Continua la strage: voci e testimonianze di pace dei cristiani
Proseguono senza sosta, in Siria, gli scontri tra l’esercito regolare, fedele al presidente Bashar al Assad e i ribelli. Gli ultimi giorni hanno visto, in particolare, un crescendo di violenza: stragi di civili, molte vittime sono donne e bambini, si sono consumate a Hula e Hama con un rimpallo di responsabilità tra le due parti.
Per il governo si tratta di attentati terroristici, per il Consiglio nazionale siriano (Cns), organismo che raggruppa buona parte dell’opposizione, le stragi sono state perpetrate dall’esercito. L’Onu ha condannato duramente il massacro di civili e l’utilizzo «di armi pesanti e carri armati da parte del governo siriano in una zona abitata» di Hula, sebbene il capo degli osservatori dell’Onu, il generale Robert Mood, ha detto che non è ancora chiaro cosa sia davvero successo nella città siriana. Una posizione ribadita anche dall’ambasciatore russo presso le Nazioni Unite, Igor Pankin. Il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon ha parlato di «gruppi terroristi ben radicati» che potrebbero essere all’origine degli attentati confermando di fatto che la situazione in Siria «resta estremamente grave».
Il piano di pace di Kofi Annan, l’inviato dell’Onu e della Lega Araba, già segretario generale delle Nazioni Unite, entrato in vigore il 12 aprile scorso, sembra non decollare. Per questo motivo Annan si è recato a Damasco nel tentativo di far rispettare gli impegni a regime e opposizione.
Appello al dialogo
Appelli alla ripresa del dialogo e a mettere fine ai massacri arrivano, e non solo da ora, dai vescovi siriani. «Fermare subito gli scontri e la violenza e dare pieno appoggio al piano di Kofi Annan»: dalla Germania, dove si trova in visita, a parlare è Gregorio III Laham, patriarca di Antiochia dei greco-melkiti. Il Patriarca, commentando le ultime stragi, torna a invocare «la fine delle violenze che stanno gettando il Paese nel baratro. Con l’aiuto dello Spirito Santo prego che tutte le parti coinvolte possano trovare vie di dialogo». Forte l’invito alla comunità internazionale, che senza perseguire interessi personali, «sappia sostenere la Siria affinché esca da questa grave situazione. Il mondo, con l’Europa in testa, aiuti tutti i siriani, Regime, militari, opposizione, donne e uomini a dialogare. Basta con le stragi, con la violenza – papa Benedetto XVI lo ricorda sempre – non si ottiene nulla. Come vescovi di Siria lo abbiamo detto più volte e oggi lo ribadisco, diamo pieno appoggio al piano di pace di Kofi Annan».
Le parole di Gregorio III seguono di poco quelle del nunzio apostolico in Siria, monsignor Mario Zenari: «Questo massacro non è l’unico, speriamo sia l’ultimo – ha affermato il nunzio riferendosi alla città di Hula -. Chiediamo la fine di tali atrocità. Tutti i credenti, cristiani e musulmani, oggi sono chiamati a riscoprire le armi della preghiera e del digiuno, per riaccendere la speranza di un futuro di pace in Siria».
Secondo quanto riporta l’agenzia Fides, anche bande armate fori controllo continuano a imperversare e colpire civili innocenti. Terroristi hanno fatto saltare in aria la casa di un alawita nel quartiere meridionale di Rableh, nei pressi di Qusayr, nell’area di Homs. Sempre a Homs la chiesa armena apostolica e la scuola annessa nel quartiere di Hamidia sono state sequestrate e occupate dall’esercito di liberazione siriano, che usano gli edifici come alloggi e ospedali.
Drammatica la testimonianza di padre Romualdo Fernandez, frate francescano del Santuario di Tabbaleh, dedicato a San Paolo, a Damasco: «La gente è confusa e disorientata. Notizie di massacri si susseguono, ma i responsabili non sono certi. C’è pessimismo perché non si sa quale sarà il futuro. Vi sono critiche al regime ma anche ai ribelli dell’opposizione. Come cristiani partecipiamo alle sofferenza del popolo, provato dal conflitto. Operiamo per la pace e la giustizia, senza aderire ad alcuna fazione politica».
Un sacerdote coraggioso
Una posizione testimoniata concretamente da un prete cattolico che ha deciso coraggiosamente di stabilirsi nella città di Qusayr (nei pressi di Homs), uno dei luoghi dove la guerra infuria più violentemente, per pregare e digiunare per il dialogo, la riconciliazione e la pace. Il sacerdote, che per ora conserva l’anonimato, riferisce Fides, intende essere, con la sua presenza, un «segno forte di non violenza, una testimonianza di fede e di amore per il popolo siriano». Il suo essere «segno di contraddizione» sarà un’esperienza che i fedeli di tutte le religioni potranno comprendere, in quanto «le armi della preghiera e del digiuno sono importanti nel cristianesimo e nell’islam». Vuole essere un modo, rimarca, «per ricordare a tutti gli uomini, a chi sta combattendo e uccidendo, che l’unica fonte di speranza è Dio: il Dio della vita, il Dio della pace, il Dio della riconciliazione, che ci rende fratelli e non nemici».