Il “Dizionarietto di politica”, curato da Guido Formigoni e Luciano Caimi, arriva nel momento in cui le Camere chiudono i battenti. L’opera, in 48 lemmi, aiuta a ricentrare il valore della polis, affrontando le nuove sfide sociali, economiche, ambientali e comunicative in cui ci troviamo immersi
di Gianni
Borsa
Agensir
Senso della comunità, apertura al bene comune al di là degli interessi individuali o di parte, formazione e competenza, disponibilità al dialogo, visione progettuale, capacità comunicativa in grado di alimentare un’opinione pubblica consapevole e partecipe. Sono elementi cardine per una “buona politica” che emergono, pagina dopo pagina, dal volume Dizionarietto di politica. Le nuove parole (ed. Scholè/Morcelliana) a cura di Guido Formigoni e Luciano Caimi. Un’opera in 48 voci, scritte da alcuni tra i più autorevoli esperti nei rispettivi settori, che arriva nel momento – difficile – della crisi di governo di questi giorni legata al mancato appoggio di alcune forze politiche all’esecutivo guidato da Mario Draghi. Una cesura politica in questa fase delicatissima dello scenario nazionale e mondiale, che porterà il Paese a nuove elezioni, ponendo fine a una legislatura davvero singolare (si pensi ai tre “esperimenti” di governo che si sono susseguiti dal 2018 a oggi).
Parole vecchie e nuove
Ma perché un Dizionarietto? Ciò allude, secondo i curatori, «a un’opera programmaticamente contenuta quanto all’estensione quantitativa, senza nulla togliere al rigore argomentativo delle singole voci». Altro interrogativo sorge a proposito del sottotitolo: le nuove parole. «Come tutte le attività sociali, la stessa politica è soggetta a continui cambiamenti -affermano, presentando il libro, Caimi e Formigoni -. Negli ultimi decenni sono stati accelerati da una serie di fattori socio-culturali, economico-finanziari, tecnologici. Tra questi ultimi ha assunto ruolo preminente l’esplosione della comunicazione digitale e l’annesso fenomeno dei social media. L’attività politica ne risulta direttamente sollecitata. Da qui l’esigenza di “parole nuove” per narrarla e interpretarla; parole che, beninteso, vanno affiancate a quelle ‘classiche’, istitutive del discorso politologico, esse pure, però, bisognose di aggiornamento alla luce dei profondi mutamenti in atto».
Ecco dunque voci consolidate (costituzionalismo, democrazia, lavoro, partito, politica, sistemi elettorali, Stato…) accanto a “nuove” (ambiente, beni comuni, biopolitica, capitalismo digitale, genere, giustizia riparativa…), «per fornire al lettore chiavi interpretative di un fenomeno complesso e mutevole come quello politico odierno».
Si è poi ritenuto necessario «inserire alcune voci di carattere espressamente antropologico (per esempio donna, fraternità, libertà, passioni, persona, valore), perché riguardanti categorie costitutive della nostra visione politica di tipo personalistico comunitario e democratico».
Svilimento della politica
I due studiosi (cui si affiancano nomi noti dell’università e della scienza politica, fra cui Ambrosini, Antonetti, Balboni, Casalone, Corsini, Fumagalli, Monaco, Natoli, Nicoletti, Onida – il suo ultimo lavoro -, Pagnoncelli, Pizzolato, Santerini, Tognon, Vecchio) osservano: «Senza lasciarsi andare a rimpianti tanto nostalgici quanto mitizzati di epoche passate, lo svilimento odierno della politica, con specifico riguardo a quella di casa nostra, è sotto gli occhi di tutti. La si considera, giustamente, “in crisi”, cioè in una situazione perturbata e di difficoltà ormai perdurante». E la cronaca di queste ore lo conferma. Tanto che «secondo alcuni c’è stato un ridimensionamento permanente della sfera politica, secondo altri una ridislocazione in nuove dimensioni. Vi concorrono diverse cause a livello globale. Si pensi alle difficoltà delle democrazie, prese in mezzo tra una società sempre più individualistica e sfrangiata, da una parte, e, dall’altra, alle prese con la difficoltà di gestire problemi spesso di dimensioni e di origini incompatibili con quelle classiche degli Stati nazionali». Infatti «registriamo crescenti ondate di scivolamento autoritario: si è parlato anche in Europa di “democrazie illiberali”, mentre nel mondo prosperano esempi di sistemi rigidamente sorvegliati dall’alto, sebbene non formalmente dittatoriali».
Confronto e partecipazione
Se poi ci concentriamo sull’Italia, «non v’è dubbio che all’origine stia lo sfaldamento dei partiti tradizionali sui quali si è retta per circa mezzo secolo la Repubblica». In questo senso «non sorprende – affermano Formigoni e Caimi – il quadro sempre più frammentato e problematico della politica nazionale».
«Al persistere di spinte sovraniste, populiste ed euroscettiche si affianca una galoppante disaffezione partecipativa del corpo elettorale. Ovviamente, tale situazione non depone a favore della crescita di un sistema democratico compiuto. E si illude chi pensa di rimontare la china del disinteresse vagheggiando modelli di democrazia diretta, affidata al semplice click digitale. Politica è partecipazione attiva, confronto fra visioni diverse di società, discussione su problemi aperti, maturazione di scelte collettive intorno a temi di pubblica rilevanza, avendo a riferimento ideale il bene comune».
Talk show e social media
Ora, «in un tempo nel quale la comunicazione politica pubblica transita prevalentemente da talk show e social media, soggiacendo alle logiche intrinseche di questi format (“dittatura” dell’audience e “presentismo”, semplicismo e sensazionalismo), il rischio di banalizzare temi e problemi in genere molto intricati è sotto gli occhi di tutti». Da qui l’urgenza, per i due curatori, «di elevare il discorso politico nell’agorà civile a un livello di dignitosa compostezza e competenza».
«Talk show e social media (soprattutto i secondi) hanno ormai assunto preponderanza comunicativa tale per cui non basta “esorcizzarle”. Con essi bisogna sempre più fare i conti, considerando che un auspicabile e diffuso miglioramento di consapevolezza politica richiede appropriati interventi propositivi. Questione seria da inserirsi in una ponderata strategia culturale formativa di tipo politico».
Bonifica culturale
In conclusione, «sembra di poter dire che anche sul versante politico appaiono necessarie due operazioni congiunte di bonifica culturale e di alfabetizzazione. Quanto alla prima, si tratta di un lavoro delicato, da svolgersi in buona misura con gli stessi strumenti delle tecnologie digitali, su linguaggi e stili comunicativi dei social, frequentemente infestati da fake news, rigurgiti razzisti, antisemiti, nazifascisti; quanto alla seconda, occorre un’azione ampia e articolata per sensibilizzare all’abc di una politica democratica tesa al bene comune».