Mitt Romney e Barack Obama: si accende sempre più la gara in vista delle elezioni del 6 novembre
di Damiano BELTRAMI
Corrispondente Sir
Per mesi il candidato repubblicano alle elezioni presidenziali americane, Mitt Romney, è stato visto come un politico senza carisma, difficilmente in grado di impensierire il presidente Barack Obama. Ora, però, all’indomani della convention del Grand Old Party a Tampa (Florida), e in corrispondenza di quella democratica a Charlotte (North Carolina), le sue probabilità di vincere le elezioni del 6 novembre sembrano piuttosto elevate.
Il messaggio economico
Alla convention Romney si è presentato all’America come un Mister Fix-it, un signor “Ci-penso-io”, in grado di far ripartire l’economia grazie alle sue credenziali di businessman: dalla gestione di Bain Capital, un fondo d’investimenti da lui avviato nel 1984 per aiutare aziende in difficoltà a rimettersi in sesto (non senza licenziamenti ingenti) fino al salvataggio economico delle Olimpiadi invernali del 2002 in Utah. «Mi ero augurato che il presidente avesse successo perché voglio che l’America abbia successo – ha detto Mitt Romney in un passaggio chiave del discorso con cui ha accettato la candidatura repubblicana -. Ma le sue promesse si sono risolte in disappunto e divisioni. Adesso è il momento in cui ci possiamo alzare in piedi e dire: “Sono un americano. Sono l’artefice del mio futuro. Mi merito di più! I miei figli meritano di più! La mia famiglia merita di più”».
In pratica il sessantacinquenne Romney dice agli americani: io non vi prometto un cambiamento indefinito e vaghe speranze come Obama, io applicherò le mie competenze di uomo d’affari al governo del Paese, e vi porterò un cambiamento concreto, misurabile perfino sui vostri conti bancari. Agli americani delusi e senza lavoro questo messaggio carico di ottimismo piace. E i sondaggi negli Stati fondamentali per la vittoria elettorale come Florida, Ohio, Wisconsin e Iowa segnalano ormai un sostanziale testa a testa tra Obama e Romney. Sul terreno economico il piano dello sfidante repubblicano si affida molto alle idee di colui che ha nominato come suo vice, il cattolico Paul Ryan, quarantaduenne liberista astro nascente del Partito, sponsorizzato anche dal Wall Street Journal.
Temi sociali
In campo sociale, Romney e soprattutto Ryan sono fortemente pro-life e a sostegno della famiglia tradizionale, in aperto contrasto all’endorsement del presidente Obama a favore dei matrimoni gay. Sia Romney sia Ryan hanno poi più volte ricordato che, se saranno eletti, una delle loro prime decisioni sarà eliminare la riforma sanitaria di Obama, perché ritenuta dannosa per le imprese ma anche controversa per i suoi risvolti etici. La legge prevede che i lavoratori dipendenti di qualsiasi ente abbiano un piano assicurativo che comprenda servizi tra cui il rimborso di contraccettivi, compresi quelli “di emergenza”, passibili di effetti abortivi. Il che pone in una situazione molto difficile scuole e ospedali cattolici. Significativa sotto questo profilo la presenza alla convention repubblicana del cardinale e arcivescovo Timothy Dolan, che secondo la stampa americana è in buoni rapporti con Ryan (Dolan però impartirà la benedizione finale anche alla convention democratica). In ogni caso, in questa tornata il Grand Old Party è determinato a raccogliere il voto cattolico.
Lifting mediatico
Tutto vero. Ma per Romney il cammino non è in discesa. Questa settimana a Charlotte si svolge la convention del Partito democratico e il presidente Obama avrà modo di replicare punto su punto alle sue proposte. E poi resta lo scoglio di sempre: la sua immagine pubblica di ricco senza contatto con la realtà della classe media. Alla domanda «chi è più in sintonia con la middle class?» tra Obama e Romney, in un recente sondaggio Cnn, il primo è dato al 53%, il secondo solo al 39%. E allora la missione di questa convention è stata reinventare a livello mediatico un Romney più empatico di quello dipinto dalla pubblicità elettorale del Partito democratico. Per avvicinare Obama soprattutto sul terreno dell’elettorato femminile, dove Romney è indietro di quasi 20 punti rispetto al presidente.
Fondamentale in questo senso è stato il discorso della moglie di Romney. Se a molti è noto come un privilegiato e antipatico figlio di un governatore del Michigan diventato ancor più ricco con la sua carriera di businessman, Ann Romney, sopravvissuta a un tumore al seno e malata di sclerosi multipla, lo ha dipinto come «un uomo dal successo guadagnato sul campo», grazie al suo spirito d’iniziativa, lavorando sodo, e non senza aver «attraversato momenti difficili». Come quando, ha detto Ann, appena sposati, avevano abitato per qualche tempo in un seminterrato e potevano concedersi «solo pasta e tonno». «È stata molto brava, ha raccontato il Mitt domestico ed è sembrata autentica – spiega Katherine Jellison, professoressa di Storia all’Università dell’Ohio, specializzata nel ruolo delle donne nella vita pubblica americana -. Tratteggiando un marito capace, generoso, premuroso con lei, con i 5 figli e i 18 nipoti, ha parlato direttamente alle donne, e credo ne abbia conquistate molte».