza straordinaria, se i doni sono condivisi, se la conoscenza reciproca è caratterizzata dalla stima, dal confronto, dalla collaborazione fraterna

La visita pastorale è l’occasione per ascoltare la Parola di Dio e interpretarla come messaggio per noi, oggi.

 

  1. credettero in lui”

Sperimentiamo l’impotenza, l’inadeguatezza: il desiderio di vivere contenti, di fare contenti coloro che amiamo conosce la frustrazione dell’impotenza. Il vino che prepariamo non basta per la festa che vorremmo celebrare.
Nella vita personale spesso siamo condotti a riconoscere che il desiderio di amare e di essere amati, il desiderio di vivere e di dare vita, il desiderio di essere riconosciuti, stimati, compresi non si realizza. Strade che si interrompono per gli eventi dolorosi della vita, promesse che sono deluse da persone e situazioni che si rivelano deludenti, buone intenzioni che si rivelano impraticabili.
Nella vita delle comunità è consueto l’elenco delle problematiche e dei bisogni l’elenco dei “si dovrebbe”: si dovrebbe curare meglio il rapporto con l’associazionismo laico per un confronto sulle tematiche della vita alla luce del Vangelo; si dovrebbe curare meglio il rapporto tra gli operatori della carità e l’intera comunità; si dovrebbe sviluppare la sensibilità sociale e politica dei giovani; si dovrebbe approfondire il rapporto tra volontariato e ministerialità… L’elenco  diventa un peso mortificante di fronte al ridursi dei numeri, allo sfinimento della frenesia, alla nostalgia di tempi migliori.

Che faremo? Alcuni consigliano di rinunciare alla festa, alcuni propongono come forma di saggezza la rassegnazione. Maria, la Madre di Gesù, si rivolge a Gesù e invita a rivolgersi a lui.

La via promettente è l’ascolto disponibile a compiere quello che Gesù dice.
La comunità cristiana si mette in atteggiamento di ascolto, di preghiere, di docilità. La perseveranza nell’impegno e l’intelligenza della situazione sono frutto della grazia della presenza di Gesù. Non bastano sforzi, strategie, impegni di riorganizzazione. Qualsiasi cosa vi dica Gesù, fatela! Che cosa dice Gesù? È necessario ascoltare, pregare, adorare, celebrare.

Nella docilità al Signore, i discepoli sperimentano la sovrabbondanza della gioia, della festa: il vino migliore. Il segno della presenza di Gesù è la festa, la gioia. I discepoli che seguono Gesù sono coinvolti nella festa più bella. La tristezza e la rassegnazione dei cristiani è forse il segno più preoccupante della crisi di fede, della fragilità del rapporto con Gesù.

La logica del segno. L’opera di Dio che Gesù compie fino alla fine non è la soluzione di tutti i problemi, non è la conversione definitiva di tutti, neppure di tutti i presenti alle nozze in Cana di Galilea. Gesù compie il segno che indica la presenza del Regno, indica la strada da percorrere, non è ancora la meta; rivela ciò che aiuta a credere, non ciò che impone l’adesione.
Il Regno di Dio continua nella logica del segno: i discepoli non pretendono di avere la soluzione per tutti i bisogni del mondo e di tutti i problemi della città. Sono chiamati a percorrere la via di Gesù, a offrire dei segni, a essere dei segni che indicano la via che merita di essere percorsa, la vita che merita di essere vissuta. Oggi, qui, possiamo credere in Gesù e compiere il gesto minimo che testimonia la fede e si prende cura della gioia degli altri. Il piccolo gesto possibile per dire la fede nella grande promessa.

La costatazione della nostra inadeguatezza, dell’essere un piccolo seme posto in questa terra della Barona non induce allo scoraggiamento e alla rassegnazione. Ascoltiamo l’indicazione di Maria, la Madre di Gesù.
Tre indicazioni possiamo raccogliere: l’ascolto docile di quello che Gesù dice, la gioia, lo stile del “segno”

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