Al Festival Sabir che si è concluso ieri a Pozzallo in Sicilia, dove su 180 stranieri chiusi nel Centro ben 140 sono bambini, la Caritas italiana ha anche ribadito il suo “no” al sistema degli hotspot europei che non rispettano i diritti umanitari
di Patrizia CAIFFA
No alla «scelta scellerata» degli hotspot voluti dall’Europa: «Non rispettano i diritti dei migranti e le procedure» per la richiesta d’asilo o altre forme di protezione umanitaria. Questa è la posizione di Caritas italiana che ha partecipato, con i rappresentanti delle Caritas diocesane impegnate in tutta Italia nell’accoglienza, al Festival Sabir a Pozzallo (Ragusa), organizzato insieme ad Arci, Acli, Asgi e alle associazioni “Carta di Roma” e “A buon diritto”, che è culminato ieri mattina con una marcia “contro i muri” con migliaia di partecipanti.
Nelle stesse ore in cui in Sicilia e Calabria arrivavano circa mille migranti eritrei, egiziani e nigeriani provenienti dall’Egitto (a testimoniare forse la riapertura di una nuova rotta), venerdì sera i delegati di Caritas italiana sono entrati nel Centro chiuso di Pozzallo, uno dei cinque hotspot già attivi in Italia, insieme a quelli di Augusta, Taranto, Lampedusa e Porto Empedocle. Attualmente vi sono accolte 180 persone di cui ben 140 sono minori, «con un aumento del 170% rispetto allo scorso anno. Il problema grave – denuncia Oliviero Forti, responsabile dell’Ufficio immigrazione di Caritas italiana – è che questi minori, spesso non accompagnati, non si riescono a ricollocare. Non ci sono strutture in Italia che possono ospitarli, anche a causa della diminuzione dei fondi delle rette di accoglienza».
La società civile impegnata su questi temi ha unito le forze per ripartire da Pozzallo con un obiettivo comune: la tutela e la protezione delle persone che fuggono. «Noi critichiamo il sistema dell’hotspot così come lo ha immaginato l’Europa – afferma Forti -: in Italia o in Grecia, l’idea di creare una procedura accelerata che non rispetta i diritti dei migranti per individuare, al momento dello sbarco, chi ha diritto a rimanere e chi deve essere invece respinto, per noi è una compressione inaccettabile dei diritti. Chiediamo di ritornare completamente alla situazione prima degli hotspot: accelerare sì le pratiche, ma sempre nel rispetto dei diritti e delle procedure». La Caritas e le altre organizzazioni umanitarie hanno infatti riscontrato e denunciato rimpatri di migranti «senza che abbiano avuto prima le necessarie informazioni». «A Pozzallo questo avveniva fino a gennaio, oggi non succede più anche grazie alla nostra azione di pressione – precisa – ma in altri hotspot accade ancora. Abbiamo notizie di persone rimpatriate in Grecia senza nessun tipo di garanzia, senza informazioni su dove andavano, con il sequestro dei telefonini. Sono una serie di segnali che confermano la nostra preoccupazione». Nell’hotspot di Lampedusa, invece, «non ci sono questioni particolarmente drammatiche – informa Forti – se non la permanenza troppo prolungata di somali che rifiutano di farsi identificare. Non li trasferiscono sulla terraferma fino a che danno le impronte. Questo denota la debolezza del sistema».
Gli ultimi dati dell’agenzia Frontex sugli arrivi di migranti in Italia ad aprile (8.370) registrano oggi una nuova inversione di tendenza: dal giugno 2015 ad oggi gli arrivi in Italia sono stati superiori a quelli in Grecia (2.700, il 90% in meno), a causa dell’accordo Ue-Turchia, anche se a livello generale la cifra di aprile è del 13% in meno rispetto a marzo. Riguardo alla rotta del Mediterraneo centrale, secondo Forti, «siamo più o meno sui flussi dell’anno precedente, anche se ci prepariamo a un’estate calda. La forbice di arrivi probabilmente sarà da un minimo di 140-150.000 a un massimo di 200-230.000 arrivi».
L’Ufficio immigrazione di Caritas italiana ha incontrato a Pozzallo anche la presidente della Camera, Laura Boldrini, la quale ha ribadito, a proposito delle chiusure dell’Europa e della situazione del Brennero: «Il muro è il fallimento della politica, è un segno di debolezza. Testimonia l’incapacità politica di risolvere i problemi. È uno scandalo che un’Europa a 28 Stati, forte di 500 milioni di persone, si faccia mettere in ginocchio da un milione di profughi, lo 0,2% dell’intera popolazione europea».
La presenza a Pozzallo di molti rappresentanti delle istituzioni impegnati nell’accoglienza dimostra una collaborazione esistente tra i diversi soggetti sociali. «C’è una consapevolezza diffusa e condivisa che le cose non possono continuare così – aggiunge Forti -. Ci deve essere un cambio di marcia da parte della politica, che purtroppo ancora non vediamo, perché le scelte prese sono discutibili: l’accordo Ue-Turchia, la posizione ancora molto indefinita dell’Egitto. L’Europa deve ritrovare se stessa. Abbiamo perso la nostra umanità, e questo ce l’hanno fatto capire i profughi».
Ieri pomeriggio Caritas ha presentato la versione italiana del report di Caritas Europa, “Migranti e rifugiati hanno diritti”, presentato a marzo scorso al Parlamento europeo, 60 pagine di raccomandazioni e richieste alle istituzioni europee per garantire l’accesso alla protezione umanitaria.