III Domenica di Pasqua, Visita pastorale (Forlanini-Romana Vittoria). Milano, Parrocchia san Pio V - 23 aprile 2023

  1. La visita pastorale

 

La visita pastorale è l’occasione per il vescovo per dirvi: “Voi mi siete cari. Voi mi state a cuore. Io sento responsabilità per il vostro cammino di fede, per la vostra vita di comunità”.

Normalmente il vescovo esprime questo affetto e questa sollecitudine attraverso coloro ai quali dà il mandato di essere presenza costante in questa comunità. Ma la visita pastorale è l’occasione per dirlo di persona: “Voi mi siete cari!”.

La visita pastorale è l’occasione per richiamare l’appartenenza alla Chiesa diocesana e alla Chiesa Cattolica. Nessuna parrocchia vive per sé e basta a sé e può chiudersi in sé stessa. Il cammino verso la costituzione della Comunità pastorale con S. Eugenio è inserito nel cammino della Chiesa Diocesana che ha individuato nella comunità pastorale la forma istituita di pastorale di insieme più promettente. Il Direttorio di recente pubblicato ha recepito l’esperienza vissuta a partire dal 2006 e il frutto delle consultazioni diocesane. È utile confrontarsi con le esperienze e con le riflessioni condivise. Siamo l’unica Chiesa di Milano che ospita il mondo e si sente cattolica, in particolare nella sua composizione multiculturale e multietnica che caratterizza questo quartiere di Milano.

La visita pastorale è l’occasione per lasciarsi interrogare e illuminare dalla Parola di Dio proclamata in questa celebrazione. Quali indicazioni ci offre questa Parola per la vita della comunità cristiana presente in questa parrocchia, in questa Unità Pastorale, in questo quartiere?

 

  1. Ricevano l’eredità eterna che era stata loro promessa (Eb 9,15).

Siamo convocati per una promessa. La Chiesa non è il sopravvivere di una tradizione, la custodia di un patrimonio, la gestione di istituzioni e iniziative. La Chiesa è l’esultanza di un popolo che celebra la Pasqua, la nuova alleanza, il dono di una vita nuova, “riscatto delle trasgressioni commesse sotto la prima alleanza”.

Il salmo canta la gratitudine perché il suo amore è per sempre. La nostra speranza è fondata sulla promessa di Gesù che ci rende partecipi della vita di Dio.

La sensibilità contemporanea non sembra desiderare la speranza di partecipare alla vita di Dio: altre cose sembrano più desiderabili, più ragionevoli, più prevedibili. Viviamo in un tempo di speranza piccole o piuttosto di disperazione: la rassegnazione ad andare a finire nel nulla, nell’abisso insondabile della morte fa perdere valore a tutto, tutto è precario, anche la distinzione tra il bene e il male.

I discepoli di Gesù sono testimoni della promessa, sono il popolo della speranza, percorrono la terra per cantare la loro gratitudine. La liturgia pasquale, nei giorni di “Alleluia!”, dà voce alla gioia, alla lode, al cantico di esultanza. La liturgia plasma la nostra spiritualità, la voce che canta in chiesa l’esultanza non potrà prestarsi al lamento fuori di Chiesa. Dobbiamo chiederci se siamo pieni di riconoscenza per la promessa ricevuta per l’alleanza celebrata e se questa gioia prevale sul rammarico per ciò che non c’è più.

 

  1. Discese su di loro lo Spirito Santo e si misero a parlare in lingue e a profetare. Erano in tutto circa dodici uomini (At 19,7s).

 Il dono dello Spirito è sorprendente per i discepoli di Efeso che non hanno nemmeno sentire dire che esista uno Spirito Santo.

Lo Spirito Santo produce i suoi frutti nei battezzati di Efeso. Erano circa dodici. La Chiesa di oggi sembra qualche volta ossessionata dai numeri e dalle statistiche. Lo Spirito che abbiamo ricevuto nel Battesimo e nella Confermazione non sembra impressionato dal piccolo gruppo e offre i suoi doni così che i battezzati diventano profeti e missionari.

Lo Spirito Santo non si è stancato lungo i secoli, non è venuta meno la sua forza eppure talora sembra che la profezia e la missione si siano esaurite nelle nostre comunità.

Non siamo chiamati a uno sforzo volontaristico di salvare il salvabile, ma piuttosto a essere docili alla grazia di Dio, a ricevere il dono dello Spirito per essere il sale della terra, la luce del mondo.

I frutti dello Spirito nel testo che è stato proclamato indicano a quali doni siamo chiamati a predisporci.

Parlare in lingue: un dono di comunicazione che esce dalla cerchia consueta, che sa farsi capire e sa capire tutti, che si rivolge a tutti come a fratelli e sorelle chiamati a essere partecipi della stessa gioia, membri della stessa comunità. La missione continua e noi siamo missionari: percorriamo le vie della città, viviamo i momenti del quotidiano per essere un segno del Regno, per essere la parola che invita. Venite tutti a celebrare la nuova alleanza, ad alimentare la speranza accogliendo la promessa.

Profetare: una sapienza che illumina la vita, condivide lo sguardo di Dio sulla realtà, incoraggia, chiama a conversione, invita ad andare oltre. Abbiamo qualche cosa da dire sulla vita, sulla società, sul presente, sul futuro.

La missione continua e la comunità che si raduna è il primo segno e il convenire che può irradiare nel quartiere una voce di speranza. la Comunità Pastorale vive se è animata dallo Spirito.

 

In conclusione, in cammino verso la comunità pastorale, dentro il cammino della nostra chiesa, invochiamo lo Spirito che ci consenta di

  • Essere grati per il dono dello Spirito che infonde in noi la fede e la speranza suscitati dalla promessa di vita eterna
  • Essere missionari, per condividere con tutti la promessa della vita di Dio
  • Essere profeti, per interpretare il nostro tempo con una parola che venga da Dio.

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