Messa in Duomo, presieduta dall’Arcivescovo, per la fine dell’anno scolastico. «Dobbiamo essere grati a quanti, nelle nostre scuole, hanno offerto questo invito a volare»
di Annamaria
Braccini
La scuola che è luogo privilegiato di crescita, da cui spiccare il volo; che è non solo un servizio o una struttura «che deve funzionare», ma molto di più. Così come tutti si sono resi conto in questo anno e mezzo difficilissimo, tra didattica a distanza, sospensioni, riavvi, ma anche attraverso il generoso impegno di chi all’insegnamento e al lavoro nelle realtà scolastiche dedica la propria vita. La Celebrazione eucaristica, presieduta in Duomo dall’Arcivescovo per la chiusura dell’anno, non poteva che colorarsi di un doveroso ringraziamento per ciò che è stato e di un convinto sostegno per quanto verrà.
«Tutti siamo arrivati alla fine di questo anno scolastico, forse, meno spaventati, sprovveduti, disorientati rispetto allo scorso giugno, ma ben più affaticati. La fatica non è soltanto connessa al lavoro, che pur è stato per tutti impegnativo, ma è legata al fatto che in molte situazioni abbiano dovuto affrontare i nostri compiti da soli. Mai ci è stato cosi tanto chiaro quanto sia importante condividere, incontrarsi e dialogare. Questo è importante per svolgere qualsiasi lavoro, ma è essenziale per educare, è la benedizione e il conforto senza il quale le cose perdono gusto e, alla lunga, sembrano solo estenuanti», dice, nel suo saluto di apertura, don Fabio Landi, responsabile del Servizio per la Pastorale Scolastica, accanto all’Arcivescovo con il vicario episcopale di Settore, il vescovo monsignor Paolo Marinelli, che concelebrano insieme al vicario episcopale per la Zona Pastorale I-Milano, al responsabile del Servizio dell’Irc, don Gian Battista Rota, e ad altri sacerdoti. Tra i fedeli, Laura Galimberti, assessore all’Educazione e Istruzione del Comune di Milano, docenti e personale della scuola, alunni, genitori accompagnati in qualche caso anche dalle loro famiglie.
Dal brano del Vangelo di Luca al capitolo V, con la guarigione del lebbroso, prende spunto l’omelia del vescovo Mario.
«I figli di Adamo si sono convinti che Dio è un enigma, che abbia un potere tremendo e arbitrario e che, in questo anno disgraziato, abbia guardato altrove e non abbia fatto niente per liberarci dalla pandemia che ha rovinato l’anno scolastico ed esasperato tutti. Si sono fatti queste idee e, piuttosto che rinunciare alle loro idee, hanno deciso di rinunciare a Dio».
Non così i discepoli che vedono la guarigione del lebbroso, simbolo di tanti mali dell’anima e del corpo che affliggono il nostro tempo, purtroppo soprattutto le giovani generazioni.
«Se tu sei trattato come un lebbroso, isolato ed evitato dagli altri, se in questi mesi ti sei ammalato di solitudine, Gesù dice: “lo voglio, guarisci”. Ti invito a rientrare nella vita della città, del paese, nelle amicizie. Se non ti piaci, se i tuoi difetti ti sembrano una condanna, i tuoi fallimenti una irrimediabile rovina; se i tuoi peccati ti sembrano macchie incancellabili, non stare a piangerti addosso, non restare vittima dei tuoi complessi, guardati come ti guardo io: io ti guardo come un amico da invitare, come un figlio di cui il Padre ha stima e molti, dalla tua guarigione e dalla tua gioia, riceveranno un messaggio di speranza. Se sei ammalato di indifferenza e di banalità, di odio virtuale e diffondi parole ostili e insulti volgari su ogni pagina che frequenti, Gesù dice “lo voglio, guarisci”».
Una guarigione che ha una fonte viva il Signore e, come indicazione chiara di cammino, un nuovo inserimento nella comunità perché «nessuno guarisce per conto suo e si salva perché si mette in salvo. Solo nella comunità è possibile che la guarigione non sia solo un sollievo, una cura palliativa, ma invece sia una vita nuova».
Evidente il riferimento alla scuola che può essere, a sua volta, «luogo di guarigione» se diventa una comunità e «non un servizio da utilizzare, non soltanto una struttura che deve funzionare. La scuola è, anzitutto, un contesto che deve propiziare la liberazione di quella libertà che è come chiusa bozzolo perché la farfalla possa volare».
Da qui il riconoscimento per chi ha saputo “tenere la posizione” nei mesi più complessi con la consapevolezza che “tocca a noi tutti insieme”. «Dobbiamo essere grati a quanti hanno offerto questo invito a volare nelle nostre scuole. Dirigenti, docenti, personale amministrativo e ausiliario hanno attraversato questi mesi, seguendo i ragazzi e dicendo loro “lo voglio, guarisci, mi sta a cuore che tu sia lieto, che tu impari a essere sapiente, saggio e che tu metta a frutto le tue qualità”».
«Talvolta, vi è stata la tentazione di essere tanto ossessionati dai protocolli da pensare alla scuola come un luogo per praticare delle cautele, invece la scuola deve aver a cuore la salute, ma non si fa scuola per vedere semplicemente se i protocolli funzionano, ma per far crescere».
E, a conclusione della Celebrazione, ancora un “grazie” e una raccomandazione ai presenti. «Vi incarico di portare la benedizione del Signore là dove operate, ai colleghi, agli studenti, alle loro famiglie. Non si tratta solo di un gesto di augurio, ma è la certezza di un’alleanza. Dio è alleato del suo popolo, perché cresca e sia felice e la benedizione è la conferma di questa volontà. Siate benedetti e, perciò, benedizione per chi vi incontra».