Ai turisti l'isola caraibica appare come un Paese di tensioni irrisolte, soffocate dall’orgoglio nazionale e destinate a esplodere da un momento all’altro in una sorta di contro-rivoluzione sociale che porti l’isola ad allinearsi alle politiche economiche occidentali. Ma dove la sensibilità religiosa è ancora forte tra la gente.

testo e foto di Ylenia SPINELLI

Cuba

Una vacanza a Cuba non è una vacanza come tante altre, perché l’isola non è tutta Rum, Mojito e Cuba libre da accompagnare ad un buon sigaro, magari prendendo il sole su una delle sue tante spiagge paradisiache. Una vacanza a Cuba è un viaggio a ritroso nel tempo.

Quando arrivi, infatti, sposti le lancette dell’orologio indietro di sei ore, ma in realtà dovresti spostare il calendario indietro di sessant’anni. Mi è successo quest’estate appena atterrata all’aeroporto di Holguin, nella parte più a est dell’isola, che è la più grande dei Caraibi. Da qui infatti è iniziato il mio viaggio a ritroso nel tempo: in sette giorni ho percorso in pullman quasi 1300 chilometri da sud-est a nord-ovest, da Holguin a L’Avana, attraversando sterminati campi coltivati di canna da zucchero, piantagioni di ananas, mango e papaia, alternati da palmeti di cocco e banane.

Tra campagna e riforme
La storia di Cuba, si sa, è legata oltre che a Cristoforo Colombo (che qui sbarcò il 28 ottobre 1492) e ai colonizzatori spagnoli, anche a Fidel Castro e al pesantissimo braccio di ferro con gli Stati Uniti. A Santiago de Cuba, infatti, ho visitato la Caserma Moncada, che il 26 luglio 1953 Castro e i suoi assaltarono nel tentativo di rovesciare la sanguinosa dittatura di Fulgencio Batista. L’attacco fallì, ma fu l’inizio della revolucion, della guerra contro gli Usa, che portò poi Castro al potere e all’avvicinamento all’Urss, con il conseguente embargo imposto dagli Stati Uniti. Il peso di quegli avvenimenti politici e le conseguenze del socialismo castrista a Cuba si fanno sentire ancora oggi.

Andando verso Camaguey l’immensa campagna è costellata da ranchos e mandrie di bovini che costituiscono il fulcro dell’economia locale.  L’ambiente è vagamente western, ma qui la terra, la fattoria, la stessa mucca sono di proprietà dello Stato e i bovini si possono uccidere e macellare solo dopo un’autorizzazione statale.

Molti campi al sud sono ancora coltivati con l’aratro trainato dai buoi, perché la moderna attrezzatura agricola ha un costo e non tutti se la possono permettere.

In questi ultimi mesi Raul Castro, fratello e successore di Fidel, sta continuando sulla timida strada delle riforme, autorizzando la compravendita di case e auto, infatti dal 1959 ad oggi la permuta e l’eredità erano le uniche possibilità per trasferire la proprietà di questi beni. «Il problema- ci hanno spiegato i cubani- è che la gente non ha i soldi per comprare case o auto». Anche acquistare un computer per molti è proibitivo e poi l’accesso a internet è limitato a poche pagine selezionate dal regime.

Per strada, persino sulle autostrade iniziate dai russi e mai terminate (niente luci, niente caselli, niente guard rail) è normale vedere biciclette e carrettini trainati da cavalli superati da vecchie automobili o camion che trasportano decine di persone ammassate come animali. Sì, perché a Cuba gli autobus statali sono pochi e non hanno orari precisi, quindi se vuoi arrivare con una certa urgenza in un posto, non resta che metterti ai cigli delle strade sventolando pesos per far capire che hai i soldi per pagare il passaggio.

Sempre ai cigli delle strade (e persino delle autostrade) si mettono anche i venditori di frutta e di formaggio, sperando che qualche turista si fermi e, oltre ai pesos convertibili (non i pesos cubanos con cui vengono pagati gli stipendi), lasci qualche euro o saponetta. Già, perché la saponetta è stata tolta dalla “libreta”, ovvero la tessera di razionamento alimentare che consente ai locali l’acquisto a prezzo “politico” di cibo e generi di prima necessità.

Gli stipendi a Cuba sono molto bassi: tra i meglio pagati ci sono i poliziotti, altri (per esempio i musicisti che appartengono a una ditta statale) riescono a permettersi qualcosa di più grazie alle mance dei turisti.

Sensibilità religiosa di un popolo
Se è consentito aderire ad un solo partito, quello Comunista, a Cuba ciascuno può professare la propria religione. La cattolica sembra essere in crescita, grazie anche alle relazioni più rilassate con il governo.  Fondamentale in questo è stata la storica visita di Giovanni Paolo II sull’isola, nel 1998, che ha ridato speranza ad una Chiesa perseguitata per più di trent’anni e ha contribuito a stringere relazioni tra la Santa Sede e l’Avana.

Uno dei principali centri di spiritualità si trova a pochi chilometri da Santiago, nella zona delle miniere di rame, dove sorge il Santuario della Virgen de la Caridad del Cobre, ovvero della Vergine della Carità del rame. Qui è venerata la statua della Madonna che nel 1612 apparve a tre giovani nella Baia di Nipe, portandoli in salvo da una tempesta in mezzo al mare. I cubani sono molto devoti alla Madonna del Cobre, patrona dell’isola, e in quasi tutte le chiese c’è una statua o un’immagine che la raffigura.

Il Santuario, poi, è meta di moltissimi pellegrinaggi. Entrando capita di ascoltare cori di giovani donne che intonano canti alla Madonna; inoltre, più che dall’odore delle candele, si rimane colpiti dal profumo dei fiori. È usanza infatti fermarsi in una delle numerose bancarelle poste sulla strada che conduce a El Cobre per comprare mazzi di rose o ghirlande di girasoli da donare alla Vergine.

In questi mesi una copia della statua della Madonna della Carità ha attraversato il Paese in un pellegrinaggio: una processione che fa parte dei festeggiamenti previsti per il 400° anniversario dell’apparizione, e che si sono conclusi proprio in questi giorni, in occasione della visita di papa Benedetto XVI.

Le tensioni irrisolte
In questo tour cubano la spiritualità, l’arte, la natura e la politica si sono intrecciate quasi quotidianamente. Trinidad, per esempio, è stata dichiarata dall’Unesco patrimonio dell’umanità per la particolare bellezza del centro storico dalle tipiche strade acciottolate e dagli edifici coloniali color  pastello.

A Santa Clara tappa obbligata è Piazza della Rivoluzione, dove si trova il mausoleo del comandante Che Guevara, medico argentino che, in nome della rivoluzione polare, combatté non solo a Cuba al fianco di Castro, ma anche in Congo e Bolivia, dove venne ucciso. Per i cubani è un eroe nazionale.

Anche nella capitale, L’Avana, i monumenti simbolo della rivoluzione, gli slogan (Patria o muerte, Hasta la victoria siempre) e i manifesti filocastristi sono numerosi.

Terra di rivoluzioni e contraddizioni, ai turisti Cuba appare come un Paese di tensioni irrisolte, soffocate dall’orgoglio nazionale e destinate a esplodere da un momento all’altro in una sorta di contro-rivoluzione sociale che porti l’isola ad allinearsi alle politiche economiche occidentali. Questa è la vera paura dei cubani oggi: che all’inevitabile caduta del regime segua l’evoluzione del socialismo castrista in un capitalismo sfrenato, sul modello della Russia post comunista, con conseguenze che tutti conosciamo.

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