Cento giovani delegati delle Conferenze episcopali di tutta l’Ue si sono dati appuntamento a giugno per una «Youth Convention on the Future of Europe». Il Report finale è stato consegnato alle istituzioni europee

di Maria Chiara BIAGIONI

foto Comece

Parola ai giovani. «Chiediamo ai leader europei di dare più voce ai giovani per costruire insieme il futuro dell’Unione europea. Un futuro che vogliamo più sostenibile, più equo, più solidale».

È Emilio Dogliani, italiano, 25 anni, responsabile per le politiche giovanili della Comece insieme a Alix de Wasseige, a sintetizzare al Sir il Report che 100 giovani, delegati delle Conferenze episcopali dell’Unione Europea, hanno redatto sulla Conferenza sul futuro dell’Europa. Il Report che è stato presentato giovedì 28 ottobre ai vescovi dell’Ue riuniti in plenaria a Bruxelles, è frutto di una «Youth Convention» che si è svolta a giugno con una serie di tre webinar su tre tematiche diverse: ripresa economica e sociale dell’Unione europea, transizione ecologica e digitale, democrazia e valori.

Ai lavori hanno partecipato anche 10 organizzazioni giovanili europee che fanno parte della Piattaforma giovani della Comece. Ogni tematica è stata prima presentata da esperti. Poi i giovani si sono confrontati sugli spunti emersi divisi in gruppo di lavoro.

«La presenza di delegati delle Conferenze episcopali di tutta l’Unione europea – racconta Dogliani – ha permesso che ci fossero punti di vista molto diversi tra loro. Diversi i contesti e le esperienze da cui i giovani arrivavano. Ma c’era un grande desiderio di incontro, confronto e proposta positiva. Alla fine della Convention molti hanno chiesto di rimanere in contatto».

Il Report è stato consegnato sulla piattaforma digitale che la Conferenza sul futuro dell’Europa mette a disposizione. «Nel dialogo con i vescovi – racconta Emilio – i tre giovani che hanno partecipato alla Convention hanno espresso la loro gratitudine per la possibilità di confronto che è stata data loro. I vescovi erano molto entusiasti di vedere l’impegno dei giovani e si sono messi in una posizione di ascolto per capire quali sono le nostre priorità».

Ma i giovani ci credono nell’Unione europea?
Sì, ma chiedono che la loro voce sia ascoltata di più di quanto non sia ascoltata adesso. Da una parte vedono che l’Unione europea può avere un impatto positivo sulla loro vita e sulla vita di tutti; dall’altra parte c’è la richiesta alle istituzioni europee di venire incontro ai giovani europei. «Ascoltateci e lavoriamo insieme» è un po’ il messaggio che è emerso da questa Convention.

Cosa non piace dell’Ue?
Molti hanno l’impressione che l’Unione europea non sia così visibile negli Stati membri. Lamentano che non ci sia abbastanza informazione rispetto a quello che l’Unione Europa fa e può fare e di conseguenza che non ci sia la possibilità per tutti – dato appunto che non c’è informazione – di portare il proprio contributo al progetto europeo. E questo vale purtroppo per le fasce più fragili e vulnerabili della popolazione giovanile in Ue.

Quale Europa chiedete?
C’è una richiesta molto forte da parte dei giovani di un’Unione Europea che promuova i valori di solidarietà, fratellanza, rispetto reciproco. Un’Unione europea che si impegna concretamente per la sostenibilità, che ha a cuore l’ambiente e soprattutto che non lasci indietro nessuno. I giovani chiedono che la solidarietà invocata sia realizzata concretamente soprattutto verso i più poveri, i fragili, i più deboli. Possiamo definirli valori cristiani. Li proponiamo come valori per un nuovo umanesimo in Europa.

Quindi quali sono i temi che stanno più a cuore dei ragazzi?
Sono molti ed è difficile sintetizzarli. Sicuramente, da parte dei giovani – dato che molti di loro sono studenti o giovani lavoratori – c’è la volontà di aumentare le opportunità di scambio, come per esempio attraverso l’Erasmus, aprendolo però anche a chi ha difficoltà economiche. I giovani propongono che ci sia più collaborazione tra le imprese e le istituzioni educative, così che l’entrata nel mercato del lavoro sia più agevolata. Chiedono poi più sostenibilità e la promozione di una ecologia integrale, puntando quindi ad azioni in grado di incidere sugli stili di vita e di consumo. Altro grande tema è stato quello della digitalizzazione. Si nota la volontà dei giovani di far sì che tutti abbiano accesso alle reti del web – la pandemia ha rivelato sacche di povertà anche digitale in molte famiglie – e assicurarsi che la transizione digitale non crei ulteriori diseguaglianze. Una parola chiave infine emersa dalla Convention è stata quella della solidarietà intergenerazionale.

Avete speranza che queste richieste arrivino nei bureaux europei?
Queste richieste sono state condensate in proposte tematiche che abbiamo raccolto in un Report finale, che è stato consegnato sulla piattaforma digitale che la Conferenza sul futuro dell’Europa mette a disposizione. Abbiamo la speranza che le istituzioni ci ascoltino e agiscano di conseguenza, soprattutto nel quadro della Conferenza sul futuro dell’Europa, che è già un passo avanti nell’ascolto dei giovani europei. Da vedersi come queste proposte saranno trasformate in realtà, ma il primo passo concreto di dialogo l’abbiamo fatto e siamo fiduciosi che, lavorando insieme, possiamo costruire un’Europa migliore – dunque abbiamo una speranza pragmatica per un cammino comune.

 

 

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