Approvata la sperimentazione dell’uso della tecnologia in campo per un minimo di due anni. Una rivoluzione epocale, che chiude una polemica di quasi mezzo secolo

di Leo GABBI

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Era sempre stato un tabù, qualcosa su cui poter discutere al bar o davanti alla tv, ma improponibile per gli organi ufficiali che comandano il calcio. Invece adesso è bastato il cambio della guardia nelle alte sfere della Fifa, l’organizzazione mondiale del pallone (con Gianni Infantino che ha rilevato il giubilato e indagato Joseph Blatter alla presidenza), e il sogno di vedere la tecnologia in campo, come ormai accade in altri sport, dal rugby al tennis, dai motori allo sci, è diventato realtà.

Così l’International Board, il massimo organismo internazionale che ha il potere di modificare le regole del calcio, ha dato il via libera alla sperimentazione della moviola, approvando in una riunione a Cardiff la sperimentazione dell’uso della tecnologia in campo per un minimo di due anni. Si comincerà, al più tardi, nella stagione 2017/2018, con l’ambizione di potersi fare aiutare, da telecamere e altri mezzi tecnologici, non per tutti gli episodi, ma almeno per tre capisaldi: gol, assegnazione di un rigore, episodi da espulsione diretta e scambio di persona.

Una rivoluzione epocale, che chiude una polemica di quasi mezzo secolo iniziata con le prime moviole tv (Carlo Sassi ed Heron Vitaletti furono gli antesignani alla Domenica Sportiva della Rai) e poi con sempre più sofisticati macchinari od occhi elettronici che mettevano a nudo quanto domenicalmente avveniva sui campi di calcio (Maurizio Mosca e Aldo Biscardi sono stati gli antesignani, tra i giornalisti, di chi invocava la moviola in campo). Dal gol di Turone al rigore di Ronaldo, fino alla rete fantasma negata a Muntari, negli anni più recenti gli arbitri sono apparsi sempre più indifesi di fronte alla tecnologia schierata dalle varie emittenti ed esibita praticamente in tempo reale.

Autentici processi sono stati “istruiti” dai critici televisivi contro le giacchette nere, che finora non avevano neanche il diritto di poter spiegare, attraverso dichiarazioni, le loro scelte, motivandole o almeno cercando di giustificare l’errore. Recentemente, anche su questo fronte, il capo degli arbitri Marcello Nicchi ha fatto capire che presto gli arbitri potranno parlare, proprio mentre il Board ha ufficialmente deciso di avvalersi finalmente di questi strumenti, per eliminare (o almeno cercare di farlo) gli errori alla radice.

Tutto bene quindi? Forse meglio di prima, anche se con un’avvertenza: d’ora in poi prepariamoci a partite da 100-110 minuti perché, oltre al tempo che servirà alla terna arbitrale prima per consultarsi con i tecnici (che non sempre potranno decidere in maniera velocissima nei casi più controversi), si dovranno mettere in conto anche contestazioni e proteste assortite dei giocatori e allenatori in campo, che potrebbero vedersi capovolte decisioni prese in prima istanza dai giudici di gara.

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