Uno dei massimi esperti italiani di geopolitica, direttore della Nato Defense College Foundation, fa il punto a venti giorni dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina

di Maria Elisabetta Gramolini
Agensir

Foto Sir
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A venti giorni dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina, i negoziati sembrano avviati anche se nel frattempo gli Stati Uniti portano a un miliardo di dollari gli aiuti militari e il presidente ucraino Zelensky rifiuta la condizione di neutralità così com’è in Svezia. A che punto è il conflitto lo spiega al Sir Alessandro Politi, uno dei massimi esperti italiani di geopolitica e direttore della Nato Defense College Foundation, un centro di affari strategici che punta a elevare il dibattito sui grandi temi politici internazionali in 70 Paesi alleati e partner. Secondo l’analista, è la Cina la vera potenza che non è interessata alla guerra e per un motivo semplice: «Turba gli affari».

Direttore, ormai è sicuro che non si tratta di una guerra lampo…
Non è la guerra che si immaginava. Gli stessi russi hanno sottovalutato gli ucraini e sopravvalutato se stessi: tuttavia, costringere un Paese ad accettare delle condizioni inique in venti giorni non è un fatto trascurabile. Per l’opinione pubblica non sarà né Hollywood, né la grande manovra corazzata israeliana o americana nell’operazione Desert Sabre del 1991, ma l’importante è il risultato.

Secondo lei in che fase sono i negoziati al momento?
I negoziati sono iniziati, come spesso capita, sotto i tiri d’artiglieria. Prima erano solo tecnici. Poi c’è stato un primo incontro politico fra i due ministri degli esteri, Lavrov e Kuleba, ad Antalya. Non era scontato. Adesso c’è una maggiore disponibilità forse da entrambe le parti a delle condizioni, almeno da quello che hanno annunciato i russi, molto dure. Le condizioni richieste prevedono: la neutralità inscritta nella Costituzione, la legalizzazione dell’annessione (chiaramente illegale) della Crimea, il riconoscimento di entità di fatto solo dalla Russia nel Donbass.

In questo scacchiere, qual è il ruolo dell’Unione europea e degli Stati Uniti?
Senza l’Unione, l’Ucraina sarebbe già collassata da tempo. È il tipico esempio in cui il soft power è decisivo. Gli americani erano disponibili a negoziare sulle misure di trasparenza, disarmo e fiducia ma non avevano nessuna volontà di toccare la condizione politica posta dai russi, ovvero una fascia di Paesi neutrali dalla Bielorussia alla Georgia. Putin perciò è arrivato alla conclusione di fare una guerra e strappare così le concessioni all’Ucraina. Il ruolo degli Stati Uniti è sempre oltre l’orizzonte ed è la principale potenza con la quale la Russia si misura.

Il rapporto della Russia con la Cina invece è di vera alleanza?
La Cina è un amico speciale della Russia, ma non è detto che il rapporto non abbia dei chiaroscuri. I cinesi capiscono bene le ragioni di questa guerra, ma non è nel loro interesse che continui. L’ordine internazionale così com’è oggi in cui gli Stati Uniti sono predominanti non sta loro bene. Vogliono riscrivere le regole a più mani. Tanto è vero che la Cina e la Russia, in occasione delle Olimpiadi, hanno pubblicato un documento su come vedono il mondo. I cinesi non hanno interesse in questa guerra perché turba gli affari, mentre i russi si indeboliscono e diventano sempre più satelliti della Cina. Di questo la Cina non avrebbe neanche bisogno perché fa di tutto per far sentire rispettato l’alleato russo.

Il presidente americano Joe Biden ha dichiarato: «Invieremo armi antiaeree di più lungo raggio all’Ucraina». Come va letto questo ulteriore passo?
Finora sono stati forniti missili spalleggiabili. Il passo successivo è rappresentato probabilmente dei sistemi russi S-300 in servizio presso alcuni alleati Nato: si tratta di missili difensivi potenti a lungo raggio. Sono dei missili più grossi. Non so quanto sarà facile trasportarli. In questa guerra, i Paesi della Nato sono neutrali, ma è una neutralità benevola nei confronti dell’Ucraina. Il rischio zero non esiste. I russi hanno già annunciato in modo chiaro che tireranno contro camion che sospettano trasportino armi e hanno già bombardato un centro di addestramento che probabilmente serviva ad addestrare soldati locali e volontari esteri.

Sempre ieri Biden ha aggiunto che stanzierà 800 milioni di dollari per gli aiuti militari all’Ucraina. Sommati a quelli precedentemente messi sul piatto, gli Stati Uniti giungono a un miliardo di dollari…
Bisogna vedere in che misura questi aiuti sono accettabili se il Paese si dichiara neutrale. I Paesi neutrali in genere o diversificano le forniture di armamenti o sono neutrali anche dal punto di vista degli approvvigionamenti. In genere, gli americani dai Paesi che ricevono il loro denaro si aspettano ovviamente che comprino le loro armi.

Zelensky dice che non vuole il modello di neutralità della Svezia: perché?
La parola modello serve a dare un’idea, ma non è una definizione precisa dal punto di vista accademico. Gli ucraini, sempre molto attenti al peso delle parole come chiunque negozi, hanno detto che hanno bisogno di garanzie. Gli ucraini hanno comprensibilmente insistito sulle garanzie visto che il protocollo di Budapest del 1994, che era stato firmato da russi, britannici e statunitensi, garantiva una serie di cose poi non garantite. È chiaro che gli ucraini non possono semplicemente dire: «Siamo neutrali». Gli svedesi, in particolare, sono neutrali, ma sono già partner della Nato come tutti gli altri Paesi dagli Urali fino alla Bielorussia. Anche la Russia è un partner privilegiato. Gli accordi di Pratica di Mare sono stati il coronamento di questa relazione che per molti anni è stata efficace. Lo dimostra il fatto che i russi siano stati inseriti fra i maggiori Paesi nella gestione della guerra del Kosovo.

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