La Germania ricorre all’Aja, l’Italia stanzia fondi del Pnrr. «Una vicenda paradossale e una mancanza di giustizia», sottolinea il Centro di ricerca di Como che dal 2000 si batte su questo fronte
Attraverso un ricorso alla Corte di giustizia dell’Aja, la Repubblica Federale Tedesca si è opposta per la seconda volta alla richiesta di indennizzi per il lavoro forzato e schiavistico e per i crimini contro l’umanità perpetrati contro i cittadini italiani dall’8 settembre 1943 all’8 maggio 1945. Di contro, nel decreto legge n. 36 del 30 aprile scorso (che nel termine di sessanta giorni dovrà essere convertito dal Parlamento), il Governo italiano ha stanziato, con i fondi del Pnrr, 55 milioni da erogare in quattro anni a quanti hanno intrapreso la via legale e si sono visti riconoscere il diritto al risarcimento.
L’esecutività delle sentenze italiane
«Così si intende mettere una pietra tombale sul contenzioso con la Germania che si rifiuta di corrispondere i risarcimenti stabiliti da decine di sentenze dei tribunali italiani passate al vaglio della Corte Costituzionale», commenta senza mezzi termini in un comunicato il professor Valter Merazzi, del Centro di Ricerca Schiavi di Hitler di Como, che dal 2000 ha aperto la campagna nazionale per il risarcimento, in difesa della giustizia e della memoria.
L’oggetto del contendere è l’esecutività delle sentenze italiane, perché le clausole di salvaguardia prevedono pignoramenti di beni tedeschi in Italia (tra gli altri, il Goethe Institut, l’Istituto archeologico germanico di Roma e la Deutsche Bahn). «Si tratta dell’ennesima puntata di una vicenda che si trascina da quasi ottant’anni – spiega Merazzi -, che i Governi dei due Paesi non hanno mai voluto risolvere e riguarda quasi un milione di nostri concittadini, i soli esclusi come le vittime greche dai risarcimenti tedeschi». «È paradossale – aggiunge – che sia l’Italia, con denaro europeo, a risarcire vittime di crimini contro l’umanità perpetrate dalle forze d’occupazione tedesche».
Margini ristretti
C’è poi un problema pratico: il lasso di tempo per avviare la causa legale, trenta giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. «Oltre a essere di dubbia costituzionalità, non favorirà i ricorrenti – sottolinea il comunicato -. I reduci viventi sono ormai molto pochi e pertanto solo gli eredi potranno accedere a questo fondo in un contesto di carenti comunicazioni, tempi strettissimi, burocrazia e costi legali».
Anche se il termine per la consegna della notifica della domanda è il 31 maggio, secondo quanto appurato per via legale dal Centro di ricerca, il termine ultimo per compilare l’istanza è il 18 maggio. Il Centro si rivolge quindi a chi fosse interessato ad aprire una causa collettiva: per ricevere informazioni dettagliate sulla procedura si può scrivere a info@schiavidihitler.it, mentre per eventuali notizie e aggiornamenti si può consultare il sito www.schiavidihitler.org
«La mancanza di giustizia è un’offesa per la Memoria storica di questo Paese e per quella di un’Europa coesa e solidale», ribadisce Merazzi.