Il demografo Giancarlo Blangiardo commenta gli ultimi dati relativi alle separazioni e ai divorzi nel nostro Paese

Famiglia

Crescono separazioni e divorzi: 88.191 le prime nel 2010, 54.160 i secondi. Rispetto all’anno precedente vi è un incremento del 2,6% delle separazioni, mentre i divorzi registrano un decremento dello 0,5%. Ma se nel 1995 per mille matrimoni erano 158 le separazioni e 80 i divorzi, nel 2010 si arriva a 307 separazioni e 182 divorzi. I dati della rilevazione annuale sono stati diffusi ieri dall’Istat, che ha aggiunto come l’età media alla separazione sia di circa 45 anni per i mariti e 42 per le mogli. Nel 68,7% dei casi di separazione (58,5% per i divorzi) le coppie hanno figli nati durante il matrimonio.

Sulle tendenze in atto che confermano la crisi della famiglia, ecco l’analisi di Giancarlo Blangiardo, docente di demografia alla Facoltà di scienze statistiche dell’Università di Milano “Bicocca”.

Come giudica questi dati?
Non ci vedo nulla di sorprendente rispetto a una tendenza in atto che vede crescere le crisi di coppia, e conseguentemente le separazioni. Peraltro l’apparente decremento dei divorzi non è significativo. Insomma, si conferma la debolezza del rapporto di coppia e dell’istituzione familiare, oggi più che nel passato. I numeri sono consistenti, peraltro nel contesto normativo attuale, mentre si parla di modifiche legislative che li potrebbero decisamente alterare.

Perché questa crescente fragilità delle famiglie?
Rispetto al passato sono cambiati i ritmi di vita, le aspettative, si rincorrono modelli ideali che possono mettere a rischio il rapporto. Le nuove generazioni sono insofferenti alla parola “sacrificio”, faticano a sopportare situazioni che non siano quelle ottimali. Così, se qualcosa non va come si vorrebbe si rimette in discussione tutto, anche il legame coniugale. Questo è uno dei mali del nostro tempo: si è persa l’idea dell’unione di coppia come cammino che si percorre insieme, pur con le divergenze che inevitabilmente si presentano. In più, se prima per regole morali e religiose la famiglia non veniva messa in discussione, oggi non è più così.

L’età media delle separazioni è di 45 anni per i mariti, 42 per le mogli. Non proprio giovanissimi…
Sì, e per i matrimoni l’età media si aggira sui 30 anni per le donne, 33 per gli uomini. Non si può dunque parlare di ‘errore di gioventù’ come una volta, quando ci si sposava per uscire di casa o per paura – le donne – di rimanere “zitelle”. Alle nozze arrivano giovani maturi, per cui la scelta dovrebbe essere più responsabile e gli inconvenienti della vita di coppia tante volte già sperimentati nel corso delle frequenti convivenze prematrimoniali. Eppure non è così.

Sembra che ci sia uno spostamento in avanti di tutte le scelte importanti: il lavoro, il matrimonio, i figli…
Ognuno intraprende la sua strada più avanti nel tempo, con modi e tempi che magari non collimano con le aspettative del partner. Inoltre i figli una volta rappresentavano un collante: si stava insieme anche per loro. Ma se la scelta di mettere al mondo un figlio viene rinviata, allora ci si sente liberi d’intraprendere la propria strada, e magari pure di mettere in discussione il legame coniugale, considerato inoltre che non vi è più una “sanzione sociale” rispetto a separati e divorziati.

La difficile coniugazione dei tempi per la famiglia e per il lavoro contribuisce ad aggravare il quadro?
Indubbiamente. L’importanza del lavoro è decisamente cresciuta per le donne e spesso questo viene messo al primo posto nella scala dei valori e tra gli obiettivi per la propria realizzazione. Il lavoro da sempre è centrale nella vita della coppia perché dà il necessario per vivere, ma ora – posto al centro della vita di ciascuno dei coniugi – complica l’organizzazione familiare. Entrambi i coniugi hanno diritto a lavorare e fare carriera, ma c’è bisogno che siano disponibili a sacrificare qualcosa – anche in termini di carriera, appunto – all’organizzazione familiare, oppure uno dei due deve rinunciare a favore dell’altro. Se invece non si è disposti a fare rinunce, nasce una contrapposizione che può diventare insanabile.

All’inizio ha citato le possibili modifiche legislative all’istituto del divorzio. Ogni anno vi è uno scarto di circa 30 mila unità tra separazioni e divorzi. Perché? E cosa succederebbe se s’introducesse il “divorzio breve”?
Non tutte le separazioni finiscono con un divorzio per mille motivi. Anzi, questo generalmente viene chiesto solo se uno dei coniugi o entrambi vogliono risposarsi. Si può restare separati o anche tornare indietro, e anzi ciò accade più spesso di quanto si pensi. Tagliare i tempi per chiedere il divorzio non permette di sperimentare cosa significhi il passaggio dalla vita di coppia alla nuova vita da soli, riorganizzare la propria vita e magari ripensarci e tornare indietro, salvare – se è il caso – il rapporto di coppia e il matrimonio.

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