Don Fabio Landi, responsabile della Pastorale diocesana, sottolinea l'importanza di una consapevolezza acquisita durante un anno scolastico molto faticoso e complicato, al termine del quale l'Arcivescovo celebra la Messa in Duomo

di Stefania CECCHETTI

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Ritrovarsi dopo un anno difficile per pregare insieme, ascoltare la parola del Vescovo, riconoscere le fatiche trascorse, ma anche quanto di bene si è vissuto. Per don Fabio Landi, responsabile del Servizio per la pastorale scolastica della diocesi di Milano, è questo il senso della Messa per la fine dell’anno scolastico, che sarà celebrata martedì 8 giugno alle 17.30 in Duomo dall’Arcivescovo.

Quali sono state le difficoltà maggiori di questo anno scolastico?
È un finale d’anno particolarmente faticoso per tutti: studenti, famiglie e docenti. Rispetto alla fine dell’anno scorso, quando la fatica era dovuta soprattutto alla paura e all’incertezza legate al Covid, quest’anno mi sembra che pesi soprattutto l’isolamento che i ragazzi hanno patito durante i nove mesi di scuola. Guardiamola così, non tutto il male vien per nuocere: è emersa in modo inequivocabile l’importanza sociale della scuola come luogo di interazioni e non solo di trasmissione di nozioni. L’Arcivescovo aveva sottolineato questo aspetto già lo scorso febbraio, invitando la Diocesi a fare un momento di preghiera per gli adolescenti in difficoltà. Ma ora direi che tutti, a livello di società civile, ci siamo resi conto di quanto sia centrale questa dimensione. È importante custodire questa consapevolezza acquisita: la scuola è strategica per la crescita umana, perché lì i ragazzi plasmano la propria identità, nel confronto con gli altri. Da soli non si cresce.

Quali sono gli strascichi della pandemia negli studenti?
Credo che i ragazzi dovranno confrontarsi non tanto con le proprie carenze a livello di apprendimento, ma con mancati passaggi di crescita personale ed evolutivi. In alcuni casi, con veri e propri disagi psichici, che magari non sarà così facile riassorbire semplicemente ritornando alla socialità di prima. Non per tutti sarà un ritorno alla normalità con entusiasmo.

Come pastorale scolastica, come vi state muovendo per supportare i ragazzi?
Abbiamo cerato di lavorare ancora più strettamente con Fom e oratori per favorire al massimo la rete tra le varie istituzioni che hanno a che fare con i ragazzi, coinvolgendo anche Csi, Caritas e Consultori. Abbiamo già avuto una serie di riunioni per cercare di aggiornarci a vicenda. I Consultori ci raccontano di essere pieni di richieste di sostegno psicologico che non sono in grado di assorbire. Una delle risposte che abbiamo pensato è quella di incoraggiare oratori e parrocchie a favorire esperienze di volontariato, da proporre anche alle scuole del territorio. I ragazzi fanno fatica a uscire di casa, a credere di nuovo nel futuro e in loro stessi: il volontariato può aiutarli molto.

In vista del prossimo anno scolastico, avete in programma di valorizzare anche i doposcuola parrocchiali?
Sì, allargandoli anche alla fascia di età più colpita dalla pandemia, quella dei ragazzi delle superiori. Alcuni sacerdoti di Pastorale giovanile di Milano e di alcune località della diocesi hanno offerto spazi educativi per il pomeriggio di studio degli adolescenti, per progetti in cui i ragazzi più grandi possano aiutare i loro compagni più giovani. Non si tratta, però, solo di aiutare chi ha problemi nello studio, ma anche di offrire alternative concrete per il tempo pomeridiano dei ragazzi, che spesso scorre all’interno della propria camera, in compagnia dei videogiochi o al massimo di qualche amico collegato via Zoom. Su questo nuovo scenario, molto diverso da quello di qualche anno fa, bisogna lavorare per reindirizzare il lavoro della Pastorale giovanile.

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